Scusate, ma che fine ha fatto la lista Tsipras?

per Gabriella
Autore originale del testo: Matteo Pucciarelli
Fonte: MicroMega 5/2014
Url fonte: http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/08/08/matteo-pucciarelli-scusate-ma-che-fine-ha-fatto-la-lista-tsipras/

di Matteo Pucciarelli – 8 agosto 2014

Complice il clima vacanziero coniugato però alle temperature mitigate (insomma, il cervello non è ancora andato in pappa), a un certo punto è arrivato un flash improvviso dopo uno scontro tra sinapsi: scusate, ma che fine ha fatto la lista Tsipras?

Ve la ricordate? Il leader greco di Syriza, una sinistra vincente laggiù; il simbolo rosso; la campagna elettorale tra culi e speranze, molte, e difficoltà, ancora di più. Poi un risultato tutto sommato positivo, considerato lo scontro totalizzante in corso tra Renzi, Grillo e Berlusconi che oscurava il resto; considerati i soldi, pochissimi, per la “propaganda”; considerato il simbolo sconosciuto ai più e il nome di un leader difficile anche solo da pronunciare per non poche persone.

Insomma, un mezzo miracolo che invece di venire valorizzato, invece di venire anzi osannato, è stato preso e buttato al macero. Perché la sinistra ha un grande nemico da combattere: se stessa.

Prima l’affare Barbara Spinelli (inutile tornarci sopra, ennesima figura poco edificante di sinistra che predica in un modo ma razzola in un altro il giorno dopo), poi la deflagrazione di Sel (nota tutto sommato non proprio negativa, visti i personaggi che se ne sono andati). Neanche il tempo di festeggiare, di guardarsi in faccia e fare un sorriso per dirsi «siamo sempre vivi!» ed ecco il disastro, la rarefazione, il pressappochismo, il rifugio identitario, la divisione.

Chi se ne frega, vorrei poter dire. Eppure se uno si guarda in giro di una “lista Tsipras” ci sarebbe bisogno soprattutto adesso, perché in tanti non hanno voglia di morire renziani o grillini (berlusconiani vabbè, inutile anche specificarlo). Il problema è che alcuni vorrebbero pure morire, ma non sanno come.

Così da giornalista, da giornalista simpatizzante, ho fatto una telefonata a chi forse poteva rispondere alla mia domanda iniziale: «Scusa, ma che fine ha fatto la lista Tsipras?».

La sua risposta è stata questa:

«Dunque, da dove comincio? Cominciamo dal fatto che la lista ha preso il 4 per cento non si sa come (o meglio: con il lavoro fatto sui territori e con i voti di Sel e Prc), e poi s’è praticamente eclissata dal dibattito politico nazionale, incartandosi in questi due mesi sulla questione tutta interna se dobbiamo o meno candidarci alle regionali. Da qui, la spinosissima questione: “ma Sel è cattiva e deve finire male o è la salvezza?”.

La corrente più forte dice che Sel è la morte, non ci si può assolutamente mai alleare con il Pd manco sui singoli provvedimenti, neanche a livello territoriale perché il Pd, come Sel, è la morte. Per loro, per essere brevi e schematici, “allearsi con il Pd (magari sull’immigrazione) è come allearsi con la Lega Nord (sul NoTav)”. Questa lotta perpetua a Sel è francamente inutile, così come inutile è continuare a dibattere di una eventuale candidatura alle regionali: oggettivamente, non abbiamo la forza politica né mediatica per candidarci a marzo. Se volevano candidarsi, dovevano lavorare a questo già dal 27 maggio, cosa che non è stata (scientemente?) fatta. Per ricostruire qualcosa dovevamo cominciare ieri. Per dire che siamo in ritardo, e ogni giorno che passa la lista muore di più.

Detto questo, al momento la lista, dopo l’assemblea del 19 luglio scorso, ha approvato che si formasse un coordinamento che servisse a fare in autunno qualche campagna (su scuola, immigrazione, reddito minimo, cose così). Il problema è che questo coordinamento è stato fatto su auto candidatura e in finale ha dentro 221 persone. Una follia. Ci sono andati praticamente tutti, da ex candidati, a ex garanti, a ex comitato operativo, fino a dirigenti Sel, Prc e Azione Civile. Così come ci sono andati interi comitati territoriali. E poi è sorto un altro problema, e cioè che alcune regioni hanno di fatto “cammellato” il coordinamento: per il Lazio ci sono tipo 35 persone, su 221. Tu immagina cosa può venire fuori da questo coordinamento. Se ci va bene, non ne viene fuori nulla. Se va male, come temo andrà, verrà fuori una guerra tra bande su ogni minima questione.

Inoltre, a parte il coordinamento, la lista adesso è “suddivisa” in 7 gruppi che affrontano temi come democrazia, costituzione, welfare, lavoro. Ovviamente questi gruppi sono formati da un numero spropositato di persone e durante l’assemblea di cui prima sono stati a loro volta suddivisi in sottogruppi per agevolare la discussione. Il problema di tutta questa gestione è che non si vota niente, e quindi alla fine nessuno decide nulla. I coordinatori che in realtà non hanno una identità fisica e carnale ufficiale si celano dietro il “siamo una formazione aperta, pluralista, inclusiva”, ma la realtà è che non c’è la volontà politica di decidere alcunché né di accordarsi.

Per quanto riguarda poi i tre europarlamentari (il cui rapporto con il resto della lista è quotidianamente analizzato, psicanalizzato e sviscerato in una mailing list interna senza ovviamente mai arrivare a nulla) sono talmente scollati dal resto della lista che ormai sono tre pianeti a sé stanti che a stento si confrontano anche tra di loro. Purtroppo non c’è trasparenza da parte loro, né la lista riesce a imporsi in questo senso».

Dopo il deprimente racconto che avete appena letto sopra e di cui tendo a fidarmi a occhi chiusi, e senza entrare nel merito delle varie questioni, ero di nuovo tentato di fregarmene. Ma ci ho ripensato meglio: no, si dovrà pur morire, ma in una maniera decente. E allora continuo a credere che ci sia la necessità di ricostruirla e rinnovarla questa sinistra, e tocca davvero che chi ne ha la responsabilità faccia “un passo indietro per farne due avanti”. Mica me lo sto inventando io eh, ce lo hanno ripetuto in campagna elettorale mille volte: sarà mica che stavano scherzando e volevano solo il nostro voto?

Matteo Pucciarelli

(8 agosto 2014)

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