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Ventotene, 27 agosto 2016
Stralcio del saluto di Barbara Spinelli, europarlamentare del gruppo GUE-NGL
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Immagino che nel seminario dei prossimi giorni parlerete prevalentemente di Brexit, ma il Brexit è solo la conseguenza di un processo disgregativo cominciato da tempo. Se l’Europa è stata respinta da gran parte della Gran Bretagna, se in tanti paesi dell’Unione si rafforzano il disgusto, la delusione, la voglia di uscita, non è a causa di una particolare cattiveria nazionalista. L’Europa non cade dal cielo, diceva Altiero Spinelli, ma neppure il nazionalismo cade dal cielo. Sono i poteri costituiti dell’Unione ad aver voluto e a volere questo generale degrado: degrado e pervertimento autoritario delle democrazie costituzionali e delle sovranità popolari, umiliazione e impoverimento monumentale della Grecia con la pretesa di salvare l’euro, ineguaglianze sociali in crescita, inettitudine a fronteggiare un afflusso di rifugiati che pure rappresenta solo lo 0,2 per cento delle nostre popolazioni. E degrado in politica estera: è strano che per celebrare il Manifesto di Ventotene tre capi di Stato e di governo si siano riuniti, a largo di quest’isola, sulla nave ammiraglia dell’operazione Sophia, impegnata non nel salvataggio dei profughi minacciati da naufragio, com’era Mare Nostrum, ma nella lotta contro gli scafisti nel Mediterraneo: come se fossero gli scafisti ad aver cacciato i profughi dai propri paesi d’origine e non le guerre che noi stessi abbiamo scatenato o favorito.
I poteri costituiti nazionali ed europei sono responsabili di questo cumulo di disastri ma ritengo che anche per i federalisti sia giunta l’ora di un ripensamento. Molti anni sono passati dalla morte di Spinelli, e non sono stati anni minori: è crollata l’alternativa sovietica e con essa il mondo bipolare, sono entrati nell’Unione Stati che hanno conosciuto solo gli aspetti dispotici della cessione di sovranità, e insieme all’America l’Europa si è gettata da ben quindici anni in guerre continue e sistematicamente fallimentari contro il terrorismo. Un rapporto normale con la Russia post-sovietica non è stato ancora trovato, né con il Medio Oriente, con Israele, con il Nord Africa. Su ambedue i fronti, Est e Sud, siamo ancora a rimorchio di un alleato statunitense che non sa più proiettare verso l’esterno la propria potenza senza generare caos, violenze, fughe in massa di popoli.
A tutti questi disastri non si può continuare a rispondere con il solito slogan: cedere sovranità ad autorità superiori, federali. La sovranità può e deve essere ceduta solo se questa è la via per ottenere più efficacemente democrazia, giustizia, pace, come tra l’altro è scritto nell’articolo 11 della Costituzione italiana. Un ministero unico dell’Economia – o dell’Interno, o degli Esteri, o della Difesa – potrebbe essere proposto, solo se esistesse la volontà concreta e dichiarata di fare una politica diversa da quella adottata finora: in economia, nelle finanze, nella politica sociale, nel Medio Oriente, nei rapporti con la Russia. Non si delega sovranità se la politica è sempre quella: guerra fredda fuori casa, e in casa Fiscal Compact, austerità punitiva, impoverimento dei popoli. Il fine cui tendere deve essere un piano Roosevelt di rilancio delle economie, una solidarietà sociale e tra Stati, una Costituzione sottoscritta dai popoli. Il federalismo funziona se si mette al servizio di tutto questo. Se è una via, un mezzo. Se diventa fine in sé, a prescindere dalle politiche che si adottano, degenera nell’Unione oligarchica e anticostituzionale che già esiste, e cui Habermas ha dato il nome di “federalismo degli esecutivi”.
Questo vorrei dirvi, come augurio e speranza. Il Manifesto di Ventotene lo si rispetta se la rotta cambia radicalmente, se i cittadini avranno la certezza che vale la pena cedere sovranità, se si esce dalla dittatura del neoliberalismo e da una politica estera che ha fatto fallimento. Trasformato in idolo, non è utilizzabile nessun libro e nessun Manifesto.
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L’intervento è stato pubblicato su «Il Fatto Quotidiano» del 1° settembre 2016 con il titolo “Contro il federalismo dei governi”