L’uomo che sussurrava alle pedine del subbuteo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 12 settembre 2016

Ormai gli interventi e i discorsi (ma anche le battute e le barzellette) di Renzi vanno letti alla luce dei consigli di Jim Messina. Difficile rinvenire tracce di cultura politica dietro certe affermazioni oppure effettivi ragguagli strategici. Qualunque cosa dica è misurata all’efficacia (o presunta efficacia) che avrà nella competizione politica. Non c’è un passaggio che presenti uno spessore, che necessiti di pensiero. Tutto è raffinato, sottile, leggibile alla luce della mera ricaduta in termini di consenso, nella fattispecie il referendum costituzionale. Non c’è autonomia di pensiero, non la si scorge. Non c’è nulla che sia detto o pronunciato per amore di ragionamento politico, tutto è finalizzato all’effetto che produrrà sull’elettorato o sugli avversari politici (sinistra PD compresa). Sembra un’enorme partita a poker, dove si fanno cose che magari non si vorrebbero fare, ma sono necessarie (dice Jim) a ottenere risultati, a ‘vincere’ la partita, a battere gli avversari compresi quelli interni, che diventano i più pericolosi. La cosa è talmente sofisticata che Renzi e ‘i suoi’ si ingegnano persino a scegliersi e costruirsi gli avversari, a giocare di sponda con essi, a mostrarli per quello che non sono pur di avere sparring partner di comodo. Una grande finzione a cui si sta dando il nome di politica, ma che è figlia del vecchio plot berlusconiano: la cartapesta di Pratica di Mara, i cactus, il cielo azzurro, la folla reclutata, le bandiere, i sorrisi, la felicità, gli osannanti proprio come a uno stadio, ma senza più passione politica e senza più un pensiero politico confacente. Solo ‘noi’ (anzi ‘io’) contro ‘loro’, solo agonismo sportivo, solo metafore calcistiche, solo ‘tifo’. L’elettorato già ‘mediatizzato’ dalla destra, si trova così ridotto a tifoseria da una inusitata ‘sinistra’ da bar dello sport.

L’attacco a D’Alema serve solo a creare il ‘mostro’ da dare in pasto all’elettorato. Come suggeriscono i giornali, Renzi lo ha eletto a testimonial del No. Ha deciso (anzi a dire il vero lo ha deciso Jim) che D’Alema debba essere l’orribile creatura, il ladro di futuro, l’orco da combattere. Il premier ormai fa e disfa sul piano della mera comunicazione-politica, mentre la ‘rissosa’ politica-politica è stata devitalizzata e purificata dalle passioni vere. A pensarci, la sta riducendo a Subbuteo, a gioco da tavolo, a finzione anch’essa. Magari fosse calcio vero, dove almeno c’è sofferenza, dramma, gioia, pianto, tragedia, vendetta, rivincita, morte e rinascita sportiva e personale. Macché. La sua è cartapesta comunicativa, finzione, metafora calcistica che produce al massimo le ‘schicchere’ che si danno ai calciatori del Subbuteo, appunto, per farli muovere. Non uomini, ma pedine. Non un campo ma un palcoscenico elettorale, dove il regista è Jim e lui, il premier, esegue, e dietro di lui, come soldati, ‘i suoi’ in fila per tre (come cantava Bennato). Mi chiedo come sia possibile che gli italiani, un popolo di calciofili, che nel calcio vive passioni profondissime, si siano potuti far fregare da un giocatore di subbuteo. È davvero una cosa inspiegabile. È come se un giorno vedessi Massimo Bottura seduto al McDonald, con tutto il rispetto per entrambi. Resterei almeno perplesso. Però così è andata. Oggi uno che prende a schicchere delle pedine facendole schizzare sul panno verde da tavolo, si permette di superare ogni limite di decenza e di trattare da fesso un gigante della politica vera, come D’Alema. Passi la polemica, passi lo scontro. Ma decidere che D’Alema sia un fesso che non scrive nemmeno i suoi libri da solo (ha parlato Ernest Hemingway) solo perché così ordina Jim e così si vince il referendum, è una cosa insopportabile. Così come è insopportabile che il calcio sia ridotto al subbuteo, e la politica a quattro battute studiate a tavolino davanti a un guru che dice ‘questo sì, questo no’.

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