di Antonio Gaeta, 9 maggio 2018
Tutto ciò che é oggetto della nostra esperienza sensoriale é realtà del nostro presente. Se un’ipotetica macchina del tempo, su imitazione degli esempi di Albert Einstein, ci consentisse di viaggiare nel passato e nel futuro, verosimilmente non troveremmo gli stessi conigli, ma forme di animali progenitori e successori assolutamnte distanti da quella del coniglio attuale, forse estinto.
In questo senso Platone aveva ragione nel dire che noi viviamo la realtà del presente come ombra di qualcosa che la travalica. Tuttavia, la realtà platonica é concepita come un insieme di forme immutabili, stanziate (da chi ?) nell’Iperuranio.. La realtà darwiniana si può cogliere solo accettando la trasformazione e il cambiamento !
Proseguire in questo tipo di esposizione potrebbe risultare interessante, ma dubito che porti a conclusioni univoche. Ciò che di più interessante la mia mente ha scovato é che la concezione platonica della realtà si riflette interamente nella concezione estetica dell’antica Grecia: estetica che noi occidentali definiamo «classica». Ovvero quel classicismo artistico e architettonico, fatto proprio anche da Roma e dal suo impero, verso il quale ancora oggi nutriamo grande ammirazione e rispetto.
Questo periodo di cultura «classica», che ha condizionato tutta la Storia politico-cultuale e dell’arte occidentale, moderna (vedi «neoclassicismo») e contemporanea, costituisce particolare oggetto di mia osservazione, per il motivo di cui appresso.
Nei miei scritti amatoriali e nelle conferenze ho avuto modo di riportare i giudizi del grande critico d’arte André Breton circa il dualismo umano, riflesso anche in estetica, rappresentato in modo diverso dal dio Apollo e dal dio Dioniso.
Scrive Breton: “Non per caso il «sorriso eginetico», che si alterna a espressioni di collera immobile e per così dire creatrice, appare ancora su alcuni volti (scultorei) di Dioniso barbuto, della prima arte ateniese. Questo sorriso astuto e feroce esprime bene l’essenza di un culto, che viene descritto come espressione della dualità fondamentale dell’essere, rivelata dalla visione magica e dall’estasi tragica. Ma la dissociazione tra l’elemento dionisiaco o tellurico e l’elemento apollineo nell’arte – la cui scoperta rimane uno dei maggiori titoli di Nietzsche – introdusse il formalismo vuoto e soffocante dell’estetica greco-romana.
Dopo tanti anni di «classicismo» e di «miracolo greco» in salsa Renan (3) ormai forse non ci resta che rinunciare a immaginarci le statue greche, quali erano originariamente: policrome, incrostate di zaffiro e dipinte di rosso intorno agli occhi.. omissis. Pensiamo, poi, alle statue incatenate, velate, bagnate in segreto (perché la loro vista rendeva folli o ciechi gli imprudenti), e ammetteremo che le meno banali, tra quelle che ci sono rimaste, dimostrano non solo il soffocamento della magia da parte dell’accademismo, ma anche la nostra radicale incapacità di cogliere la magia sotto la laicizzazione dell’arte.
Dopo che Apollo ebbe trionfato, l’ossessione dell’immagine diventò sepolcrale, pur diffondendosi sempre più. La stravagante passione dei Romani per le statue (non un piccolo proprietario che non ne avesse una in giardino) attesta non solo un «lusso grossolano», quanto il riemergere dell’antico terrore del doppio.” (il dualismo antropologico) !
Per poter meglio comprendere queste considerazioni di Breton, ho interrogato il grande Friedrich Nietzshe, che “Nella nascita della tragedia” (Newton Compton) scrive: “Quella linea delicata, che l’immagine del sogno non può oltrepassare, per non agire patologicamente, non può mancare nella figura di Apollo: la limitazione piena di misura, la libertà dalle più selvagge emozioni, la quiete piena di saggezza del dio plastico. Il suo occhio deve essere «solare», conforme alla sua origine; anche quando si adira e guarda disgustato, splende in esso la sollennità della «bella parvenza».. omissis”
Anche in queste emblematiche righe traspare l’essenzialismo denunciato da Dawkins. Apollo in terra, rappresentato dalle proiezioni dei loro autori nelle plastiche, sebbene marmoree statue, sembra riprodurre fedelmente l’idea platonica di realtà: ovvero un insieme di forme immutabili, che dettano agli esseri umani le leggi, altrettanto immutabili, del modo di pensare e di esistere al mondo. Ciò che studiosi come Ernest Mayr constatano negli ambiti antievoluzionistici della biologia, André Breton constata nella diffusione del mito apollineo della «bella parvenza».
Tuttavia, Friedrich Nietzshe é stato ben consapevole del «dualismo» dell’essere umano, affermatosi con la nascita e crescita del «dominio», in contrapposizione con il presunto indefinibile e irrazionale comportamento dei «dominati».
“A tale scopo – prosegue Nietzshe – Schopenhauer ci ha descritto l’incontenibile orrore che afferra l’uomo razionale, quando improvvisamente perde la fiducia nelle forme di conoscenza dell’apparenza, poiché il principio della illuministica (4) ragione sembra patire un’eccezione in qualcuna delle sue configurazioni.. omissis
Allora gettiamo uno sguardo sull’«essenza del dionisiaco», resaci ancor più vicina dall’analogia con l’«ebrezza».”
NOTE:
(3) – Joseph Ernest Renan è stato un filosofo, filologo, storico delle religioni e scrittore francese. Famoso per la sua definizione di nazione data nel suo discorso Qu’est-ce qu’une nation?
(4) – Per una più approfondita critica dell’Illuminismo vedi “Dialettica dell’Illuminismo” di Horkheimer e Adorno (Einaudi)