ANCORA SUL CONFLITTO RUSSO-OCCIDENTALE PER PROCURA
UCRAINA: LA CENSURA DEMOCRATICA
Siamo fermamente contrari all’anonimato: anzi, la situazione si sta facendo troppo seria per consentire certe forme di troppo facile autodifesa. Ma proprio perché da anni siamo abituati a pagare il prezzo della nostra lealtà, comprendiamo le ragioni di chi si sente troppo fragile e indifeso in un mondo segnato dal conformismo e dalla prevaricazione. Non vogliamo rendere troppo facile la vita e la vittoria di quanti hanno il coltello dalla parte del manico. Ecco perché riteniamo talvolta utile e legittimo dar voce a chi sa che apporre una firma a un documento pubblicato potrebbe costargli molto caro. Qui si presentano fatti e si formulano giudizi: con semplicità ed equilibrio. Ascoltiamo.
RIFLESSIONI DI UNA DOCENTE SULLA VICENDA DEL FILM “IL TESTIMONE”
Sono XXX, e vorrei che la mia identità rimanesse nascosta. Volevo vedere “Il Testimone” al Teatro dell’Affratellamento a fine gennaio, incuriosita dal clamore che aveva suscitato a Bologna, dove ne era stata bloccata la visione. Avevo guardato le interviste ad Andrea Lucidi e Vincenzo Lorusso, che raccontavano il film come assolutamente una storia non “contro” gli ucraini, ma volto a raccontare la guerra da una diversa prospettiva.
Avevo già fissato con un’amica, di andare a vedere il film. Quando però ho visto che il Teatro dell’Affratellamento non aveva ancora modificato la programmazione settimanale per inserirne la visione, mi sono insospettita… mah… sarà che lo fanno vedere ho detto alla mia amica. Bastano poche ora per capire che il film non verrà più proiettato, per volere del sindaco Nardella, nella nota vicenda già finita sui giornali.
Vengo quindi contattata da un gruppo di cittadini non appartenenti ad alcuno schieramento politico, che mi propone di provare a cercare di proiettarlo al cinema Grotta di Sesto Fiorentino, previo il riuscire a trovare due esperti nel settore che contestualizzino il film, per aiutare a trovarne punti condivisibili e/o punti di pura propaganda. Questo nell’intento di trovare una mediazione a questa realtà di guerra che ci viene presentata essenzialmente a senso unico.
Un esperto c’è. È il prof. Franco Cardini, che accetta. Si è già esposto su Il Fatto Quotidiano.
Mi metto a pensare, tra i miei contatti, a chi potrebbe avere l’esperienza per sostenere le ragioni della parte Ucraina, che pure è scesa in guerra e sta combattendo da due anni con ingenti perdite di militari e civili; parte ucraina che si ritiene venga offesa dal film.
Parlo con alcuni esperti di politica internazionale, giornalisti, storici. Propongo loro di intervenire al dibattito dopo la proiezione del film.
La risposta è più o meno sempre la stessa: non si vede assolutamente l’opportunità politica di dare una sponda alla propaganda russa proiettando il film, peraltro prodotto scadente che ha pure fatto flop al botteghino russo. Uno storico, tra i docenti interpellati, mi dice che questi metodi di propaganda sono noti nell’Europa orientale e provengono dai metodi della vecchia URSS, con gli stessi schemi. Che questo film è già stato proiettato in città minori in Italia, dove maggiormente attecchiscono queste realtà filoputiniane.
Provo ad obiettare che, anche se fosse pura propaganda, ne abbiamo vista tanta a firma USA, senza che neanche ce la contestualizzassero. Primo fra tutti il film La vita è bella, con i carrarmati USA che liberano il campo di Auschwitz (un noto ed evidente falso storico). Oltre a tutto il filone dei film Western contro i nativi americani, e che in ogni film USA viene sbandierata una gigantesca bandiera a stelle e strisce spesso a schermo intero.
E che quindi non penso che saranno due ore di propaganda russa a farci cambiare idea sul fatto che sia stata la Russia ad aggredire militarmente l’Ucraina e non viceversa.
Piuttosto invece la mia impressione, in questa vicenda, è che venga leso il diritto del cittadino di vedere un prodotto artistico che proviene dall’altra parte del muro. Perché io, che ho visto durante le scuole superiori l’abbattersi del Muro di Berlino, avverto chiaramente quanto velocemente quel muro adesso sia stato ritirato su in fretta e furia, e con grossolane semplificazioni.
E mi sono sentita vittima dell’autoritarismo occidentale. Il fatto che non voglio che si sappia il mio nome la dice lunga sul clima che si respira. Non sono ancora in pensione, ho ancora da fare il mio percorso in Università. Avverto che sul tema c’è già in azione un servizio di 007 volto ad arginare la propaganda del film. Avverto chiaramente da quale parte bisogna stare.
In realtà io non volevo stare da nessuna parte. In una guerra generalmente le colpe vengono da ambo le parti, ho sempre pensato.
Sono sempre stata una pacifista convinta, da piccola i miei genitori (ebbene sì, comunisti, si può dire?) mi portavano ad Assisi a marciare 25 chilometri per la pace. Questa la mia provenienza. Ho imparato purtroppo, in particolare negli anni della pandemia COVID, che però anche la sinistra può essere fascista ed autoritaria così come lo è la destra. E che quindi l’autoritarismo necessita di essere smascherato nel merito delle varie questioni, e non ingabbiato in ideologie. Questo il mio pensiero.
Penso che abbiamo bisogno di dialogo, di confronto, di messa in discussione di ogni versione, per trovare un punto di incontro comune, per ricostruire una pace, ed un luogo in cui si sta bene tutti, russi ed ucraini ed europei insieme.
In ultima analisi abbiamo bisogno di essere liberi, soprattutto liberi dai punti di vista che ci oppongono. Ma soprattutto abbiamo perso la libertà di giudicare per noi, e di comprendere con il filtro della nostra sensibilità e del nostro raziocinio. Una società che impone un pensiero, che dice che cosa è buono e cosa giusto, e indica cosa è sbagliato, che non mi mette nella condizione di esser sufficientemente libera e capace per educarmi a maturare un mio pensiero, mi fa molta paura.
E il film, comunque, pare che nessuno lo abbia visto.
Vorrei concludere la mia testimonianza dicendo che poi il film alla fine sono riuscita a vederlo, in un piccolo circolo Arci fiorentino. Il film è effettivamente di scarsa qualità artistica. A cominciare dalla scelta della lingua. Tutto doppiato in russo (e sottotitolato in italiano), anche i due stranieri incluso il protagonista parlano russo nel film. Quando la questione dell’imposizione della lingua Ucraina nel Donbass sapevo essere un aspetto importante, per gli abitanti del Donbass.
Ed è un film che ribalta completamente la prospettiva che ci è stata raccontata. Non si vedono russi nel film, tranne un ultimo soldato, che salva il protagonista in un teatro di guerra dove è abbastanza inverosimile che lui sia rimasto l’ultimo sopravvissuto.
Nel film si raccontano essenzialmente gli orrori del battaglione Azov e dell’uccisione di civili ucraini e filorussi o disertori della guerra.
Il film ha una dinamica lenta, che ricorda i film di altri tempi. Niente di ché dal punto di vista della regia, un prodotto abbastanza scadente nel suo complesso.
E sì, è effettivamente un film di propaganda nel senso che la versione che viene data è così esagerata dall’altra parte da risultare poco verosimile. L’effetto che ha avuto su di me è quello opposto, cioè proprio quello di capire come anche il regime russo manipoli continuamente l’opinione pubblica. Ma già questo lo sapevo.
Quindi torno alla mia domanda: perché si ha così paura a proiettare questo film? Siamo spaventati che due ore di propaganda russa possano cambiare quello che la gente pensa del regime di Putin?
Di nuovo, come con la pandemia da Covid, ci trattano da bambini che non riescono a pensare da soli?
Abbiamo bisogno di essere manipolati per accettare l’idea di essere in guerra contro la Russia? Forse è proprio così, perché la guerra nessuno la vuole. Per accettarla dobbiamo essere convinti di stare dalla parte giusta.
Fuori dal circolo Arci dove eravamo (una cinquantina, non di più) a vedere la proiezione, un paio di camionette della polizia in sorveglianza di questo piccolo gruppo di fanatici filoputiniani (non mi sembrava proprio, a vederli così). E, colui che mi è sembrato il direttore del circolo, ci ha avvertito che la Polizia voleva i nomi e cognomi di tutti i presenti (cosa voleva farne? fornirli direttamente a Zelensky?) ma che lui non aveva voluto darli, e ci ha raccomandato di uscire tranquilli e compatti dal circolo.
Una testimonianza semplice, pulita, assolutamente rispettabile. Ignoriamo quanto il giudizio espresso sia in tutto esatto, ma ciò costituisce un problema secondario. Peraltro, se il film in questione è così debole e maldestro – ed è probabilissimo che davvero lo sia – perché mai averne tanta paura ingenuamente nascosta dietro un velo di più che prevedibile disprezzo, per giunta così facile da essere smascherato?
La solita coniglite, diremmo. Ma non abbandoniamoci a gratuite offese. Il povero coniglio è un animale timido e simpatico: perché farne l’oggetto di paragoni aberranti confrontandolo con animali umani tanto inferiori a lui per dignità?