Fonte: facebook
La spinta
di Alfredo Morganti – 1 aprile 2015
C’è già oggi, ma ci sarà ancor più domani, un magmatico ‘gruppone’ al centro dello schieramento politico. Una massa di deputati e di opinione pubblica che si riferisce solidamente a un Capo. Con dentro tante correnti personali, fazioni, clan. Anche mini-partiti (di destra, di sinistra, di centro). Una cosa indistinta nelle idee, al massimo distinguibile per gli uomini che ci sono dentro, ognuno di essi testimone di una fedeltà al proprio gruppo e/o leader di corrente. Molti diranno è giusto così: le idee zavorrano, dividono, ci rendono partigiani. Gli uomini no, gli uomini di questi tempi politicamente miseri trovano sempre un accordo ‘bipartisan’ (come si dice oggi), valutano reciprocamente le rispettive convenienze, sono più ignavi delle idee che espongono sempre meno, meno resistenti. Nel caso, vi sarà un ‘buco nero’ piazzato al centro, grande attrattore di forze e di persone, e poi ai lati del ‘gruppone’ gli sfrizzoli di quel che resterebbe ancor vivo politicamente a destra o a sinistra. Poca roba, comunque, con la legge elettorale che si sta approvando. Come ha detto la Bindi ieri, il partito (unico) della nazione impedirebbe proprio il dispiegarsi del bipolarismo di cui tutti sarebbero, invece, estimatori (a chiacchiere), Renzi compreso. Io aggiungo che questo partito zavorrerebbe la democrazia, la schiaccerebbe progressivamente sino a soffocarla del tutto.
Oggi Bersani su ‘Repubblica’ alza il livello di allarme: “Renzi vuole l’abolizione della rappresentanza. Punta a una sistema che non esiste da nessun’altra parte al mondo e che non ci copierà proprio nessuno perché l’Europa ma anche gli Stati uniti non sono governati da baluba. Lì si rispetta il voto popolare e si cerca di comporre le forze e i programmi per rappresentare società complesse in un momento molto difficile. Qui da noi no”. Il partito (unico) della nazione punta, a mio parere, ad abolire la rappresentanza. Si ‘autoimporrebbe’ direttamente come ‘esecutivo’, come potere del ‘fare’ tecnico, dell’operare super partes, che in Parlamento cerca solo ratifiche (magari in streaming). Alla crisi della fiducia e della rappresentanza, il PDR risponde con un approfondimento di questa crisi, con la concentrazione massima dei poteri dentro l’esecutivo. Una deriva che sospinge la democrazia verso il vertice della piramide di potere, e la allontana ancor più dalla base. Un solco che dovrebbe sanare un solco, questa sarebbe la ricetta: ma non è omeopatia, è un evidente impossibilità logica. Perché accade questo? Per mille ragioni, a partire dagli effetti di una riscossa delle oligarchie economiche di questo Paese ai danni del lavoro e del disagio sociale. Ma, dice Bersani, anche a causa di “un’ignavia diffusa. L’establishment italiano è una vergogna. Sono 4-5 poteri che dicono: andiamo avanti, corriamo. E non si chiedono se andiamo avanti per la strada giusta o verso il precipizio”. L’ideologia del fare, della fretta, della velocità, è l’ultima truffa insomma. I danni li valuteremo più avanti, purtroppo.
Abisso, precipizio. Metafore che non lasciano dubbi su quale possa essere l’esito finale della corsa renziana (per la sinistra, ma soprattutto per il Paese). Oggi D’Alema, in un’intervista al Corsera, denuncia in fondo la stessa inquietudine: “Prima è stato abolito il finanziamento pubblico dei partiti, ora si criminalizza il finanziamento privato della politica. E dopo che resterà?”. Ragiona, certo, in merito alla propria vicenda personale. Eppure il suo interrogativo spazia attorno, tocca un tema essenziale. Questo: che fine farà la politica in questo Paese, che ne resterà? Schiacciata da un ‘gruppone’ di smanettatori politici, da una parte; in mano a poteri irresponsabili per un altro verso; privata di risorse e idee, e ridotta a uomini che si battono per se stessi da un’altra parte ancora. È proprio questo scenario fosco che rende oggi indispensabile un salto di qualità, uno scatto, la chiamata a raccolta di energie altrimenti disperse, neutralizzate, loro sì ‘scisse’ nel peggior modo.
Una chiamata coraggiosa (senza coraggio la politica non esiste), che è pure una nuova speranza. Una scelta di fondo, che è pure una risposta alla deriva, alla ignavia, allo strapotere dei poteri irresponsabili. Una svolta che sarebbe finalmente dalla parte degli ultimi. Ecco. Pensate agli ultimi in questi giorni, non ai ‘primi’, non alle loro scelte scellerate, non alla loro voglia incessante di ‘potere’. Pensate agli ultimi, che per la sinistra restano la migliore fonte di ispirazione. E datela questa spinta, fatelo questo salto verso un grande partito della sinistra italiana, quello che oggi non c’è più. Ne abbiamo necessità tutti, quelli che non si sentono più rappresentati, ma pure quelli che non sono d’accordo con noi! Pensate. È nell’interesse del Paese. Sarebbe una scelta ‘nazionale’, la risposta a un bisogno di tutti, anche di quelli che si sentono ‘vincenti’ e noi, invece, i ‘sorpassati’. Pensateci. Diteci che ci state pensando. Sarebbe vita nuova per molti.