di Nicola Boidi 13 agosto 2015
Le Undici Tesi su Feuerbach di Marx , secondo Ernst Bloch.
Parte prima: le premesse generali.
«Per la prima volta lo spirito è diventato tanto potente, finalmente capisce quello che è diventato; proprio perché si è spogliato della sua natura precedente, spesso falsamente sublime. Perché lo spirito è diventato un canto veramente politico, e finalmente è uscito dal passato e dal contemplato per farsi al presente. Per di più al presente di quell’epoca che non ammetteva lo spirito come etere , ma che lo utilizzava come potere materiale».
E. Bloch, Il principio speranza.
Ernst Bloch, il fenomenologo delle passioni di attesa – tra cui emerge come la più potente di tutte la speranza– il filosofo dello spirito dell’utopia concreta, individua nell’opera del giovane Marx nel suo complesso, con incastonata al centro come sua gemma le Undici Tesi su Feuerbach, quella che egli definisce «una nuova differente pulsione di pensiero», «una nuova differente direzione per la filosofia» rispetto a tutta la tradizione precedente. In che cosa consiste questa nuova pulsione filosofica? In quella che Bloch «scolpisce» con le seguenti parole: «Per la prima volta lo spirito è diventato tanto potente, finalmente capisce quello che è diventato; proprio perché si è spogliato della sua natura precedente, spesso falsamente sublime. Perché lo spirito è diventato un canto veramente politico, e finalmente è uscito dal passato e dal contemplato per farsi al presente. Per di più al presente di quell’epoca che non ammetteva lo spirito come etere , ma che lo utilizzava come potere materiale».
Al di là tale formulazione poetica, ispirata, «medianica», il compito nuovo e inaudito che Bloch vede assegnare dal giovane Marx alla filosofia, la nuova natura di «canto finalmente politico» che la filosofia assume, è riassunta in modo paradigmatico dalla celebre Tesi 11 su Feuerbach :
« I filosofi hanno solo diversamente interpretato il mondo, ma si tratta di trasformarlo».
Tanto si è detto, scritto, interpretato e anche ingenuamente o intenzionalmente frainteso su questa celeberrima Tesi 11 e sulla distinzione e sulla precisa relazione da essa intesa tra il ruolo della teoria e quello della prassi. Essa è la parola d’ordine, il cardine su cui ruota l’intero complesso dottrinario sintetizzato dalle Tesi su Feuerbach. Ma perché si esca da qualsiasi genere di ambiguità, di fraintendimento o strumentalizzazione di quella tesi finale e riassuntiva, ed essa assuma tutto il suo valore di luminoso «punto archimedeo» dell’intera filosofia marxiana, è necessario arrivarvi per gradi, non saltando nessuno degli stadi intermedi dei temi filosofici centrali sviluppati dalle altre dieci tesi, tesi riassumibili e raggruppabili secondo quei nuclei tematici.
Innanzitutto il gruppo «gnoseologico» relativo a «intuizione e attività» (Tesi in sequenza 5, 1, 3); poi il gruppo «antropologico-storico» che riguarda «l’autoalienazione, la sua causa reale e il vero materialismo (storico-dialettico)» (Tesi 4,6,7,9,10); in terzo luogo il gruppo riassuntivo « teoria-prassi», che riguarda la «prova e la riprova» (Tesi 2,8) ; infine appunto la Tesi più importante, la parola d’ordine «per cui gli spiriti cessano di essere nient’altro che spiriti» (Tesi 11). Manifestamente Bloch non ritiene di dover seguire l’ordine meramente numerico delle tesi, ma di raggrupparle e metterle in sequenza logica secondo i nuclei tematici testé annunciati.
In ogni gruppo si parte dall’iniziale tesi feuerbachiana (la Tesi 5 del rifiuto del pensiero astratto «universalistico» in favore dell’intuizione sensibile «singolare», nel primo gruppo; la Tesi 4 sul rifiuto dell’autoalienazione umana nella religione in vista della sua «naturalità», nel secondo gruppo; la Tesi 2, sull’autosufficienza della prova o dimostrazione teorica, nel terzo gruppo) per poi superarla in direzione del materialismo storico e dialettico. Le tesi inaugurali dei rispettivi gruppi, le tesi propriamente feuerbachiane, sono dunque solo un preannuncio del primo elemento fondamentale della dialettica materialistica (a sua volta modellata sul principio di negazione determinata della dialettica hegeliana).
Perchè Marx incentra la sua riflessione sulla filosofia di Feuerbach? Perché, risponde Bloch, Marx riconosce che l’antropologia filosofica di Feuerbach costituisce la premessa necessaria per l’elaborazione materialistica dell’umano come radice di tutte le cose sociali. Il materialismo feuerbachiano dell’uomo come anche, allo stesso tempo, «oggetto sensibile», viene a costituire l’anello intermedio di congiunzione tra il materialismo meramente meccanico, scientifico e naturalistico, e il materialismo storico-dialettico, novella filosofia di Marx (senza di esso non sarebbe stato possibile quel passaggio).
Il materialismo antropologico di Feuerbach introduce al passaggio al materialismo storico ma non compie l’intero tragitto. Questo perché la concretizzazione dell’umano da parte di Feuerbach, il suo insistere sul rapporto sociale dell’uomo con l’uomo, sull’intersoggettività, quale principio fondamentale di qualsivoglia filosofia, non esita però negli uomini effettivamente esistenti, socialmente agenti, involti in rapporti effettivi tra di loro e con la natura (per quanto mediata sia quest’ultima dal ricambio organico con il lavoro). Solo un tale esito eviterebbe che l’antropologia filosofica creasse una permanente scissione tra materialismo e storia.
Solo se il ritorno dal «cielo» dello «Spirito assoluto» di Hegel al mondo dell’intuizione sensibile, postulata da Feuerbach, non poneva quest’ultima come un comportamento puramente ricettivo e passivo da parte del soggetto ma implicava la sua interazione, l’intervenire, già a livello di quell’atto di esperienza immediata, di un attività «elaboratrice» con tutto il suo portato di stratificazione sociale e storica da parte del soggetto stesso, allora quell’atto intuitivo poteva essere restituito alla sua verità.
Ugualmente solo se il superamento dell’ autoalienazione umana nella religione puntava alla reintegrazione di una «naturalità umana» che deve prima riconoscere e superare in sé altre autoalienazioni via via più fondamentali – l’alienazione nei rapporti sociali, e poi nel sistema statuale delle istituzioni politiche, per giungere infine al nucleo economico, la «roccia primigenia» del processo di alienazione – allora si riconoscerà la natura umana innanzitutto, storicamente, da rintracciare in un insieme mutevole di rapporti sociali e di classi tra di loro antagoniste.
Infine, solo se l’attività teorica di pensiero non viene unicamente, in modo nominalistico, screditata come astratta e «cattiva» produzione di universali che mistifica e nasconde l’autentico atto veritativo del singolare dell’ intuizione sensibile (inconsapevolmente astratta dallo stesso Feuerbach) ma viene invece resa consapevole di essere in mediazione dialettica (reciproca) tanto con l’atto ricettivo dell’esperienza sensibile (l’intuizione appunto) che con la sua necessaria messa alla prova nella prassi,nella dimostrazione di conseguenze pratiche, allora l’antropologia filosofica non sarà più astratta ma raggiungerà quella nuova, inaudita configurazione ricercata dal giovane Marx : il materialismo storico e dialettico.
La tesi 11 diventerà allora il coronamento supremo, lo svelamento della meta suprema ricercata dall’ intero ordito della riflessione e dell’analisi critica sviluppata da Marx non solo con le precedenti dieci tesi ma con l’intero complesso delle sue opere di quegli anni : La sacra Famiglia, La critica alla filosofia del diritto hegeliana, I Manoscritti filosofico-economici del 1844. Sullo sfondo di questa prima compiuta elaborazione della dottrina del materialismo storico e dialettico, di quella che può essere definita la filosofia dialettica soggetto-oggetto, teoria-prassi, non vi sono solo le opere giovanili di Marx, ma anche naturalmente gli elementi fondamentali della tradizione umanistica del XIX secolo, elementi di cui il pensiero marxiano aspirava ad essere sintesi suprema e elaborazione massima: l’idealismo tedesco, l’economia politica inglese e il socialismo utopistico francese .
In particolare l’idealismo critico e oggettivo di Hegel viene individuato da Marx come la filosofia in cui l’origine dello spirito o autocoscienza soggettiva (l’Io penso quale acme della ricerca speculativa di verità metafisica, l’essenza soggettiva, dell’intero idealismo così come già della precedente tradizione razionalistica) viene rivelata nel processo di lavoro dell’uomo, nel lavoro come autentica essenza dell’uomo.
Nella hegeliana Fenomenologia dello Spirito il desiderio soggettivo sovrano è costretto ad alienarsi nell’elaborazione dell’oggetto da esso concupito, a differire la sua pulsione dell’assimilazione dell’oggetto a sé o di sé all’oggetto (la fusione o l’annientamento del suo oggetto), per potere tramite questo differimento infine goderne. Questo processo assume storicamente (e socialmente) la figura dialettica del Signore e del Servo, al quale ultimo è demandata la lavorazione dell’oggetto per conto del Signore. In questo processo di alienazione/elaborazione si forma l’autocoscienza individuale e il desiderio trova la sua mediazione con il lavoro intellettuale o razionale. Questo perché lo spirito, nell’intenzione di Hegel, non rimanga meramente soggettivo e diventi anche oggettivo, ossia assoluto. Ma una volta avviato questo processo di estraniazione o alienazione nell’oggettività, esso non si lascia più ricondurre a una padronanza e sovranità assoluta della soggettività, e lo spirito diventato assoluto e oggettivo diventa critico di sé stesso, agente del non-spirito, «uno spirito altro», quello indagato da Marx e di cui fa ricognizione Bloch.
Il lavoro e il lavoratore appunto come leva e motore della Storia. A questo perenne processo di alienazione (o «uscita dal Sè » come lo chiama Hegel) e del suo superamento (o «ritorno a Sè») ormai solo parziale e transitorio, Hegel dà il nome di procedimento dialettico basato sul principio di negazione determinata o negazione dialettica, «la negazione della negazione»: a una immediata ricezione empirica dell’oggetto, la sua «posizione», solo apparentemente immediata e concreta, ma in realtà astratta, segue la sua riflessione o negazione astratta; ma questa prima negazione, nel suo carattere astratto, radicale ed «eccessivo», deve essere a sua volta negata per restituire giustizia all’oggetto originario dell’esperienza che viene salvato o recuperato sotto forma di rammemorazione dell’ iniziale atto esperienziale, ormai emendato del suo carattere eccessivo e astratto.
Questo movimento ternario è considerato da Hegel il processo necessario e inevitabile di formazione del pensiero, che si costituisce attraverso la progressiva liberazione da due allucinazioni dell’oggetto, e più specificatamente da un ‘allucinazione esperienziale e da una «contro-allucinazione» intellettuale, per giungere infine all’oggetto «concreto» (concretum, ossia «concresciuto» o«stratificato») della verità.
La legge che guida tale processo di pensiero è dunque quella della negatività. Se questo è il modello dell’essenza della coscienza coincidente con la sua processualità o perenne processo di formazione (l’autocoscienza o spirito è «coscienza al lavoro») Hegel però, pur esibendo un massimo grado di estraniazione speculativa nel suo procedimento di logica dialettica (paradigmatico in tal senso il secondo libro della Scienza della Logica, La Logica dell’Essenza) fa spesso solo mostra di alienarsi alla concretezza dell’oggetto, alla sua elaborazione, in cui l’attività umana rimane meramente spirituale o intellettuale. Manca qui la considerazione dell’attività lavorativa umana materiale, riconducibile ai concreti processi storici economici e sociali, a quel rapporto interclassista delle forme dei rapporti e mezzi di produzione.
Già nei Manoscritti economico -filosofici del 1844 e nella coeva Sacra Famiglia Marx riconosce invece due fondamentali evidenze: 1) che l’operaio stesso (oggi diremmo il lavoratore tanto dipendente che autonomo) è un capitale, una merce, ossia la negazione dell’universale natura umana alla Feuerbach; 2) che il capitalismo è la causa prima di questa alienazione suprema ed estrema.
Si tratta dunque di una «natura» umana storicamente basata su una società classista e sull’antagonismo di classe.
L’alienazione capitalistica è totalitaria, ma differentemente orientata e accolta: tra i proprietari dei mezzi di produzione e di conseguenza dei rapporti di lavoro (tanto i mezzi di lavoro materiali quanto gli attuali mezzi meramente simbolici quali i titoli finanziari speculativi, i «derivati strutturati»)– gli« sfruttatori» – l’autoalienazione è il suo potere, la sua condizione di agio e sicurezza, di autoconferma; tra i proletari, gli «sfruttati» (proprietari unicamente della propria forza lavoro, fisica o intellettuale, e non di mezzi materiali e/o , oggi, anche finanziari, o comunque in misura modesta) l’autoalienazione causa la loro manifesta disumanizzazione sia materiale che spirituale o morale, ed è percepita come tale, ed è quindi condizione di totale spossessamento.
La Sacra Famiglia, manifestando l’economia di mercato capitalistica quale causa di tale suprema forma di alienazione, ha fondato la concezione del materialismo storico e dialettico e il socialismo scientifico. Il punto di vista del proletariato ha modellato l’umanesimo di Marx, e il suo superamento di Feuerbach. L’idealismo dialettico di Hegel è servito a Marx proprio per recepire criticamente l’antropologia filosofica di Feuerbach.
L’economia politica inglese gli è invece servita per sviluppare criticamente le concezioni hegeliane di metodo dialettico, di alienazione e di formazione della coscienza soggettiva dal processo di lavoro, portandole da un piano puramente spirituale e intellettuale agli effettivi processi materiali economici e delle relazioni sociali tra gli individui. Infine il socialismo utopistico dei francesi Sant Simon, Fourier e Proudhon ha avuto la funzione in Marx di aprire una prospettiva alternativa tanto al fatalismo della concezione della Storia di Hegel che alla visione «armonicistica» dell’economia, della società e della Storia, degli economisti classici britannici.
Nella sua suprema sintesi Marx ha sostanzialmente «giocato» gli uni contro gli altri tutti e tre gli elementi fondamentali di tale eredità umanistica , recependoli tutti senza mai adottare la prospettiva di alcuno fino in fondo. L’antropologia filosofica di Feuerbach, da parte sua ha svolto il ruolo di relais, di connettore di tutte queste prospettive, a un tempo in posizione più avanzata rispetto ad esse, e lacunevole o difettosa nei loro confronti.
Feuerbach diventa così quel ponte necessario per approdare al materialismo storico e dialettico. Da qui Le Undici tesi su Feuerbach di Marx. E se la meta ultima doveva essere la Tesi 11, con la sua complessa e delicata nuova configurazione del rapporto tra teoria e prassi, solo passando attraverso una critica immanente dei temi filosofici generali di Feuerbach, temi affrontati in sequenza in quei raggruppamenti di tesi, quel traguardo e la sottesa fondazione del nuovo materialismo umanistico di Marx potevano profilarsi all’orizzonte. Il primo tema (e il suo relativo gruppo di tesi) che incontreremo la prossima volta sarà:«Intuizione e attività» (gruppo «gnoseologico» , Tesi 5, 1, 3).