Pericolo stretta di mano, ospedali a rischio

per Gabriella

da www.pagina99.it

MEDICINA | La rivista medica Jama lancia un appello affinché il saluto scambiato tra medici e pazienti venga vietato. Sarebbe il primo veicolo di diffusione di batteri e virus in corsia.

Ignác Fülöp Semmelweis lo aveva già capito nel 1847: le mani sporche sono un veicolo di malattie, specie all’interno degli ospedali. L’intuizione del medico ungherese, che oggi gli vale l’etichetta di genio, allora gli costò l’inimicizia dei colleghi, che non credevano alla sua teoria e lo ritenenevano piuttosto un mentecatto o un pazzo. E infatti a causa di quell’idea, Semmelweis perse il lavoro, finì in manicomio e lì rimase fino alla morte, nel 1865. Ma se quei giorni barbari per fortuna sono finiti e l’importanza dell’igiene è chiara a tutti, le mani del personale sanitario continuano a rappresentare un vettore di malattie.

I dottori di oggi, contrariamente a quelli che lavoravano con Semmelweis, sanno bene quanto sia importante, per la loro professione, avere le mani disinfettate. Ma c’è un fattore che passa tuttora inosservato e che continua a rappresentare un veicolo di batteri e virus. Si tratta della stretta di mano, un gesto che medici e infermieri ripetono spesso durante le visite di routine in corsia, prima e dopo aver visitato un paziente, perché, oltre a essere buona educazione, aiuta a entrare in empatia con i malati. Ma non si rendono conto di quanto questo gesto possa essere nocivo.

Per Jama (Journal of the American Medical Association), prestigiosa rivista medica americana, è il primo veicolo di trasmissione di infezione nei reparti. Per questo motivo, questa settimana dedica alla questione un editoriale, lanciando un appello affinché, come è già successo col fumo, venga bandita la stretta di mano all’interno di tutti i dispensari e ospedali. “No hand shaking in these premises” (niente stretta di mano in questi ambienti), è l’avviso che andrebbe subito affisso in tutte le strutture sanitarie del mondo, sostiene. Anche per motivi economici. «I regolamenti per limitare la stretta di mano nelle strutture sanitarie, insieme ad altri programmi di igiene delle mani più consistenti, possono contribuire a limitare la diffusione delle malattie e potenzialmente diminuire l’onere clinico ed economico associato alle infezioni nosocomiali», dice l’articolo «oltre che contribuire ad arginare il problema della resistenza antimicrobica», cioè la resistenza che col tempo un microrganismo sviluppa nei confronti di un farmaco originariamente efficace.

La rivista puntualizza come per vincere questa battaglia – che nella sua apparente banalità giudica invece di importanza capitale – sia necessario un ampio sforzo per rendere consapevoli medici e pazienti di quanto sia importante rinunciare a tale gestualità. Di cortesia, certo, che viene spontanea, ma sulle cui insidie non si riflette abbastanza. Così come accendere la sigaretta in ogni dove (perfino in ospedale) veniva spontaneo a qualunque fumatore fino a pochi anni fa, pure quando si trattava di un operatore sanitario. Come è stata vinta quella battaglia, può esserlo certamente anche questa, sostiene la rivista. «Rimuovere la stretta di mano dal contesto di cura può in definitiva essere riconosciuto come un modo importante per tutelare la salute dei pazienti e degli operatori sanitari, piuttosto che come un insulto personale a chi rifiuta la mano. Sarebbe un errore liquidare un divieto così promettente, intuitivo e poco costoso», conclude Jama.

Semmeilweis aveva colto come la morte di tante partorienti alla clinica ostetrica viennese dove lavorava fosse dovuta al fatto che i medici, prima di andare a visistare le pazienti, praticavano le autopsie sui malati deceduti. L’intuizione gli costò la carriera e la stessa vita. Certamente, si stupirebbe di sapere che ancora nel 2014 la sua battaglia ha bisogno di propugnatori del calibro di Jama. Che ripetano ai medici quanto sia importante tenere le mani sempre pulite, anche a costo di risultare maleducati. O perfino pazzi.

(a parere della scrivente, sarebbe bene abolire la stretta di mano ovunque, non solo negli ospedali)

 

Medicina

La rivista medica Jama lancia un appello affinché il saluto scambiato tra medici e pazienti venga vietato. Sarebbe il primo veicolo di diffusione di batteri e virus in corsia

Ignác Fülöp Semmelweis lo aveva già capito nel 1847: le mani sporche sono un veicolo di malattie, specie all’interno degli ospedali. L’intuizione del medico ungherese, che oggi gli vale l’etichetta di genio, allora gli costò l’inimicizia dei colleghi, che non credevano alla sua teoria e lo ritenenevano piuttosto un mentecatto o un pazzo. E infatti a causa di quell’idea, Semmelweis perse il lavoro, finì in manicomio e lì rimase fino alla morte, nel 1865. Ma se quei giorni barbari per fortuna sono finiti e l’importanza dell’igiene è chiara a tutti, le mani del personale sanitario continuano a rappresentare un vettore di malattie.

I dottori di oggi, contrariamente a quelli che lavoravano con Semmelweis, sanno bene quanto sia importante, per la loro professione, avere le mani disinfettate. Ma c’è un fattore che passa tuttora inosservato e che continua a rappresentare un veicolo di batteri e virus. Si tratta della stretta di mano, un gesto che medici e infermieri ripetono spesso durante le visite di routine in corsia, prima e dopo aver visitato un paziente, perché, oltre a essere buona educazione, aiuta a entrare in empatia con i malati. Ma non si rendono conto di quanto questo gesto possa essere nocivo.

Per Jama (Journal of the American Medical Association), prestigiosa rivista medica americana, è il primo veicolo di trasmissione di infezione nei reparti. Per questo motivo, questa settimana dedica alla questione un editoriale, lanciando un appello affinché, come è già successo col fumo, venga bandita la stretta di mano all’interno di tutti i dispensari e ospedali. “No hand shaking in these premises” (niente stretta di mano in questi ambienti), è l’avviso che andrebbe subito affisso in tutte le strutture sanitarie del mondo, sostiene. Anche per motivi economici. «I regolamenti per limitare la stretta di mano nelle strutture sanitarie, insieme ad altri programmi di igiene delle mani più consistenti, possono contribuire a limitare la diffusione delle malattie e potenzialmente diminuire l’onere clinico ed economico associato alle infezioni nosocomiali», dice l’articolo «oltre che contribuire ad arginare il problema della resistenza antimicrobica», cioè la resistenza che col tempo un microrganismo sviluppa nei confronti di un farmaco originariamente efficace.

La rivista puntualizza come per vincere questa battaglia – che nella sua apparente banalità giudica invece di importanza capitale – sia necessario un ampio sforzo per rendere consapevoli medici e pazienti di quanto sia importante rinunciare a tale gestualità. Di cortesia, certo, che viene spontanea, ma sulle cui insidie non si riflette abbastanza. Così come accendere la sigaretta in ogni dove (perfino in ospedale) veniva spontaneo a qualunque fumatore fino a pochi anni fa, pure quando si trattava di un operatore sanitario. Come è stata vinta quella battaglia, può esserlo certamente anche questa, sostiene la rivista. «Rimuovere la stretta di mano dal contesto di cura può in definitiva essere riconosciuto come un modo importante per tutelare la salute dei pazienti e degli operatori sanitari, piuttosto che come un insulto personale a chi rifiuta la mano. Sarebbe un errore liquidare un divieto così promettente, intuitivo e poco costoso», conclude Jama.

Semmeilweis aveva colto come la morte di tante partorienti alla clinica ostetrica viennese dove lavorava fosse dovuta al fatto che i medici, prima di andare a visistare le pazienti, praticavano le autopsie sui malati deceduti. L’intuizione gli costò la carriera e la stessa vita. Certamente, si stupirebbe di sapere che ancora nel 2014 la sua battaglia ha bisogno di propugnatori del calibro di Jama. Che ripetano ai medici quanto sia importante tenere le mani sempre pulite, anche a costo di risultare maleducati. O perfino pazzi

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