L’ideologia del successo…

per Davide Morelli
Autore originale del testo: Davide morelli

In questa epoca post-ideologica l’unica parvenza di ideologia nella nostra società occidentale che è rimasta è quella del successo. Bisogna porsi degli obbiettivi, far carriera, essere pratici, ambiziosi. In nome dell’efficienza, della performance e della produttività devono essere leader  resilienti, cinici, machiavellici, addirittura sadici. Oppure spesso per una questione di pura facciata i leader dimostrano un volto umano, si affidano alle arti del coaching e della motivazione. Gli imprenditori devono essere anche iperattivi, avere delle trovate ingegnose, saper semplificare e saper giocare d’azzardo.  Bisogna essere anche presentabili, cioè avere il look, a costo di ritocchi e lifting. È un mix di edonismo, calvinismo, post-yuppismo. È un autaut impietoso. Si è dentro oppure fuori. Si è in oppure out. Esiste anche una psicologia ad hoc per l’ideologia del successo, cioè quella della crescita personale, che fa leva sull’autostima e sul self-empowerment(ricca di slogan e di frasi motivazionali). È vietato parlare di sconfitta, di frustrazione. Il successo è possibile secondo psicologi arrivisti ed imprenditori: basta essere intraprendenti; nei loro corsi non fanno altro che elencare i casi degli outsider che ce l’hanno fatta. Non sarebbe più onesto consigliare a chi ha bisogno psicologico di accettarsi ed insegnare il classico amor fati? In fondo basterebbe accettare che la vita è aleatoria, che il lavoro spesso non autorealizza e che purtroppo non è un gioco. Le icone e i miti però sono comuni, a prescindere dalle tappe e dalle mete lavorative che sono state raggiunte. Ognuno è homo televisivus come intuì il politologo Sartori. Nelle nostre scatole craniche abbiamo gli stessi tormentoni: lo stesso trash, le stesse fiction, gli stessi reality, lo stesso gossip, lo stesso kitsch televisivo. Molti inseguono il fatidico quarto d’ora di celebrità. Tanti maschi italici vorrebbero degli yacht e delle berline di lusso su cui portare delle fotomodelle. Apparentemente la società è individualistica. In realtà siamo tutti manipolati. Tutti omologati e gregari. Come scriveva McLuhan il medium è il messaggio. La televisione nello specifico è un medium passivo, rassicurante, ipnotico con i suoi messaggi subliminali. È per questo che è quasi impossibile fare una rivoluzione. La televisione, i social, il porno sono armi di distrazioni di massa. Cosa resta alla fine di una settimana? Poco o niente. Come scriveva Lucio Dalla “con un’aria da commedia americana sta finendo anche questa settimana”. Forse resta solo un’aria da commedia. La biopolitica fa il resto. Il potere ci vuole sani e in buona salute per essere produttori e di conseguenza consumatori. I devianti sono granelli di sabbia che non devono far inceppare il meccanismo. I devianti sono scarti. Nessuno pensa alle attività di lobbying nella politica italica. Le mafie continuano ad arricchirsi indisturbate(forse però saranno inglobate anche esse dal liberismo selvaggio e dal turbocapitalismo). Pochi pensano alle sorti del pianeta o al fatto che il principio 80/20 non vale solo per il rapporto tra effetti e cause, ma anche per descrivere la distribuzione di ricchezze del pianeta. Un’altra cosa squallida è che lo show business, intriso come è di darwinismo sociale, narra i sacrifici di chi ce l’ha fatta, mentre non parla mai dei sacrifici e delle rinunce di chi non ha avuto successo. Anche questa è una mistificazione della realtà. Basti pensare che i mass media hanno dato molto spazio alla fine della principessa triste Diana Spencer e non danno invece alcun risalto ai bambini che muoiono di fame ogni giorno. Aveva ragione Montale quando nella poesia “Fine del’68” scriveva: “…Se uno muore/non importa a nessuno purché sia/sconosciuto e lontano”. Nessuna critica è destabilizzante. Qualsiasi critica al sistema viene neutralizzata, fagocitata, annullata. Anche questo fa parte della logica dei media e dell’ideologia del successo. Ma personalmente ritengo che  l’ideologia in questione cozzerà con questa realtà quotidiana in cui ci sono milioni di persone senza lavoro. Con queste righe non voglio assolutamente rivalutare la povertà. Assolutamente no. Dico solo che ci vorrebbe nel mondo dell’imprenditoria meno superonismo e più diligenza del buon padre di famiglia. Invece spesso molti imprenditori dimostrano di avere oltre ad una grande propensione al rischio una personalità di base, che può portare talvolta alla devianza sociale. Non bisogna inoltre essere ottimisti o pessimisti. Importante per tutti è fare un esame di realtà, mentre questi nuovi ideologi del successo dovrebbero farsi un esame di coscienza.

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