Montanari: “Macerie salutari per la sinistra. Il Pd faccia nascere governo 5S”

per Gabriella
Autore originale del testo: Marco Palombi
Fonte: il fatto quotidiano

di Gian Franco Ferraris – 11 marzo 2018

Tomaso Montanari intellettuale “gauchiste e vanesio” dice tante cose vere, purtroppo però in conclusione non ha capito nulla ed è tanto preso da se stesso che non riesce di fare un’analisi critica del tentativo, tanto ammirevole quanto destinato inevitabilmente al fallimento, del Brancaccio perchè speculare a ben vedere all’esperienze fallimentari della sinistra in questi anni. Quando l’analisi è sbagliata (vale anche per LeU) il risultato è un disastro.

Poi commette lo stesso errore di Renzi, Salvini e dei 5 stelle: pensare che basti cambiare la classe politica (la rottamazione) per risolvere i problemi.

I gravi problemi dell’Italia sono strutturali e la classe politica è uno degli aspetti di questa crisi, uno dei frutti malati di questa società e pure i vincitori del 4 marzo sono destinati al fallimento – prima o poi.

Diciamo che Montanari è pronto a fare il ministro nel governo Di Maio e a tentare di soddisfare parte dei suoi bisogni. Tuttavia, la moltitudine di persone che la nostra società mette ai margini avrebbe l’urgenza di una classe politica ben più strutturata.
Ricordo che la Rivoluzione francese ha ghigliottinato la classe dirigente de “l’Ancien Régime” e i rivoluzionari furono a loro volta ghigliottinati, ma si trattava di mandare al macero il vecchio mondo feudale e di far sorgere il nuovo mondo, “il Capitalismo”, e di dare potere alla nuova classe, la borghesia.

Al contrario, l’Italia di oggi è in una lunghissima crisi, in una trappola senza via d’uscita almeno in questo momento. In fondo L’Italia è nata male fin dal Risorgimento, da una famiglia sciagurata, i Savoia, che ha rovinato il bambino/il Paese appena venuto al mondo; invecchiando poi i problemi si sono inevitabilmente incancreniti – Ahimè!

Poi Montanari è pure simpatico, ma Anna Falcone​ è una donna preziosa.

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intervista a Tomaso Montanari di Marco Palombi, 11 marzo 2018

Lo storico dell’arte plaude all’anno zero elettorale della gauche: “Quel che c’era non andava più bene”

Tomaso Montanari – storico dell’arte, intellettuale gauchiste e ogni tanto, per così dire, agitatore politico – non ha dubbi: “È andata bene”. Si riferisce ai risultati delle urne e, in particolare, alla batosta presa dalla parte politica a cui appartiene: “La sinistra che c’era in realtà non c’era: quella che non aveva più nulla di sinistra, cioè il Pd, ma anche la penosa operazione di Liberi e Uguali e il velleitarismo di Potere al popolo che non ha neanche i voti di Rifondazione. L’anno zero è un bene, si riparta dalle macerie”.

Domanda provocatoria: dice che con la sua “lista del Brancaccio” andava meglio?
Risposta provocatoria: se il M5S mi contatta per il ministero dei Beni culturali evidentemente pensa che il mio nome parli a quel pezzo di elettorato che oggi sceglie i 5 Stelle venendo da sinistra. D’altronde l’idea del Brancaccio era costruire una sinistra diversa – nel linguaggio, nelle proposte e nelle persone – che dialogasse col Movimento, mentre alla fine LeU ha deciso di competere col Pd per poi accordarcisi. Secondo me una lista costruita coi nostri criteri poteva davvero puntare al 10%.
E invece LeU ha preso il 3 e spiccioli…
Perché molti elettori di sinistra hanno votato 5 Stelle, hanno riconosciuto qualcosa nelle loro parole d’ordine: è evidente anche dal fatto che l’affluenza non è scesa poi così tanto. A meno che non si pensi che improvvisamente il 75% dell’elettorato sia diventato di destra.
Torniamo ai suoi rapporti coi 5 Stelle: farà il ministro?
Non lo so, vedremo. Il problema che ho posto all’inizio è la loro proposta di modifica della Costituzione, cioè l’introduzione del vincolo di mandato. Ora però si verifica una situazione bizzarra: Luigi Di Maio, che propone di vincolare i parlamentari al “mandato”, cercando intese post-voto si muove in modo costituzionalmente impeccabile in un Parlamento nato da una legge proporzionale; dal Pd rispondono che gli elettori li hanno messi all’opposizione, cioè ragionano – ammesso sia vero – come se ci fosse il vincolo di mandato.
Lei è dunque uno dei sostenitori dell’accordo di governo M5S-centrosinistra.
Berlinguer, con l’astensione del Pci, consentì nel 1976 la nascita del governo Andreotti e Andreotti non era uno antipatico, ma uno che secondo una sentenza definitiva in quel periodo aveva rapporti con la mafia. Che in Parlamento si dialoghi è normale, specie in una Repubblica parlamentare. Mi pare che l’establishment non abbia del tutto capito cosa sta succedendo.
Un bel pezzo però, anche a livello europeo, liscia il pelo agli ex populisti dei 5 Stelle.
L’idea di fondo in questi ambienti è che serva un potere stabile e, banalmente, si affidano a chi ha più forza numerica tra quelli che sperano “compatibili”. Ma il Movimento tiene finché resta anti-sistema, se riesce a capovolgere il sistema.
Il buon Longanesi diceva: “Un’idea che non trova posto a sedere è capace di fare la rivoluzione”.
È per questo che ho preferito rimanere in piedi. Io credo e spero che non si debba diventare democristiani appena si arriva al potere. Ho visto che hanno fatto una campagna rassicurante, ma se fossimo di fronte all’ennesimo episodio di gattopardismo della storia italiana sarebbe una tragedia.
Ma l’accordo col Pd non sarebbe già un segnale?
No, secondo me di fronte a due opzioni – un governo M5S e quello a guida Salvini – il Pd dovrebbe porsi un problema di responsabilità. Ovviamente non certo in cambio di nulla: ci si incontra, si discute del merito delle questioni, perché forme di reddito di cittadinanza, ad esempio, sono una storica proposta di sinistra. Io nel 2013 firmai un appello con altri per un governo 5 Stelle-Pd e allora Grillo ci prese in giro: oggi la penso come allora e spero che il veto non arrivi dall’altra parte.
Dal Pd potrebbero giustamente obiettare: rischiamo di scomparire.
Il Pd scompare se continua a fare la destra (vedi Calenda), mentre il suo popolo esiste ancora: quel popolo è andato a votare e in larga parte ha scelto i 5 Stelle. In nome di quale ortodossia ci si dovrebbe opporre a lasciar nascere un governo? Gramsci avrebbe detto: dov’è il popolo?
Quelli di LeU, invece, ci starebbero.
Su LeU voglio dire una cosa: è stato un episodio grave. Un ceto politico ha dirottato la richiesta di una sinistra diversa per garantire la propria perpetuazione e ora in Parlamento vanno gli Epifani, i Bersani. Dovrebbero sparire, dimettersi tutti e lasciar posto in Parlamento a qualcuno più giovane e meno compromesso. Mi dispiace farne una questione personale, ma è personale: nessun futuro passa attraverso di loro.

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