Di Alfredo Morganti – 26 giugno 2019
Immagino appena l’orrore di quel padre quando ha capito di essere perduto. Di sicuro non pensava a se stesso, non poteva pensare a se stesso. Di sicuro pensava a quella bambina così piccola stretta al suo corpo, avvolta nella maglietta nera, che forse piangeva e forse ingaggiava una silenziosa lotta contro l’annegamento. E pensava che il padre potesse comunque salvarla, perché i padri a questo servono, a salvare. Non so se lei avesse avuto consapevolezza del suo destino, se pensasse a un gioco o se provasse disperazione, quella che provano i bambini più piccoli, ma non perciò meno dura da sopportare. Non lo so, sappiamo poco di quel che passa nella mente dei disperati che vorrebbero vivere meglio, e vorrebbero immaginare il futuro con meno ipoteche, ma sono impegnati nella propria sopravvivenza. Oggi quel padre e quella figlioletta sono due corpi ammassati dal fiume Rio Grande nel fango della riva, sono nulla rispetto a quel che erano quando ancora li animava la speranza disperata dei fuggitivi.
Ho anche pensato che forse sono due persone in meno che vanno a rendere meno omogeneo il tessuto sociale americano, così che, come dicono anche taluni commentatori di sinistra o certi sovranisti pret a porter, sia possibile ricostruire un welfare più vantaggioso per i locali. Pare che solo ricacciando indietro i poveracci disgraziati che muoiono come mosche sia possibile fare una politica veramente di sinistra, coi servizi pubblici, la protezione sociale e tutto il resto. Pare che sia necessario chiudere i porti e alzare la barriera, e avere una posizione dura sull’immigrazione, per poter finalmente di nuovo ricreare il magico mondo del welfare. Come se ciò non fosse possibile a causa dei poveracci che si gettano a nuoto con le figliolette in collo. Come se la colpa fosse degli ultimi se gli ultimi non ricevono protezione. Che inganno! Che inganno sostenere che ci vuole meno umanità per potenziare la capacità di spesa del ceto medio! Che il tasso di neri ed emigrati deve essere più basso possibile, altrimenti non ce la facciamo a finanziare le pensioni e gli asili nido!
Come se l’economia sociale potesse reggersi sulla disumanità, sul rigetto, sulla purezza etnica, sui muri eretti anche dai presidenti democratici Usa, sugli insulti dei locali contro neri, rom, poveri, disgraziati, minoranze, ultimi, poveracci in genere. Ma sulla morte dei poveri, sul ‘dagli ai negri’, sulle ruspe, sulla biologia, sulle razze, sulle identità genetiche, sulla omogeneità sociale e sulle barriere non si costruisce niente! Si comincia coi rom e i neri e si finisce direttamente coi lavoratori. Altro che concorrenza degli immigrati verso gli occupati locali: le bastonate alle minoranze preannunciano le bastonate agli operai. L’altro, quindi, non è una minaccia, l’altro lo diventa se così viene rappresentato. L’altro è un’opportunità. L’immigrazione va governata, non demonizzata. Governare vuol dire impegnare risorse, accogliere i rifugiati, tendere una mano, offrire condizioni umanitarie e, certo, intervenire sui flussi, ma con umanità, con rispetto, senza abbandonare le persone al loro destino, senza dire che sulla Sea Watch ci resteranno ‘sino a Natale’! Sino a Natale? Ma detto da chi, poi, da quello stesso che impugna il Vangelo, il rosario e invoca pubblicamente quella povera donna emigrata che fu la madre di Cristo, morto sulla croce dopo indicibili sofferenze? A chi somigliano quel padre e quella bambina morti nel fango: a quello che morì in croce o a quello che giudica e non fa nulla per offrire un aiuto? La risposta è facile. La sappiamo tutti.