UNA FIABA DI FINE ESTATE

per Filoteo Nicolini

UNA FIABA DI FINE ESTATE

  

C’era una volta un filosofo che camminava per la sua solita passeggiata nel boschetto vicino casa. Tempi duri quelli per la filosofia! La filosofia era stata nel passato la scienza universale da cui erano derivate le altre che oggi coltiviamo, ma ora era costretta a giustificare la propria esistenza, a dire per quali ragioni sosteneva certe idee, e cose del genere.

Il filosofo procedeva di buona lena e come sempre era avvolto nei suoi pensieri, quando cominciò a prestare attenzione…alla propria ombra proiettata sulla strada. Aveva il sole alle spalle, e vedeva la sua ombra muoversi con lui. Ad un certo punto, si accorse che la testa era trasportata, leggiadra e ben appoggiata su collo e spalle, al tempo che le gambe e le braccia si muovevano col ritmo abituale.

Strano, no? Eppure, non l’aveva mai notato prima! E non riusciva a distogliere il pensiero da quell’immagine. Braccia e gambe in movimento, la testa ferma. Gli arti non sono in quiete, il capo sì, pensò. Ogni indagine comincia con una buona osservazione, si disse sorridendo, gli occhi ben aperti. Che cosa vorrà dire?

    Io penso nel capo e voglio nelle membra, gli parve di capire. Gli arti si muovono, e la testa si lascia condurre, e dall’alto sembra stare sul ponte di comando. Brindo per lei, splendida nel suo incedere, prodigiosa nelle sue pensate! Ma il mistero rimaneva. Assorto nei suoi pensieri, continuò la sua passeggiata fino alla panchina dove era solito sedersi. E lì vide una farfalla svolazzargli intorno, fino a quando si posò sulla panca proprio vicino a lui. Che bellezza!

Intanto pensava: “Senza presunzione e riferimenti personali: il capo mi sembra la mia parte più perfetta, in sé conclusa.” E lanciandosi in una ardita ipotesi, tra il filosofico e il fisiologico, continuò nel suo soliloquio: “Nel capo le forze formative sembrano giunte a una conclusione, a una stasi, infatti esso si lascia condurre, ha già compiuto il suo ciclo.”

E gli parve allora di udire una vocina, sottile e dolce, che gli sussurrava all’orecchio: “Sì, è proprio così! Professore, la testa molto tempo fa era mobile e malleabile, ma ora si è consolidata, indurita.” La vocina era della farfalla, che ora sembrava guardarlo, e lo ammaliavo con i lenti movimenti delle ali.

Poi udì distintamente: “È una metamorfosi di figure del lontanissimo passato, e la forma dura attuale della sua testa, molto dura, deriva dal raffreddamento terrestre.” La farfalla si era lentamente avvicinata alla sua mano.  “Ovèro??” esclamò stupito il filosofo, rivelando inavvertitamente le sue origini napoletane. E aggiunse: “Giusto, il solido, la terra. E prima vi fu l’acqua, e prima ancora l’aria, e in principio il fuoco e il calore, , Empedocle! Ma sì, questa testolina oggi consolidata fu nel passato malleabile, fluida. Perché non lo avevo pensato prima?”

Proprio così, continuò la vocina. Veda, noi farfalle eravamo presenti in quell’epoca remotissima quando il suo capo nel primo abbozzo si originò dal Cosmo intero. Il Cosmo era veramente puro calore.  Noi farfalle siamo esseri sui quali il Cosmo prodigò da fuori tutte le sue magnificenze, mentre si formava il primo germe di quello che sarebbe divenuta poi la sua testa durante le epoche seguenti.

Il filosofo, tra commosso e rapito dalle rivelazioni, riandò con la mente a quando nei tempi antichi si chiamava “bellezza” ciò che ci forma dal Cosmo, il capo rotondo non era poi figlio della figura perfetta detta cerchio?

Ma la farfalla volò via, e il filosofo se ne dispiacque, seppure ne vedesse tante altre volare nel boschetto e sui prati. Un ragnetto sul bordo della panchina sembrava ammiccare mentre girovagava.

Ma non sono fatto solo di testa, pensò il professore, preso improvvisamente da ripetuti starnuti per via del polline, lui che era un poco allergico. Si incamminò di buon passo verso casa. Si sentiva trasformato, arricchito. E da solo, sullo spunto di quanto suggerito dalla farfalla, cominciò ora a pensare che nella fase solida della Terra i suoi antenati avessero sollevato al cielo il loro capo e conquistata la forza di erigersi. La Terra aveva dato forma al sistema degli arti! Gli arti e le membra, quindi, furono gli ultimi a svilupparsi!

E continuò pensando che le membra e gli arti sono l’ultima parte che si è aggiunta. Sono ancora in movimento. È come un’immagine che non ha ancora assunto le sue forme definitive, ma a cui si sta appena lavorando. Sono un punto di partenza per l’avvenire.

Io penso nel capo e voglio nelle membra, la frase che aveva dato inizio alla ricerca risuonava nella sua anima. Era contento, perché il suo rappresentare si era arricchito, era pensiero pienamente cosciente e allo stesso tempo, colmo di feconde immaginazioni su cui meditare. E, felice, si concesse il giusto riposo.

IMMAGINE: Cesar Rengifo

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