Pisapia e gli scacchi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 31 luglio 2017

Francesco Marchianò, sull’Huff Post, si sbizzarrisce nel narrarci chi sia ‘davvero’ Pisapia, in che modo abbia sostenuto Renzi in questi anni, e come sia, in breve, un pezzo della cattiva coscienza della sinistra.

Ora, se c’è una cosa che è davvero patologica, che la sinistra paga da sempre, è l’estrema personalizzazione della politica e dello scontro politico. La sua ‘sostanzializzazione’, direi. Patologia a cui non sfuggono nemmeno (o tanto più?) gli attuali analisti politici. La critica diventa critica della persona, delle sue scelte, della sua identità ‘profonda’. Una bio-politica nel senso peggiore, intesa come politica biografica o da biografi. Certo, sono le persone che scelgono e agiscono, e i ‘corpi’ sono un pezzo rilevante nell’economia della politica moderna. Non lo nego. Ma da qui a farne una questione personale, ce ne passa.

Ecco, a me piacerebbe che l’analista politica mi spiegasse di più i termini della contesa politica, lo schema e il contesto entro cui si agisce, quali siano le mosse e contromosse in campo, come siano disposti i pezzi sulla scacchiera e quale potrebbe essere la mossa giusta per mettere in difficoltà l’avversario. Mi indicasse la ‘forma’ e le relazioni in atto, i pesi e i contrappesi in gioco. Mostrasse la sottigliezza di certe scelte, invece di trattarle ‘tanto al chilo’. Indicasse dunque errori e scelte appropriate, ma sempre a partire dallo schema di gioco, non così, come se si discutesse nell’empireo. E soprattutto mettesse da parte le opinioni personali o le proprie aspirazioni. Non per ricercare un’obiettività che non esiste, quanto per sforzarsi il più possibile di ragionare anche contro quelle convinzioni o contro i propri auspici.

C’è un rischio ‘sostanziale’, ed è questo. Che sfuggano le relazioni e ci si concentri solo sui singoli uomini, al di là dello schema di gioco in vigore. Che si ragioni in astratto, per psicologie o per estetismi, e si perda di concretezza, che è data dal contesto in atto e dal quadro ambientale in vigore. Come dire, ragionare sull’alfiere senza valutare la sua disposizione sulla scacchiera, quando invece sappiamo tutti che il ‘valore’ del pezzo varia a secondo della fase di gioco e della sua posizione effettiva, nonché in relazione della disposizione avversaria e delle sue strategie. L’analista mi deve spiegare i parametri di questa fase, ed essere per primo consapevole delle tattiche in uso. Lo stesso vale per i famigerati ‘contenuti’: c’è il rischio che si passi direttamente a formulare una lista della spesa delle cose da fare e dei punti di programma irrinunciabili, come se i propri desideri fossero preponderanti o i propri punti identitari fossero ciechi, un parto mentale in sé e per sé, e non, anche qui, termini concreti di confronto e di relazione, che debbono necessariamente tener conto dei propri interlocutori (anche qui diversi da fase a fase).

Insomma, io che sono un semplice lettore, mi attendo dagli studiosi qualcosa di più che petizioni di principio, valutazioni personali, biografie politiche. Così come un’analista militare deve saper configurare l’intero campo di battaglia, mostrarne i rapporti di forza, significare un numero ampio di variabili, senza perdere di vista le relazioni e le funzioni attuali, svuotando quasi di sostanza gli enti in gioco, mostrandoli come mere ‘relazioni’ – così deve essere per l’analista politico. Quando questo non avviene io perdo la nozione di spazio-tempo, e soprattutto sembra che tutto dipenda dalle mie scelte, dalla mia identità assunta in termini assoluti, dalle ‘cose’ che vorrei fare, direttamente funzionali a quell’identità. E sembra, quindi, che l’avversario non esista (sono molti gli inviti a ignorare Renzi, per dire), che la mia relazione con lui non debba essere calcolata, anzi vada cancellata del tutto. Ora la politica (non solo quella moderna), così come la guerra, è questione di forza attuale, di rapporti e relazioni, ben più che di valore assoluto della singola sostanza esaminata (sia essa uomo o mero contenuto di programma). Se questo nelle analisi non emerge adeguatamente, allora c’è qualcosa che non va. E comprendere diventa più difficile.

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