Sgravi e aggravi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: di Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 11 settembre 2015

Gli sgravi contributivi hanno avuto un tale successo da provocare una certa apprensione nel governo, che dovrà probabilmente dare un’altra raschiata al bilancio dello Stato e rimediare una cifra non indifferente per coprire gli stanziamenti. Spiegano i consulenti del lavoro: “I dati forniti oggi dall’Inps confermano le nostre stime che prevedono un numero di assunzioni agevolate a fine anno di 1.150.000 rapporti di lavoro e una spesa complessiva di poco meno di 5 miliardi dunque una esigenza di copertura di 3 miliardi”. Prepariamoci a nuovi tagli, dunque. Ma in che consistono gli sgravi? Per ogni neoassunto, lo Stato copre l’imprenditore stanziando per lui circa un terzo dello stipendio medio lordo, più o meno 8.000 euro annui a lavoratore. Che c’entra il Jobs act? C’entra in questo, che il neo assunto diventa licenziabile in cambio di un mero indennizzo. Tutto bene? Be’, potremmo dire che questi soldi pubblici sono comunque utili a stabilizzare molti precari (che divengono tuttavia ‘diversamente’ precari, vista la scomparsa dell’art. 18), così come l’Inps appunto certifica.

Oggi, tuttavia, Marta Fana sul ‘manifesto’ fa una considerazione che taglia davvero la testa al toro. Dai dati Inps, dice la giornalista, nel II trimestre 2015 abbiamo avuto 385.467 assunzioni totali (incluse le trasformazioni/stabilizzazioni). Tutte queste hanno goduto degli sgravi contributivi. Si tratta però, dice la Fana, “di un numero spaventosamente superiore a quello relativo agli occupati a tempo indeterminato in più nel trimestre (61mila), come certificato dall’Istat”. Sgravi per quasi 400.000 persone, che hanno prodotto 60.000 nuove assunzioni a tutele crescenti. Un po’ poco, francamente. Tirare fuori altri 3 miliardi di euro per ‘sgravare’ (8.000 euro a neoassunto) gli imprenditori, senza che ciò produca una significativa mole di assunzioni a tempo indeterminato, lascia dunque molto perplessi. Per di più, l’assenza di tutele (ossia dell’art. 18), rende questi lavoratori dei ‘diversamente’ precari. Certo, adesso potranno chiedere il mutuo, come dice Renzi, ma se poi li licenziano come faranno? Nemmeno l’indennità di fine rapporto basterà a contentare le banche, credo.

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