Autore originale del testo: Ilaria Gaspari
Fonte: facebook
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Questa foto me l’ha fatta la mia amica @emanuelaconv nel maggio del 2012. Era venuta a trovarmi a Parigi e avevamo passato delle giornate bellissime. Erano i primi tempi del dottorato, in teoria avrei avuto parecchie cose da fare ma per pura incoscienza e felicità di stare a Parigi rimandavo tutto, ci avrei pensato poi (l’avrei scontata in seguito, ovviamente). Qui, malgrado il taglio di capelli infelice e la fissazione di non sorridere mai mai mai nelle foto per sembrare tenebrosa e profonda (aiuto!), ero contenta perché avevamo appena scoperto, vicino alla casa dove abitavo, un bar che ci pareva carinissimo. Si chiamava Carillon e l’avrei frequentato molto negli anni successivi. Il barista era simpatico e mi lasciava stare seduta per ore anche se prendevo solo un caffè (ero sempre al verde), ricordo pomeriggi d’inverno in cui proprio lì scrivevo quello che sarebbe diventato il mio primo romanzo, lo scrivevo clandestinamente rubando tempo alla tesi, e andavo lì a farlo perché mi sentivo in un posto di passaggio, non a casa e nemmeno in biblioteca, ed era come se questo mi garantisse l’impunità per quel furto di tempo. Uomini di mezza età bevevano piccoli calici di vino sincero al bancone, chiacchieravano con il barista, e verso l’ora dell’aperitivo arrivavano orde di ragazzi. Quando nel 2015 discussi infine la tesi, finimmo al Carillon a festeggiare.
L’ultima volta ci sono stata alla fine di ottobre 2015, poi dovevo tornare in Italia per qualche settimana; a Parigi allora vivevo a intermittenza, era uscito da pochissimo il romanzo che avevo scritto per incoscienza e iniziavo a conoscere il mio destino di andare fuggendo di presentazione in presentazione. La sera del 13 novembre era venerdì, ero in Italia. Mi ricordo i messaggi che arrivavano, uno dei quali mi avrebbe cambiato la vita, ma questa è un’altra storia (bella). Ricordo che avevo pensato: è finita, non sarà più la stessa cosa. Il barista del Carillon era morto fra altri morti fra cui, per un infinitesimale smottamento del caso, potevo esserci io. Tornai a Parigi a fine novembre, era tutto diverso davvero, avevo perso l’incoscienza e perdendola capivo che immenso privilegio era stata.