LeU – Dopo il diluvio

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Domenico Tiziani

di Domenico Tiziani – 11 aprile 2018

UN PO’ DI ATTENZIONE
Pubblico,qui sotto,un documento scritto da me e da altri compagni e compagne di Viareggio, iscritti/e ai partiti che hanno dato vita a LeU e semplici elettori.
Sulla base di questo documento intendiamo convocare, a breve, una assemblea autogestita.
Vi chiedo, se siete d’accordo, di sottoscrivelo e, se lo ritenete opportuno, condividerlo.

DOPO IL DILUVIO

Siamo elettrici ed elettori di LeU,fra di noi ci sono iscritti alle forze politiche (Mdp, SI, Possibile) che hanno dato vita alla lista ma anche molte e molti che non militano in nessun partito ma che si collocano a sinistra.
Abbiamo seguito il percorso che ha portato alla nascita di LeU, preoccupati per i ritardi e le incertezze che lo hanno segnato, era da tempo che il problema di una aggregazione a sinistra si poneva come urgente, indilazionabile eppure i tatticismi, l’inseguimento a ipotesi chiaramente inutili (ricordiamo la vicenda Pisapia) anzi dannose, ci ha portato a ridosso delle elezioni con una scelta, obbligata ma segnata da una chiara caratterizzazione elettoralistica e come tale è apparsa a chi doveva votarci.
Quello che sarebbe stato necessario era ben altro,un’analisi attenta di ciò che è accaduto nella società italiana negli ultimi 15 anni, non limitandosi ad una denuncia, sia pure doverosa, degli anni del renzismo che, in tutta evidenza, sono l’inevitabile portato della crisi delle socialdemocrazie europee nel momento in cui hanno abbandonato la vocazione socialdemocratica per appiattirsi sulla narrazione neo-liberista passando da Olof Palme a Macron, cioè progetti politici e visioni della società distanti anni-luce l’uno dall’altro.
La conseguenza logica di questa lettura avrebbe dovuto essere la costruzione di una progettualità autonoma, un rilancio delle parole d’ordine del riformismo, coniugato con la necessaria radicalità perchè la crisi del sistema che ha come cifra fondamentale l’aumento esponenziale delle diseguaglianze, lo svilimento del lavoro, consegnato mani e piedi alle logiche del capitale finanziario, richiedono risposte, ricette radicali.
Questo è avvenuto solo in piccola parte e, anzi, c’è chi ha pensato che ritornare alla originaria vocazione ulivista fosse una proposta possibile e appetibile per l’elettorato.
Non si tratta qui di fare liste di proscrizione per chi, in questi anni, è stato protagonista di quella stagione, l’analisi critica e autocritica di quello che è avvenuto in passato spetta a tutti anche a chi, a sinistra, ha visto in tempo la deriva che si prefigurava ma non è riuscito a dare risposte che entrassero in sintonia con la rabbia crescente di strati sempre più ampi di società.
Non è in discussione il necessario pluralismo all’interno di una formazione di sinistra che si proponga non come una ridotta minoritaria ma come una proposta di governo del paese ma il pluralismo è un valore se si coniuga con una forte identità frutto di un’alta sintesi politica.
Ed è questa sintesi che è mancata,durante la campagna elettorale si è assistito a un coro di voci spesso dissonanti ma soprattutto concentrate intorno alla questione delle alleanze presenti e future, alla lontananza o vicinanza dal PD o da altre forze politiche, c’è, dobbiamo dircelo chi ha continuato a vagheggiare una rivincita, un proseguimento del congresso del PD con altri mezzi e in un altro contenitore.
Se si vuole ripartire occorre farlo con la necessaria generosità e disponibilità ad abbandonare i vecchi schemi, rileggere criticamente il passato, tutto il passato senza inutili nostalgie, concentrarsi sulla costruzione di una identità forte, riconoscibile e, soprattutto, collocarsi laddove la frattura del patto sociale ha portato ingiustizia, diseguaglianze e sofferenze tra gli stati più deboli.
Questo significa, anche,abbandonare una pratica politica fallimentare,giocata tutta o quasi sulla presenza mediatica,sia pure necessaria se fatta con efficacia, laddove altri hanno strumenti più efficaci,collocare, anche fisicamente, la nostra presenza nelle periferie, essere presenti anche e soprattutto quando non ci siano campagne elettorali in corso, sui temi che toccano direttamente la vita dei cittadini, dalla sanità, alla scuola, alle crisi aziendali, al disagio delle generazioni più giovani e più anziane, tagliate fuori dalla parte della società che vive ancora decentemente, fare una battaglia, che non può essere delegata al sindacato, sulle politiche del lavoro, dalla precarietà ai salari di fame.
Le alleanze, il problema del rapporto con il PD, allineato, non solo nella componente renziana, alle politiche della compatibilità neoliberiste, in questa fase non è all’ordine del giorno, sono avversari politici così come lo sono i 5Stelle e la destra.
C’è un problema che non può essere eluso, è difficile pensare che chi è stato protagonista di questa stagione, fallimentare,della sinistra italiana possa, nello stesso tempo,essere protagonista della sua rinascita, c’è quindi una questione che riguarda i gruppi dirigenti a tutti i livelli e che deve essere affrontato e risolto, rapidamente,costruendo un percorso ampio e condiviso, che coinvolga anche chi, e sono molti, era vicino a noi ma che per tutto ciò che abbiamo detto, si sono staccati, hanno non solo abbandonato la militanza, ma hanno anche disertato il voto rifugiandosi nell’astensione e anche nel voto ad altre forze politiche: in politica non esiste il vuoto e se la sinistra non c’è altri lo riempiono.
Chiediamo quindi che siano convocate assemblee aperte, inclusive, dove, lo sappiamo, dovremo scontare anche la rabbia e il risentimento di chi si è sentito escluso, abbandonato da una sinistra le cui identità è rimasta vaga, indefinita, inservibile per innescare battaglie in grado di rovesciare i rapporti di forza nella società.
Non è sparita né la necessità né la voglia di sinistra, sono sparite le forze che questa necessità e questa voglia dovevano interpretare, è sparita o comunque è stata largamente insufficiente la soggettività di cui avremmo avuto bisogno e questa dobbiamo ricostruire, forse non partendo da zero ma certamente dalla consapevolezza di un fallimento che è un dato oggettivo, non eludibile.

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