Quelle motovedette non servono per i soccorsi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Carlo Lania
Fonte: Il Manifesto

intervista a Giorgia Linardi di Carlo Lania – 7 agosto 2018

“Si tratta di mezzi non adatti ad effettuare operazioni di soccorso in mare. Motovedette piccole e veloci, con tre persone di equipaggio e soprattutto buone per il pattugliamento. E proprio queste caratteristiche tradiscono il motivo di questo nuova fornitura di mezzi dell’Italia alla Libia, che di sicuro non intende potenziare le capacità di ricerca e soccorso dei migranti”. Giorgia Linardi, portavoce in Italia della ong tedesca Sea Watc, definisce «pericolosissima» la decisione di fornire alla Libia altre motovedette. Da più di un mese Sea Watch ha una sua nave bloccata a Malta «senza alcuna motivazione legittima». «Non ci viene contestato nulla di concreto, ma messo in dubbio l’uso della nave per operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo», spiega Linardi.

La documentazione fornita dalle autorità olandesi, stato di bandiera della nave, dimostra però la regolarità della vostra posizione.
Esatto, la nave risulta registrata correttamente, quello che noi vediamo è un tentativo di fermare l’attività sulla base di pretesti tecnici di fatto indimostrabili. E questo fa capire come si tratti di una questione meramente politica.

Quindi non c’è niente che vi impedisca di svolgere attività di soccorso?
Qualsiasi nave quando viene chiamata a prestare soccorso, oppure avvista un natante in difficoltà è obbligata a intervenire. A prevederlo è l’articolo 98 della Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare che prevede l’obbligo di soccorso. Comunque sia noi, che da anni facciamo soccorsi nel Mediterraneo, non ci opponiamo di certo ai controlli, ma vorrei invitare a fare una riflessione: lo stesso tipo di zelo, anche se lo chiamerei accanimento, è rivolto anche alla Guardia costiera libica, al loro modus operandi? Guardiamo agli assetti che vengono dati ai libici.

Il parlamento ha votato il via libera alla fornitura per Tripoli di altre motovedette.
E’ una decisione pericolosissima, perché si tratta di mezzi non idonei al soccorso. Motovedette lunghe dieci metri, con un equipaggio di tre persone e nessuna capacità di carico, quindi non possono nemmeno trasportare i giubbotti di salvataggio per stabilizzare le persone che si trovano in acqua, prima cosa che si fa durante le operazioni di soccorso. Si tratta di mezzi che possono essere utilizzati al massimo per il pattugliamento e qui emerge chiaramente qual è lo scopo di questa fornitura. Che senso ha dare ai libici delle motovedette piuttosto veloci, perché raggiungono una velocità di 30 nodi, maneggevoli, ma assolutamente inadatte in condizioni di mare non ottimali e non adatte al soccorso. Quindi sicuramente la cessione di queste unità navali non è volta a potenziare le capacità di ricerca e soccorso di Tripoli. Chi sta in mare lo sa. Le dirò una cosa: ho chiesto a un ufficiale della Guardia costiera italiana se questi mezzi sono adatti al soccorso e sa cosa ha risposto? “Meglio un pedalò”.

Nel frattempo una delle poche ong che operano nel Mediterraneo viene tenuta ferma impedendo i soccorsi.
Di fatto questo è quello che sta succedendo. La nave è pronta per partire dalla sera del 2 luglio e oggi, trascorso più di un mese, ancora non abbiamo ricevuto nessun tipo di documentazione, atto ufficiale che imponga l’arresto della nave che quindi è ferma a Malta in via del tutto arbitraria.

Quando riprenderete il mare verrà chiesto anche a voi di coordinarvi con Tripoli ed eventualmente di portare i migranti in Libia. Cosa farete in quel caso?
La nostra posizione è molto chiara: per Sea Watch è impensabile riportare le persone in Libia perché si tratterebbe di un respingimento. E poi non possiamo trascurare il nostro mandato umanitario che non prevede certo di riportare le persone in un inferno come quello libico.

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