Fonte: PoliticaPrima.it
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di Giangiuseppe Gattuso – 28 Dicembre 2014 –
– Questa volta non torna indietro. Se ne va per davvero. L’età, la stanchezza, e un pizzico di delusione hanno avuto ragione della sua incredibile forza e tenacia. Ė in politica da sempre e siede in Parlamento dal 1953. Da ben 61 anni ricoprendo via via importanti incarichi. Anche per lui ė arrivata l’ora della pensione e del riposo. Si dice abbia accettato la rielezione obtorto collo.Il 20 aprile 2013 con 738 voti, contro i 217 di Stefano Rodotà.
Lo convinsero la presenza ai suoi piedi di quasi tutti i rappresentanti dei partiti, tranne i grillini e Sel, e di Mario Monti, allora Presidente del Consiglio. La sua invenzione per ‘sostituire’ Silvio Berlusconi, avendolo prima nominato Senatore a vita. La ‘supplica’ di accettare un secondo mandato arrivò dopo che si fece strage di Franco Marini e poi di Romano Prodi. E resterà nella storia come la sconfitta più cocente della classe politica di questo Paese.
D’altronde, l’apparato non aveva scelta. Solo Giorgio Napolitano avrebbe potuto preservarlo. E così ė stato. All’angolo i grillini, ritenuti inaffidabili, sottovalutati e mai amati da re Giorgio. Si poteva e si doveva continuare. Troppo pericoloso un ritorno alle urne. Nessuna garanzia sulla tenuta del Paese e del sistema partitocratico. E quindi, dopo un discorso memorabile a camere riunite nel quale i partiti applaudivano il loro fustigatore (per trentuno volte, a scena aperta, ad ogni sferzata, ad ogni minaccia di punizioni, da spellarsi le mani. Cose mai viste e sentite prima), il via all’ennesimo governo delle larghe intese. Quello del povero #enricostaisereno. Un Governo, durato 300 giorni, guidato da una persona seria che credeva di avere l’appoggio del suo partito.
Ma poi, preceduto dal patto del Nazareno, ė arrivato lui, il giovane scout fiorentino. Accordo di ferro con il Silvio nazionale e via agli annunci, slide, cronoprogramma da corsa a ostacoli, gli 80 euro e il semestre di presidenza europea. Le riforme costituzionali e l’abolizione del
bicameralismo perfetto, di cui nessun cittadino aveva mai sentito il bisogno. La legge elettorale, urgenza delle urgenze, rimasta al palo. La riforma del lavoro, il famoso Jobs act, ha appena visto i primi decreti attuativi, in uno scontro continuo con il sindacato di sinistra. Un Governo che ha appena superato in durata quello di Letta, al cui confronto, però, non ne esce vincente. Ma l’asticella della durata è stata spostata fino alla scadenza della legislatura, nel 2018. E poi ancora al 2023. C’è tempo.
Adesso siamo arrivati all’epilogo. Sussurrate da più parti, le dimissioni arriveranno a gennaio, al compimento del semestre europeo a guida italiana. E sarà un momento difficile. Gli attori sono sostanzialmente quelli del 2013, con la sola differenza che a Palazzo Chigi siede il Segretario del PD, il partito della maggioranza di governo, con un numero di parlamentari enorme. Sta per iniziare il dopo Napolitano. Un Presidente che ha interpretato il ruolo con un piglio molto personale. Fino al punto di andare anche oltre i compiti assegnati dalla Costituzione ‘imponendo’ governi e costringendo partiti avversari a collaborare per ‘il bene dell’Italia’.
Ci ricorderemo delle sue apprezzabili ‘uscite’ sulla indecorosa situazione dei detenuti nelle carceri, sulla cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori immigrati. E, in ultimo, quella sulla pericolosità dell’antipolitica. Un concetto sul quale altre volte ci siamo soffermati a riflettere e sul quale, personalmente, divergo. I sui appelli sono rimasti parole al vento.
Il nuovo Presidente troverà un’Italia piegata su se stessa e in grande difficoltà. Potrà e dovrà, ancora, svolgere un ruolo di frontiera. Per coinvolgere, senza pregiudizi, tutte le forze politiche nella battaglia per il rilancio del Paese.
Per convincere i cittadini che la Politica non è cattiva ma, molto più semplicemente, sono indegni certi ‘uomini politici’ che se ne occupano. E ‘lui’ sarà il Presidente che farà di tutto per dare concreti segnali di novità. Non sarà mai di parte e farà di tutto per dimostrarlo. Un Presidente che conosce i gravi problemi di tantissimi italiani, e non. E di milioni di famiglie che, a fronte di ricchezze e patrimoni vergognosi, vivono nell’indigenza. E che, magari, chissà mai, prenderà ad esempio personaggi come José Pepe Mujica, il Presidente dell’Uruguay. Utopia?
Giangiuseppe Gattuso