Un paio di telefonate

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alessandro Gilioli
Fonte: L'Espresso
Url fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/04/05/un-paio-di-telefonate/

di Alessandro Gilioli – 6 aprile 2016

Credo che non si comprenda molto di quello avviene nel governo e attorno al governo se si sorvola sul tema dei poteri forti: quelli che ha citato il ministro Boschi nella sua autodifesa («I poteri forti sono contro di noi»).

mariaelena-boschi1-990x508-300x153

Perché qui si tratta prima di tutto di intendersi su che cosa sono questi poteri forti di cui tanto si parla.

I miei amici renziani – e con loro, suppongo, chi li rappresenta – intendono come tali tutti coloro che a ragione o a torto difendono una posizione pregressa messa a rischio di peggioramento dai cambiamenti voluti dal governo Renzi – o dai suoi propositi.

Così, ad esempio, i sindacati e i sindacalisti: contro cui infatti Renzi spesso si scaglia; ma anche i magistrati (ricordate la polemica sulle ferie dei giudici, nel prima di quella attuale su Potenza?); i professori universitari – anzi, i professoroni – e talvolta i giornalisti, benché la maggior parte di loro (di noi) si sia serenamente accodata al nuovo ordine; più qualche intemerata sugli statali.

Si tratta di categorie poco amate in giro, in effetti: e talvolta a ragione. Categorie che spesso hanno goduto e continuano a godere di privilegi e di rendite di posizione a cui sono rimaste attaccate come koala in tempi di precariato quasi universale. Facile attaccarle, difficile difenderle.

Ma sono questi i poteri forti in Italia?

Di nuovo, qui si tratta di intendersi.

Perché forse i poteri forti, in questo Paese, sono soprattutto altri: banchieri, finanzieri, costruttori, immobiliaristi, grossi imprenditori con poltrone incrociate in mille consigli di amministrazione, manager da un milione di euro all’anno in su e con buonuscite da spavento, boiardi di Stato con redditi simili e mani in pasta a destra e sinistra, più naturalmente i grandi evasori ed elusori che attraversano tutte le categorie suindicate.

In sostanza, sto parlando dell’uno per cento più ricco del Paese, che possiede un quarto della ricchezza nazionale. O, se volete allargare un po’ il campo, di quel 10 per cento che ha beni liquidi o immobili per 2000 miliardi, una cifra pari a metà di tutto il risparmio privato italiano e più o meno equivalente alla totalità del debito dello Stato.

Ora, sarebbe interessante sapere che cosa questa élite, proprietaria anche di molti media e animatrice delle maggiori lobby, pensa di Renzi. E come si pone nei suoi confronti.

Perché se guardiamo la storia recente – dal 2010 in poi, diciamo – il suo posizionamento appare abbastanza chiaro: abbandonato Berlusconi per i suoi troppi pasticci e il suo crollo di credibilità, prima si è schierata con Monti, poi con Letta.

Naufragati entrambi, si è avvicinata a Renzi: chi finanziandone subito le Leopolde, chi incontrandolo alla spicciolata nei salotti giusti per poi farsene sponsor. E anche: chi confidando che facesse lui la “rivoluzione liberale” promessa da Berlusconi, chi solo vedendolo come ancora di salvezza e garanzia di stabilità di fronte all’ignoto rappresentato dalle possibili alternative, cioè Il M5S e la destra ormai salvinizzata.

Del resto, si sa che il primo termometro dei poteri forti in Italia è il Corriere della Sera: e quello che lì è successo 14 mesi dopo l’ingresso di Renzi a Palazzo Chigi lascia pochi dubbi sul posizionamento delle élite italiane.

Ma più in generale, il consenso dei maggiori media allo status quo ha solo due precedenti peggiori, negli ultimi trent’anni: il tempo della solidarietà nazionale (1976-1979) e quello appunto del governo Monti. O andando ancora più indietro, gli anni ’50: quando nel nostro Paese c’era tutta la stampa conformemente col governo tranne, voce isolata, “l’Unità”. Per paradosso della storia, oggi testata capofila del Minculpop filogovernativo.

S’intende: l’appoggio delle élite a Renzi è del tutto legittimo – e anche comprensibile, in una condizione della politica nostrana lontana dal bipolarismo quieto e “fair” di altri Paesi. Ma lo sarebbe un po’ di più se avvenisse in piena trasparenza e se il ministro Boschi non sfiorasse il paradosso dicendo l’opposto.

Ecco: con rispetto, quelle di Boschi sui “poteri forti che sono contro il governo” sono davvero sciocchezze.

E non perché suo padre sia l’ex numero due di Banca Etruria e suo fratello ne fosse un dipendente, come sostiene Di Battista. Ma semplicemente perché le élite economiche e finanziarie di questo Paese – quelle vere – stanno con Renzi – almeno per il momento, e finché gli conviene – non contro di lui.

Anche Boschi probabilmente lo sa, e ciurla nel manico gabellando per “poteri forti” qualche residuo di corpi intermedi, categorie ormai perlopiù sfigate, forse antipatiche e spesso antiquate, ma lontane dalla punta della piramide economica e finanziaria.

Che è invece quella a cui bastano un paio di telefonate per far passare l’emendamento amico.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.