Linda Giuva: “La politica? Non mi illudo più, la delusione più grande è la fragilità dei rapporti umani”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Monica Setta
Url fonte: http://notizie.tiscali.it/politica/articoli/Lady-D-Alema-troppo-delusa-dalemiani-/

di Monica Setta – 6 febbraio 2017

Non c’era in via dei Frentani due settimane fa, quando il marito, Massimo D’Alema, ha lanciato il movimento politico ConSenso e la sua assenza – come in un classico del regista ex girotondino Nanni Moretti – ha fatto rumore più di qualsiasi, impalpabile presenza.

Linda Giuva, classe 1953, già archivista e docente di archivistica all’università di Siena, non c’era alla ‘festa’ dei compagni per la costruzione di quella che potremmo chiamare la nuova sinistra di base (dopo la schiacciante vittoria al referendum costituzionale del dicembre scorso che ha inferto il colpo mortale al fragile, residuale renzismo) perché di delusioni politiche ne ha avute troppe. Che significa? “Di questi anni direi ormai decenni, vissuti accanto a donne e uomini che fanno parte o hanno fatto parte del cosiddetto gruppi dirigente quello che mi ha deluso maggiormente provocando in me quel senso di ‘estraniamento’ è stata la volubilità dei rapporti umani, la difficoltà a trasformare i compagni di lotta in amici per sempre” dice Linda D’Alema. Lei parla e disegna cerchi ideali in ognuno dei quali s’incastra perfettamente un nome, un volto.

Quanti sono i dalemiani miracolati, appassionati, quasi ‘adepti’ del Lider Maximo che sono passati – armi, ipocrisie, opportunismi e bagagli – al Pd di Renzi che nasceva per rottamare tutto finendo per mandare in pensione solo lui, Massimo, il Migliore? Il riferimento a Palmiro Togliatti non è casuale, ma Linda non si lascia incantare dal sentimentalismo storico fosse pure agreste e ingenuo. Scusa, le dico, si vede che ci hai sofferto molto, non sarebbe meglio togliersi certi sassolini dal cuore stilando pedagogicamente una benedetta lista? No, spiega lei, i personalismi non funzionano mai.

“Vedi, io ho una visione dal basso della politica e per quel tipo di politica io conservo sempre una grande passione” annota Linda “una politica fatta di speranze, solidarietà e lotte per un mondo migliore. Per me che ho questa visione dal basso della politica, l’incapacità a trasformare i rapporti politici in amicizie profonde, durature, è doloroso”. Forse è stato sempre così, almeno se penso al mondo comunista di cui conosco meglio la storia” aggiunge “Ma una cosa è certa. Non mi piace, non mi piace più”. Lo posso scrivere senza “strilli” che trasformano le “virgolette” in ulteriori inutili presunti retroscena? Linda mi dice di sì, ma senza “virgolette” cioé senza strumentalizzazioni. Intanto, perché ad un certo punto – quando la lunga giovinezza finisce e si sceglie accuratamente il modo per non soffrire, ripercorrere la storia con i nomi e i cognomi non serve a nulla. I nomi li facciamo noi, così come ci vengono in mente, Nicola La Torre, Matteo Orfini, Claudio Velardi o Fabrizio Rondolino se vogliamo tornare ancora più indietro con la memoria, ma scivolano nel più tenero oblio. Sono fantasmi che non fanno più neanche male. Hanno perso il “carisma” dell’ossessione, sono croci e basta.

Ma alla politica ci credi ancora, bella Linda? Certo che ci crede anche se si tiene a “giusta distanza” per proteggersi dalla linfa fresca e dolorosa di altra delusione. Però negli occhi incandescenti di eterna ragazza del Sud (è pugliese di Foggia) si accende un fuoco quando le domando se è vero quanto dicono i vecchi compagni ossia che il Comandante D’Alema da quando è tornato in politica ha riacciuffato lo spirito di un giovanotto, entusiasmo costruttivo di chi pensa che sì forse il Sol dell’avvenire porterà davvero un mondo migliore…”Sì, Massimo è felice” sorride lei. E dietro il profilo perfetto, si nasconde il segreto di un amore immenso che attraversa ancora come un fiume in piena il lunghissimo matrimonio dei compagni D’Alema.

Insieme, nel 2008, Linda & Massimo, hanno acquistato un’azienda agricola in Umbria, tra Narni e Otricoli e quattro anni dopo hanno imbottigliato il loro primo rosso: Sfide. Un Cabernet Franc puro, realizzato con la regia dell’oscar dell’enologia Riccardo Cotarella. Altri vini sono venuti. In cantina ecco un rosso di taglio bordolese, il Narnot e il brut Nerosè, a base di Pinot Nero.

“Quando abbiamo comprato quelle terre non c’era nemmeno una vigna, era una tenuta di proprietà di alcuni bergamaschi, utilizzata un tempo per l’allevamento del bestiame”, racconta lei “C’erano solo dei capannoni per i bovini, quattro alberi, una casa che non si reggeva in piedi. Era davvero una sfida immaginare di far crescere lì vitigni francesi, non autoctoni. Abbiamo bonificato tutta la zona e abbiamo iniziato a lavorare”. Riccardo Cotarella e D’Alema hanno scelto le uve da piantare. Linda invece si è occupata della parte amministrativa, della comunicazione. “Io e Massimo abbiamo sempre amato il vino, da consumatori, ma non avrei mai pensato che un giorno avremmo cominciato a produrlo. Poi quel nome… è sembrato una specie di segno del destino”. Già, il nome: le Madeleine. L’azienda si chiamava così prima che i D’Alema la acquistassero e decidessero di non cambiarle nome, in omaggio alla Recherche di Proust, uno dei libri di cui discutevano i primi tempi del loro amore, entrambi militanti nel Pci.

Le leggende dicono che sia stata lei a voler investire nel vino. Linda smentisce, è a lui che piacciono le avventure, soprattutto quelle rischiose. “Io vengo sempre trascinata”, sospira. Tuttavia è stata Linda  la prima a pensare che entrambe le spese (la famosa barca Ikarus e la Madeleine) non potevamo sostenerle e che una delle due andava tagliata. Oltre le polemiche sulla barca dalemiana – diventata nell’immaginario collettivo come il cashmere di Fausto Bertinotti – restano sullo sfondo di certe estati fiammeggianti fra la Grecia ed il Salento, alcune foto “rubate” di uno strepitoso topless di Linda. Femminista, donna tosta ed autonoma, la Giuva spiega che “essere di sinistra in realtà è molto semplice”. Basta avere dei valori di riferimento non negoziabili. L’onestà, la generosità, la solidarietà, l’essere forti con i potenti e umili con i deboli. L’uguaglianza rispetto al censo, alla provenienza sociale. La tolleranza. L’idea, oggi poco frequentata, che chi ha di più è giusto che dia di più.

Il dibattito oggi non è nemmeno più se Renzi è effettivamente di sinistra o se la rottamazione ormai bruciata, resa nulla, fosse o meno enunciata in buona fede. Lo dice anche in base alla sua esperienza nell’università, Linda. La trasmissione del sapere avviene nel passaggio tra le generazioni. Rottamare su base meramente anagrafica non è funzionale. Rottamare era un tema importante che andava posto in altri termini e in maniera più ampia, dalla università alle imprese, alla burocrazia di Stato. Come per Michelle Obama anche per Linda D’Alema c’è chi sogna un epilogo politico. Ma il suo obiettivo è più pragmatico, vedere i figli Giulia e Francesco diventare adulti. Vedere crescere le vigne, maturare l’uva, in un rapporto intenso con la naturalità del tempo. Produrre il vino è un’arte che richiede dedizione, e capita sempre più spesso che svegliandosi fra il caffè e i biscotti, Linda si scopra a scrutare il cielo per prevedere se domani pioverà o ci sarà il sole (anche quello dell’Avvenire, si…).

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.