Microideologie e il mondo attuale

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti – 15 settembre 2014

Scalfari, su ‘Repubblica’ di domenica, ci spiega che un uomo politico privo di ideologia schiaccia tutta la sua esistenza sul presente, dimentico di passato e futuro. Ce l’aveva con Renzi, con il suo ‘Adesso!’ iniziale, e poi con il suo ‘passodopopasso’, che è ancora un procedere a tentoni, senza sfondo, senza prospettiva. Perché è questo il punto: l’ideologia è una prospettiva, un’idea di percorso, un tracciato, un progetto di valori. Chiamiamolo pure, per capire, una linea di ‘salvezza’, per quanto la politica non ‘salvi’, semmai risponda a domande molto più terrene, senza garantire irreversibilmente nulla a nessuno. Non solo una falsa coscienza, come diceva Marx, non solo una bugia, un furto di verità, non solo un modo per nascondere agli ultimi che sono ultimi: l’ideologia è anche un’ipotesi di lavoro, una meta, un obiettivo di media o lunga lena. Una meta che è ‘valore’, preannuncia un nuovo sistema di valori. Senza ‘questa’ ideologia (non stiamo parlando del comunismo o del fascismo novecenteschi) si è prigionieri e si vive di istanti successivi, tutti uguali, necessariamente tutti piatti, indifferenti l’un l’altro, senza più, come dice Scalfari, un salto, un ‘punto di vista’ a stabilire una nuova direzione di marcia, tracciare un percorso e indicare un nuovo sistema di valori da affermare.

Ma Renzi è davvero un leader post-ideologico? E il PD un partito altrettanto tale? Certo, l’ ‘Adesso!’ nasconde una mancanza di prospettiva (e anche un po’ di demagogia, diciamolo). E il passodopopasso è una risposta prospettica debole, affannosa, troppo impacciata.

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Renzi non dice a nessuno dove vuole andare a parare, perché forse non lo sa nemmeno lui: non indica lo stato finale del suo procedere, quale grande sistema di valori intenda proporre e attivare. In assenza di questo itinerario, tra il presente dell’Adesso! e un futuro astrattamente evocato (con tutto il lessico del cambioverso, del cambiamento e delle riforme) si distende una terra di nessuno, una vacuità che rischia di trasformarsi in una sorta di abisso. Per scavalcare il quale serve almeno un ponticello di corda, non per forza un golden gate novecentesco. Ma qui scatta la micro-ideologia renziana: lo storytelling. Una ricerca di prospettiva, seppur debole, minima, che surroghi lo ‘schiacciamento’ a zero del pensiero strategico, che limiti l’eccessivo e pericoloso trionfo della tattica mediatica.

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Storytelling è ‘narrare’ storie, mediante le quali trasmettere valori, emozioni, empatia, condivisione di obiettivi e scelte politiche altrimenti figlie di nessuno. Raccontare storie (che vuol dire anche raccontare bugie o qualcosa di simile) è un mini surrogato post-novecentesco delle grandi narrazioni del secolo scorso. Storie più piccole, meno ambiziose, altro che la grande epopea comunista! Microstorie, appunto, come quella dei ministri che tornano nelle loro scuole il primo giorno del nuovo anno scolastico: non è una bella fiaba questa? Non suscita emozione, curiosità, bei sentimenti? Certo, come no. Una bella botta di comunicazione. Dov’è l’ideologia? Nello spostare il ragionamento dalla scuola nella sua realtà alla scuola nella sua astrattezza fiabesca. Nel curvare la percezione dei cittadini. Nel fare lo ‘spin’, come avviene appunto nella comunicazione-politica. Nel far girare vorticosamente il fatti e presentarli in una veste e in forme diversi rispetto alla realtà reale. Un balletto, un giochino virtuosistico che professionisti specializzati in micro-ideologie (ma pagati macro-profumatamente) propongono ai loro clienti per cavarli dai guai.

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Ecco, di nuovo, l’ideologia. È tutta nel raccontar favole. Nel offrire micro-prospettive, fragili, deboli, poca roba insomma, al posto di vere prospettive, al posto dei grandi sistemi. Sarà pur vero, come ho letto, che “la dominante ideologica è un fenomeno complesso, investe l’intero corpo sociale e non microscopiche élite al tramonto”. Sarà pur vero che nessuno si inventa niente. Ma è pur vero che almeno qualche storiella (anche i ministri sono stati bambini, parafrasando Rodari), quella sì, esce e deve uscire costantemente fuori dal cilindro magico del premier. Sennò come ‘veli’ la realtà? Ma sono pillole ‘prospettiche’ che si afflosciano dopo cento metri di corsa, niente più. Prodotti mediatici, botte di comunicazione, storielle a uso del popolo, roba di plastica dal fiato cortissimo. Slides. Spostano un po’ ma debbono essere subito rimpiazzati. Il futuro evocato da questi sketch è un bozzetto a differenza del grande affresco novecentesco ormai andato. Non è ‘Via col vento’, ma sempre una buona serie tv. Più che leader post-ideologico, direi che Renzi è un portatore di micro-ideologie. Cosette, insomma, ma delle quali non può fare a meno nessuno. Lui per primo. Qui bastano anche le microscopiche élite di cui sopra, basta un gruppo di lavoro, una community, più una agguerrita agenzia, certo. Ma il difficile non è raccontar storie, piuttosto far quadrare i conti con la realtà. Ma quella è davvero un’altra ‘storia’, e forse non alla portata del premier. Già.

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1 commento

Araldo 15 Settembre 2014 - 17:57

Morganti come sempre dimostra capacità d’analisi, di sintetizzare e nello stesso tempo di atomizzare il discorso. L’unico neo, anche se Scalfari sembra ritornare quello che era, fare, seppur il collegamento si sia reso necessario, il riferimento a Scalfari. Una mente positiva come quella di Morganti oggi va ben oltre le ultime sbandate (mi si perdoni) di Scalfari.

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