Travaglio: Berlusconi, la mafia e il riciclaggio. Cane non morde cane

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Marco Travaglio
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Travaglio: Berlusconi, la mafia e il riciclaggio. Cane non morde cane

Non c’è niente da fare: è più forte di lui. Ci prova a manifestare per il giornalismo d’inchiesta, a empatizzare con Ranucci, ma poi torna sempre all’ovile del potere. Se ne sente parte e fa fronte comune. È il giornalista-tipo italiano: quando vede Report, o legge il Fatto, o gli parlano di Assange, chiama l’esorcista. Ora è sotto choc perché in Francia hanno osato arrestare Sarkòzy: un ex presidente, dove andremo a finire signora mia! Anziché lodare la Francia perché almeno lì, ogni tanto, la legge sembra uguale per tutti, e il sito Mediapart che svelò i finanziamenti di Gheddafi allo statista-delinquente che poi bombardò il colonnello tappandogli la bocca, giornaloni e giornalini lacrimano come viti tagliate per il Pellico transalpino rinchiuso “in una cella di 11 metri quadri” a “scrivere le sue prigioni”. Povera stella: per uno con tre condanne a un totale di 9 anni di galera, preferivano un attico e superattico.

Poi c’è l’altro Silvio: non Pellico, ma B.. Quanto hanno sofferto per quelle brutte accuse di rapporti con la mafia che pm e giornalisti deviati gli hanno scagliato addosso per 30 anni. Non vedevano l’ora di dire che non era vero niente e finalmente quell’ora è arrivata: la Cassazione ha dato ragione alla Corte d’appello di Palermo, che aveva rigettato la richiesta della Procura di sorvegliare Dell’Utri e sequestrargli i beni. Secondo i pm, B. lo riempiva di soldi per pagare il suo silenzio sui rapporti con la mafia e il riciclaggio. La Cassazione conferma la Corte d’appello (anche se non si sa ancora con quali motivazioni): non ci sono prove di riciclaggio di soldi mafiosi nelle aziende berlusconiane né di reati mafiosi da parte di B.. Un’ovvietà: altrimenti B. sarebbe stato condannato per riciclaggio e concorso esterno, invece fu archiviato perché quei rapporti B. li intratteneva e li sfruttava da par suo, ma da “utilizzatore finale” li faceva gestire a Dell’Utri. Che infatti la Cassazione condannò a 7 anni per concorso esterno per “l’accordo di reciproco interesse concluso nel 1974 tra Cosa Nostra, rappresentata dai boss Bontade e Teresi, e l’imprenditore Berlusconi… grazie alla mediazione di Dell’Utri… In cambio della protezione assicurata, Silvio Berlusconi iniziò a corrispondere, a partire dal 1974, agli esponenti di Cosa Nostra, per il tramite di Dell’Utri, cospicue somme di denaro… sino al 1992”, l’anno delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Ora CorriereRepStampa, GiornaleLibero e Foglio, dopo tante atroci sofferenze, fanno dire alla Cassazione ciò che non ha mai detto (né poteva dire, avendo già accertato l’opposto): e cioè che B. “non aveva rapporti con la mafia”. Si limitò a finanziarla per 28 anni in comode rate semestrali tramite Dell’Utri in cambio di favori. Che brava persona.

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