UNA VISITA ALLA VENEZUELA DI OGGI

per Filoteo Nicolini

UNA VISITA ALLA VENEZUELA DI OGGI
Sto viaggiando dopo cinque anni di assenza a rivedere mia figlia e i nipotini. Sceso dall’aereo, sono le 15 ora locale, mi avvio per un lungo corridoio che reca i colori
nazionali e mete lontane della Rivoluzione bolivariana. Un assaggio di retorica che sfugge ai
più, stanchi dal lungo viaggio e dal caldo che comincia a farsi sentire. Per timbrare il
passaporto hanno predisposto dei casotti degni del Grande Fratello, dove si cela il funzionario di immigrazione. Il citofono non aiuta molto nella comunicazione dei dati richiesti, una fotocamera esterna riprende il volto del cittadino, fino a quando il timbro di entrata viene posto e si compiono i tramiti doganali. Finalmente accedo alla zona degli arrivi e lì mi riunisco con i miei cari, iniziando allo stesso tempo a liberarmi di berretto maglione e giaccone perché ormai siamo al sole dei Tropici. La seconda cosa che mi viene incontro è la lingua castigliana e le sue tonalità tipiche e l’immancabile gestualità. Ma in agguato c’è l’aria che a me pare irrespirabile, satura com’è di
fumi di combustibili dovuti alle auto e gli autobus. Sono quasi tutti vecchi modelli che non passerebbero una revisione relativa alle emissioni dannose per la salute. Mia figliami dice che tutto ciò dipende dagli arrivi del combustibile importato (!) e dal fornitore internazionale.
Il cattivo odore mi accompagnerà tutti questi giorni. Quando salgo a Caracas l’autobus è privo di aria condizionata e quindi si viaggia con i finestrini aperti, agli incroci e per strada è un piccolo calvario, poi vicino alle lunghe file di veicoli davanti alle pompe di combustibile, che sono in attesa dell’arrivo della cisterna. Chi nella fila possiede un auto con l’aria condizionata funzionante, lascia spesso il motore acceso per rinfrescarsi, e l’attesa può durare ore. Tanto il
prezzo del combustibile è irrisorio. Ad occhio e croce Venezuela deve essere la Nazione che più inquina per numero di abitanti. Si respira negli spazi urbani un’aria che certamente inciderà sulla salute, soprattutto dei più piccoli esposti.
Uno spostamento nel metro di Caracas costituisce una esperienza unica, una immersione nella realtà sociale del popolo. Anche qui l’aria è viziata al massimo per l’affollamento. Ogni
volta che viaggio osservo rattristato un campione di tragica umanità. Venditori ambulanti che deambulano avanti e dietro annunciando a voce alta il prodotto e l’offerta del giorno Mendicanti che a passo lento percorrono l’esiguo spazio. Addirittura ne ho osservato uno che avanzava con difficoltà in sedia a rotelle aprendosi spazio. Gli sguardi sono sfuggenti, spesso rivolti verso il basso. La gente si veste come può per coprirsi, avrà fatto miracoli per lavare i
panni e curare l’igiene personale. L’appartamento che occupo in questo breve soggiorno riceve acqua per 1 ora o poco più ogni due giorni, e devo provvedere a riempire secchi e bidoncini disposti strategicamente. Gli altri
inquilini hanno istallato serbatoi in terrazza quale riserva, ma io ne sono sprovvisto. È una esperienza a suo modo edificante quella di risparmiare ed apprendere a fare la doccia con una ciotola e un solo secchio d’acqua a disposizione. O a lavare piatti e stoviglie senza il getto d’acqua del rubinetto. L’elettricità per ora non sta mancando e almeno ho un ventilatore per mitigare l’afa. Mi preparo per i giorni di Carnevale, quando le spiagge si affollano e l’acqua scarseggera’ ancora di più. La prima impressione è stata di scoraggiamento quando la coscienza riflette su sé stessa e sente quello che prova, senza razionalizzare. La sensazione di assistere a una involuzione, incui le anime sono risucchiate verso il basso, sempre più nelle necessità materiali, senza via di risalita alla vista. Dico esto perché è una sensazione che provo io stesso: essere trascinato verso i livelli più bassi della condizione umana. Me ne sottraggo perché compenso il
disequilibrio con una lettura, una meditazione, la contemplazione di un quadro. Ieri
nell’autobus uno studente di ingegneria era immerso nei suoi esercizi di matematica, nel
mezzo di una musica assordante, preso dai suoi appunti, seduto scomodo su un sedile senza più braccioli né stabilità. Me ne rallegrai in cuor mio. C’è ancora speranza nel coltivare studi e riflessioni.
L’altra sensazione che si fa presente è quella di assistere a uno spettacolo ubi quo di diffusa e crescente bruttezza. Ci si abitua al panorama urbano e sociale anche inconsciamente, una rassegnazione che diviene consuetudine. È mia convinzione che abituarsi al brutto impoverisce e deprime l’anima, è l’altra medaglia dell’essere trascinati verso il basso. La vegetazione è lussuriosa ma da sempre assediata dal cemento e da costruzioni frutto della necessità, quindi di dubbia qualità estetica che dominano la vista e deprimono. Case e tuguri
precari senza servizi igienici e prive di intonaco. La raccolta dei rifiuti urbani è intermittente e senza la differenziata all’origine. Strade e avenidas dal precario assetto, eppure Venezuela ha asfalto in abbondanza. Le deficienze di manutenzione sono state croniche e si sono accentuate col trascorrere degli anni. Quanta povertà, miseria e rassegnazione mi circonda! Non riesco a percepire una volontà collettiva di superare le terribili diseguaglianze e le ingiustizie sociali, né i malesseri
dell’anima. FILOTEO NICOLINI
Immagine: CESAR RENGIFO, artista venezuelano

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