Renzi, l’anatra zoppa

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 6 novembre 2017

Le elezioni siciliane hanno certificato che il PD, come dice Ilvo Diamanti, non è più un partito di massa né possiede più un leader comunicatore. Sappiamo inoltre che Renzi è ormai ritenuto politicamente irrilevante, per lo meno da Di Maio, che ha inteso rinunciare al confronto tv proprio adducendo questa motivazione. Probabilmente, anche Berlusconi pensa con sempre minor convinzione all’ipotesi di grandi intese con il PD, visto che si sta persuadendo di avere i numeri per tentare di vincere da solo il confronto elettorale. Gli appelli all’unità con la sinistra che vengono dal PD, dopo una fase in cui i possibili alleati erano ritenuti dei ‘traditori’, la dicono lunga sul grado di soffocamento politico di cui soffrono i dirigenti del Nazareno in questa fase. Probabilmente a metà novembre, in direzione, la minoranza PD alzerà la posta, anche in vista della formazione delle liste elettorali. La richiesta di un generoso passo indietro dell’ex premier si potrebbe tradurre, da subito, in un rinnovato patto interno svantaggioso per il segretario piddino e, dopo una prevedibile sconfitta elettorale in primavera, in una battaglia ai ferri corti per la leadership del partito. Senza contare il ruolo crescente di Gentiloni, che da delfino renziano sta diventando un competitor. Insomma, ci sono tutti i crismi per poter definire, a ragione, Renzi una sorta di ‘anatra zoppa’.

Se non dovesse reggere il patto con Berlusconi per future larghe intese a guida renziana, l’ex premier sarebbe davvero perduto. Non ha ‘piani B’ credibili. Da quattro anni mena sempre la stessa nenia del 40%, dell’uomo solo al comando, del nuovo leader, dell’autosufficienza, condendola di una retorica bolsa e inconcludente. Nel frattempo ha rimediato solo sconfitte, alla faccia del vincente. Potremmo definire ‘piano B’ proprio le larghe intese con Forza Italia, ma la destra potrebbe aspirare a fare banco, come dicevamo, e dunque a tenere per sé Palazzo Chigi, con ciò mettendo fuori gioco le spropositate ambizioni del toscano. Come la metti la metti, Renzi sembra all’ultimo miglio. Lo si vede anche dal nervosismo che serpeggia tra i ‘suoi’ e dal clima da Basso Impero. Tant’è che le sconfitte del PD sono sempre colpa degli altri, piagnucolano al Nazareno. Di D’Alema e Bersani in primo luogo, della sinistra in genere, dei rancorosi e dei gufi. Mai un’analisi concreta della situazione concreta, solo anatemi, chiacchiere e distintivo. Si apre, quindi, una fase complicata, breve e lunga nello stesso tempo. Breve, perché non si può non marcare il territorio, darsi una rappresentanza, stare nelle istituzioni. Siamo in democrazia rappresentativa, mica in un’aula accademica. Lunga, perché le elezioni saranno un primo momento di verifica, ma poi verrà il difficile: rifondare una sinistra moderna, a cominciare da un partito nuovo, del lavoro, della cultura, della democrazia. Dentro la società, a contatto col Paese e la sua crisi. Senza apparire astratti, messianici oppure autosufficienti.

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1 commento

Mario Tomasucci 7 Novembre 2017 - 13:56

Il PD rimane a tutt’oggi il partito che disputa il primato delle preferenze con il M5S.
Non so se si può definire partito di massa, detiene comunque un consenso intorno al 27% e non so chi possa essere partito di massa, non certo l’ MDP con poco più del 2%. Mi sembra un argomento ridicolo e meschino attaccarsi alla vile rinuncia di Di Maio per dimostrare la presunta irrilevanza del PD. Che il PD faccia appello all’ unità delle sinistre lei lo può interpretare come vuole e staremo a vedere come finiranno le sue elucubrazioni sul prosieguo degli avvenimenti interni al PD. Per adesso io proporrei di stare ai fatti e ai numeri.

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