QE: duro negoziato, poi il compromesso di Draghi

per Gabriella
Autore originale del testo: Vincenzo Comito
Fonte: contro la crisi
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di Vincenzo Comito  23 gennaio 2015

Quantitative easing. Se anche l’ultimo bazooka sparerà a salve, a Francoforte non resterà che regalare pacchi di euro dagli elicotteri…

Dopo diversi mesi di dibat­tito, scon­tri, incer­tezze, la Bce gui­data da Mario Dra­ghi ha final­mente varato il tanto atteso pro­gramma di Quan­ti­ta­tive easing (Qe).

Si tratta, come è noto, di immet­tere nel sistema finan­zia­rio più moneta cir­co­lante e que­sto attra­verso l’acquisto sul mer­cato di titoli pub­blici e/o pri­vati. Per la Bce si com­pie, come ha scritto qual­cuno, una mossa storica.

Un giu­di­zio giu­sti­fi­cato con­si­de­rando le pre­messe, molto con­ser­va­trici, da cui la banca euro­pea era nata sedici anni fa. E d’altra parte la deci­sione a lungo costruita da Dra­ghi, attesa quanto con­tra­stata, for­ni­sce un evi­dente segnale di quanto le cose fos­sero ormai giunte ad un punto di acuta criticità.

In teo­ria una ope­ra­zione di Quan­ti­ta­tive easing nel con­te­sto euro­peo attuale potrebbe ser­vire a rag­giun­gere almeno cin­que o sei obiet­tivi diversi, sia pure tra di loro inter­con­nessi. L’esigenza di base sarebbe di con­tra­stare il fatto che l’economia non cre­sce, che il livello di disoc­cu­pa­zione si man­tiene molto alto, che le minacce di defla­zione si fanno più concrete.

L’operazione mira intanto a dare respiro all’economia e ad evi­tare una depres­sione. Inon­dando il mer­cato di denaro, essa dovrebbe per­met­tere, tra l’altro, alle ban­che di libe­rarsi di una parte dei titoli pub­blici in loro pos­sesso e finan­ziare l’economia. Con­tem­po­ra­nea­mente, dovrebbe allon­ta­nare le minacce spe­cu­la­tive sui titoli pub­blici dei paesi del Sud Europa, gli stessi che sareb­bero anche avvan­tag­giati dalla ridu­zione pos­si­bile di qual­che decimo di punto di tassi di inte­resse. Si darebbe un colpo alle ten­denze defla­zio­ni­ste e si inde­bo­li­rebbe ancora il cam­bio dell’euro con il dol­laro, favo­rendo le espor­ta­zioni; si dovrebbe anche raf­for­zare il potere delle isti­tu­zioni dell’Ue, mostrando che l’Unione serve a qualcosa.

Si potrebbe a que­sto punto dire: troppa gra­zia, Sant’Antonio. Ma le cose pre­sen­tano, come sem­pre, delle com­pli­ca­zioni più o meno pesanti.

Intanto sulla strada del Qe c’era l’ostacolo tede­sco. Men­tre i rap­pre­sen­tanti della Ger­ma­nia nella Bce si oppo­ne­vano al pro­gramma e altret­tanto faceva il pre­si­dente della Bun­de­sbank, Weid­mann, la Mer­kel pre­meva sot­to­banco per­ché esso fosse il meno inci­sivo pos­si­bile. I tede­schi sono osses­sio­nati dalla paura che l’immissione di liqui­dità nell’economia porti a una forte cre­scita dei livelli di infla­zione; temono poi che si usi l’operazione per per­met­tere ai paesi del Sud Europa di allen­tare i vin­coli delle poli­ti­che di auste­rità e che alla fine la Ger­ma­nia sia costretta a pagare per gli altri.

Così Dra­ghi ha dovuto por­tare avanti un duro nego­ziato sui con­te­nuti dell’operazione, annacquandola.

Le que­stioni in gioco riguar­da­vano molti fronti, dall’ammontare della mano­vra, a quando essa avrebbe dovuto par­tire e con quale timing, a chi avrebbe dovuto sop­por­tare i rischi in caso di per­dite, al tipo di titoli pub­blici e pri­vati da acqui­stare, se a breve o a lungo ter­mine, e a quanto dai vari paesi, infine se la Gre­cia avrebbe dovuto essere inclusa.

Un pro­blema di fondo della mano­vra è dato dal fatto che quello della Bce è un inter­vento di sup­plenza, dal momento che la poli­tica euro­pea è inerte. Il Qe, per essere effi­cace, avrebbe dovuto essere accom­pa­gnato da poli­ti­che “bud­ge­ta­rie” ed eco­no­mi­che espan­sive, che rilan­cias­sero la domanda, ciò che costi­tui­sce un’eresia per la Germania.

Non manca in Europa la liqui­dità, man­cano gli inve­sti­menti. Ci sono così forti limiti ai risul­tati che la Bce potrebbe rag­giun­gere che le mosse pre­vi­ste non saranno pro­ba­bil­mente suf­fi­cienti a far ripar­tire l’economia.

Cosa faranno le ban­che, allar­ghe­ranno cioè i cor­doni della borsa? La cosa comun­que potrebbe in ogni caso rile­varsi ina­de­guata in assenza di domanda di cre­dito da parte del set­tore pri­vato. Quello sta­tu­ni­tense, indi­cato come un pro­gramma di suc­cesso, faceva rife­ri­mento ad una situa­zione diversa da quella dell’eurozona e peral­tro non è chiaro quanto alla ripresa dell’economia Usa abbia con­tri­buito il Qe e quanto invece lo abbiano fatto gli inter­venti del governo sull’economia reale. Una dif­fe­renza con l’ Europa è quella che i tassi di inte­resse sono da noi già a livelli molto bassi, al con­tra­rio che negli Usa prima dell’intervento. C’è poi rispetto agli Stati uniti un molto mag­gior peso da noi dei pre­stiti bancari.

L’esperienza della Gran Bre­ta­gna e del Giap­pone mostra, peral­tro, che non è detto che la sva­lu­ta­zione della moneta porti ad un miglio­ra­mento della bilan­cia dei pagamenti.

Un effetto sicuro del varo di mas­sicci pro­grammi di Qe è quello che essi in gene­rale aumen­tano le dise­gua­glianze di patri­mo­nio tra i ric­chi e i poveri. La moneta facile e i bassi tassi di inte­resse spin­gono nor­mal­mente in alto il valore dei titoli azio­nari e degli altri beni patrimoniali.

Alla fine il dado è tratto e la banca ha deciso.

Sarà varato, a par­tire da marzo 2015 e sino al set­tem­bre 2016, salvo esten­sioni tem­po­rali, un pro­gramma di acqui­sti di titoli per 60 miliardi di euro al mese, per un totale di 1080 miliardi. Sono state vinte le oppo­si­zioni tede­sche che vole­vano riman­dare la cosa a tempi più lon­tani; quan­ti­ta­ti­va­mente si tratta di importi supe­riori a quello che ci si aspet­tava, ma, d’altra parte, sono state river­sate nel piano anche le risorse già pre­vi­ste da pre­ce­denti pro­grammi su obbli­ga­zioni garan­tite e car­to­la­riz­za­zioni, men­tre non sap­piamo quale sarà la per­cen­tuale di acqui­sti tra titoli pub­blici e privati.

Sup­po­nendo che i primi occu­pino il 60% del totale, ci tro­ve­remmo di fronte a circa 650 miliardi di euro, che, di fronte ad una cir­co­la­zione totale in Europa in que­sto momento di più di 9000 miliardi di titoli pub­blici, non appare una cifra stre­pi­tosa. Per quanto riguarda la Gre­cia, Dra­ghi ha lasciato sostan­zial­mente nel vago la pos­si­bi­lità di acqui­sti di quel paese– egli sa bene che fra qual­che giorno ci saranno le ele­zioni. Per gli altri stati gli acqui­sti si faranno in pro­por­zione dell’apporto di capi­tale di ognuno al bilan­cio della Bce.

Dove il cedi­mento di Dra­ghi alle pre­tese tede­sche è grave è nel fatto che gran parte della respon­sa­bi­lità per even­tuali per­dite sull’acquisto dei titoli viene sca­ri­cato sulle sin­gole ban­che cen­trali. Come era stato già sot­to­li­neato nei giorni pre­ce­denti da alcuni eco­no­mi­sti, tale mossa può con­tri­buire ad una fram­men­ta­zione della poli­tica mone­ta­ria in Europa, anzi ad una sua bal­ca­niz­za­zione, invece che spin­gere in senso ulte­rior­mente unitario.

Dopo l’annuncio, il pre­sti­gio di Dra­ghi nel mondo dei mer­cati finan­ziari sem­bra essere ancora cre­sciuto, ciò che non appare peral­tro neces­sa­ria­mente come un bene.

Se comun­que l’operazione dovesse fal­lire, nell’armamentario della banca reste­rebbe un solo attrezzo, quello che i tec­nici chia­mano con espres­sione colo­rita heli­cop­ter money, ovvero il lan­cio di denaro sulle folle dagli eli­cot­teri. In pra­tica ogni cit­ta­dino rice­ve­rebbe, una tan­tum, una certa somma di denaro, pre­su­mi­bil­mente qual­che migliaio di euro. Non si tratta di uno scherzo, ma di un’operazione che si sta seria­mente stu­diando da tempo. Comin­ciamo dun­que a pen­sare a cosa faremo con i soldi che ci ver­ranno pre­sto reca­pi­tati a casa…

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