L’utile idioma

per Fabio Belli
Autore originale del testo: Fabio Belli

Il titolo vuole essere clemente per il nostro (IN)utile Ministro degli Esteri, costretto come un soldatino-marionetta a recitare a Bruxelles l’ennesima retorica atlantista russofoba nel dichiarare che “in questo momento storico ci siano anche delle decisioni ferme da prendere, il caso Navalny in Russia è inaccettabile e ci auguriamo che venga scarcerato il prima possibile”.

Il solito linguaggio, idioma appunto, che eleva la vicenda del blogger Navalny, noto nazionalista xenofobo che ha paragonato gli islamici a scarafaggi, ad un caso di violazione di diritti umani.

Sono lontani i tempi in cui l’Italia, seppur sempre imbrigliata nelle pastoie della NATO, aveva una sua politica estera. Tocca ricordare con nostalgia fatti come quello di Sigonella del lontano 1985 e rivalutare personaggi controversi della nostra storia che pure seppero tenere testa alle logiche dei poteri mondiali o quantomeno dare una credibilità italica a livello internazionale.

Il nostro Ministro sarà sicuramente al corrente della parentesi di convalescenza di Navalny: quella successiva al presunto avvelenamento che vide l’attivista “segregato” nella Foresta Nera in Germania.

Chissà se il nostro esponente in carica della Farnesina conoscerà tutti i dettagli sulle attività di dicembre di Navalny, quando ebbe la “coincidenza” di girare un documentario prodotto dalla neonata e fortunata casa di produzione Black Forest Studios e commissionato da un ignoto finanziatore statunitense.

Il n0to filmato, ritraente Navalny esibire sullo sfondo un enorme palazzo sul Mar Nero che sosteneva appartenere a Putin, fu ripreso da tutti i principali canali di informazione. Gli stessi media non si affrettarono in seguito a rettificare che quel palazzo non solo non apparteneva a Putin, ma che nel luogo indicato da Navalny c’era solo un cantiere!

Basterebbe questo episodio per comprendere che i diritti umani sono solo l’appiglio su cui far leva per perseguire gli obiettivi dell’agenda geopolitica occidentale.

Aleksej Navalny, come Di Maio, è l’ennesimo burattino nelle mani dell’occidente ed è più popolare all’estero che in Russia, dove è pressoché sconosciuto e il suo partito ha un peso politico quasi nullo, molto inferiore anche a quello che in Italia vanta il movimento a cui appartiene il nostro Ministro.

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