Questo cambia tutto – il capitalismo contro il clima

per Gabriella
Autore originale del testo: Martino Mazzonis
Fonte: pagina 99

THIS CHANGES EVERYTHING – di NAOMI KLEIN

da pagina 99

Tra pochi giorni esce “This changes everything”, il nuovo volume della giornalista-attivista canadese Naomi Klein. Al centro la necessità di dotarsi di regole per fermare il cambiamento climatico. E di mobilitarsi contro le lobby che di regole non ne vogliono

Martedì prossimo, 16 settembre, sarà in libreria e online This changes everything (Capitalism Vs. The Climate) il nuovo libro di Naomi Klein che durante una lunga intervista-ritratto su Vogue America ha definito il suo ultimo lavoro “un libro sul cambiamento climatico per persone che non leggono libri sul cambiamento climatico”. Il libro arriva – con un tempismo perfetto dal punto di vista del lancio – nei giorni del vertice Onu sul clima e di una mobilitazione planetaria proprio legata al vertice: il 20 e 21 del mese a New York e in altre centinaia di città del mondo si organizza la People’s Climate March e nella città americana è prevista davvero molta gente. Con il volume, ma qualche settimana dopo, uscirà anche un documentario di Avi Lewis, film-maker marito di Klein.

Il tempismo di Klein non è un caso: la giornalista-autrice ha il sesto senso per annusare l’aria e far diventare importanti temi che stanno crescendo. Il cambiamento climatico, in questi anni di catastrofi ambientali, è una di queste. Come per gli altri libri di Klein, l’idea che sta al fondo è quella di descrivere un fenomeno generale, una questione, per spiegare che a essere sbagliato è il modello economico al quale ci siamo adattati che non tiene conto dei bisogni collettivi ma bada soprattutto ai profitti. Nel caso del clima che cambia il modello che non tiene conto della collettività – e del bene comune per eccellenza che è l’atmosfera – non può funzionare.

 

Klein mette sempre l’accento, oltre che sulla critica del modello, anche sulla necessità della partecipazione-mobilitazione della società. E per questo è rimasta colpita dalla risposta di New York e del New Jersey alla devastazione portata da Sandy con la rete di OccupySandy. E proprio l’uragano che ha lasciato al buio Manhattan è forse l’evento globale che ha prodotto un cambiamento di mentalità: se persino Wall street rimane al buio, c’è da preoccuparsi. “Qui in città c’è ancora gente al buio e senza casa e tutti hanno dovuto di colpo fare i conti con cosa significhi il cambiamento climatico. Anche nel centro finanziario del mondo”, ci disse Klein nei giorni successivi a Sandy. Negli stessi giorni e settimane successivi la giornalista passò molti giorni a Rockaway Beach, una delle zone di New York più colpite dall’uragano, assieme a Coney Island. In quei giorni, in occasione della campagna 350.org (di cui si parla qui sotto) ci raccontò dell’importanza di agire. Si capiva che stava lavorando a un libro sulla questione: “Il movimento ambientalista è dove deve essere in questo momento ed ha come obbiettivo l’industria degli idrocarburi. In questa città è arrivata prima dalla crisi finanziaria con Wall street e ora la crisi ecologica con Sandy. Le persone cominciano a vedere le connessioni: nel 2008 tutti abbiamo pagato per la crisi prodotta dall’avidità di qualcuno. Con i danni prodotti dal cambiamento climatico è lo stesso. Se vogliamo evitare che crisi come quella di Sandy si intensifichino dobbiamo capire come mai il tema del cambiamento climatico sia fuori dal dibattito politico: l’industria dei combustibili fossili è potente e spende in ricerche fuorvianti, in pubblicità che dicono “siamo a favore dell’ambiente” e facendo lobby in Congresso. Al cambiamento climatico non si risponde con il mercato questo e neppure con i comportamenti virtuosi dei singoli (riciclo, vado in bicicletta). Quelli sono utili, ma servono consapevolezza diffusa e risposte collettive”.

 

(Washington DC, Una manifestazione contro la XL Keystone pipeline – Getty Images)

In This changes everything Klein mette assieme i pezzi del cambiamento climatico: racconta degli effetti, della forza e del potere della lobby che si oppone all’idea di regolare e intervenire sulle emissioni e sulle altre cause che stanno generando la trasformazione dell’ambiente in cui viviamo, fornisce alcuni esempi negativi di testimonial dell’ambiente (i miliardari positivi che magari producono sostanze inquinanti ma finanziano campagne per la riforestazione) e poi spiega come, a suo modo di vedere, sia necessaria una azione collettiva per cambiare lo stato delle cose. Nel libro Klein fornisce esempi piccoli e grandi di azioni locali e non come, appunto, il lavoro di OccupySandy o la campagna lanciata ormai due anni fa da 350.org che chiede ai fondi sovrani delle università di disinvestire dalle imprese che inquinano – una campagna che mobilita studenti e che ha avuto una grande visibilità negli Stati Uniti. O ancora la mobilitazione contro il progetto di oleodotto XL Keystone che nelle intenzioni di chi lo vuole costruire porterebbe il petrolio estratto dalle sabbie bituminose del Canada verso gli Stati Uniti.

 

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