POF!

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 10 luglio 2015

Il Piano dell’offerta formativa è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto”. (A)

“Il piano è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal dirigente scolastico. Il piano è approvato dal consiglio d’istituto”. (B)

Qui sopra vedete due norme riguardanti la formazione del POF d’istituto (il piano dell’offerta formativa). Il primo testo è il vecchio comma 3 dell’articolo 3 del DPR 275/99, quello sull’autonomia scolastica. Il secondo testo, invece, sostituisce in toto proprio quel vecchio comma, ed è contenuto nel maxiemendamento della ‘buona scuola’ di Renzi. Faremo lo studio delle varianti per capire cosa è cambiato. Soprattutto per capire cosa è cambiato, nella fattispecie, riguardo al dirigente scolastico.

Il compito di elaborare il POF spetta ancora al Collegio dei docenti. Ed è normale che tale compito riguardi i docenti. L’elaborazione è un lavoro tecnico-didattico, è una traduzione concreta di indirizzi e di contenuti, che, se nel vecchio testo (A) erano formulati dal consiglio d’istituto (tenuto conto del parere di organismi e associazioni), ora sono tout court assegnati al Preside. Il testo è chiarissimo. Si badi, la parola ‘indirizzi’ è molto importante, perché il lavoro dell’ ‘elaboratore’ non può prescinderne, deve muoversi rigidamente in quel solco. È la politica (il potere) a dare gli indirizzi, gli altri li seguono.

Quando il testo del POF è pronto, il consiglio di istituto prima lo ‘adottava’, ora (più decisamente) lo ‘approva’. Anche la semantica conta. E se una volta il circolo procedimentale era: ‘Consiglio d’Istituto – Collegio Docenti – Consiglio d’Istituto’ (il dirigente scolastico quale membro di entrambi era una figura molto di coordinamento, anche se centrale), adesso questo stesso circolo è: ‘Dirigente Scolastico – Collegio dei Docenti – Consiglio d’Istituto’ (che infine ‘approva’), del quale voglio ricordare fa parte anche il Preside.

Si converrà che il ruolo decisionale, nonché il compito di indirizzo e di scelta del dirigente scolastico cresce di molto. L’impressione netta è che la riscrittura del comma voglia significare non un migliore riordino delle procedure (come se si mantenessero tal quali), ma un sensibile spostamento a vantaggio della figura del Preside, che acquista un centralità non più solo di coordinamento e collegiale, ma politica e monocratica. D’altronde sarebbe strano che si fosse riformulata una norma per non cambiare nulla o soltanto per chiarire meglio quello che già era.

Sarebbe stato, nel qual caso, un lavoro anche sciocco oltre che incomprensibile. In realtà, conferire più potere al Preside resta uno degli elementi davvero caratterizzanti della ‘buona’ scuola renziana. L’idea è che accrescere il potere politico di una figura e dotare la scuola di un assetto aziendale e decisionista sia la medicina migliore per migliorarne la qualità. Ma non è vero per la scuola, non è vero in una famiglia, non è vero per un’azienda, e non è vero tanto più per un governo.

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