da il Simplicissimus 22 giugno 2014
Uno scrittore francese di cui non ricordo il nome attribuì la decadenza intellettuale dell’Italia, dopo il Rinascimento, all’eccessivo consumo di pasta, dal che si deduce che la stupidità ha un suo posto anche in letteratura. Peccato però che nonostante il pollo su ogni tavolo, l’avvento della pallida fettina di vitello, retaggio di chi la carne non la mangiava spesso e non la conosceva, la promessa dei quattro salti in padella o i generosi sforzi di Capitan Findus, la situazione non sembra migliorare. Solo così si può spiegare il fatto che un Paese intero si faccia prendere regolarmente per il naso da un sistema politico -mediatico che spaccia paradisi artificiali in maniera talmente grossolana e scoperta da far invidia ai cartelli colombiani.
Mi chiedo come si possa sopportare la beffa di un ministro dell’economia il quale auspica che qualcuno abbassi le tasse quando è proprio lui che dovrebbe farlo. O quello di ministri e politici soprresi che sia spuntata fuori a loro insaputa la faccenda dell’immunità dei senatori. E come sia possibile che si guardi con fiducia a un premier che si sottomette completamente a quei trattati capestro che voleva cambiare prima delle elezioni, che fa ponti d’oro all’ultra conservatore Juncker, assertore nei rari momenti di sobrietà dello stau quo europeo e lo accetti a capo della commissione Ue, come Merkel comanda, salvo poi indossare i panni del miles gloriosus assieme al collega d’armi e di fuffa Hollande per farsi campione di una patetica, inconsistente e vaga lotta per la flessibilità sui parametri. Tuttavia il porno giornale Europa Quotidiano dice che “passa la dottrina Renzi” e non è nemmeno vietato ai minori di diciotto anni esposti così alla sconcertante visione della sodomia politica.
E’ un mistero la ragione per cui gli italiani non capiscano ciò che persino un bambino comprenderebbe: che la forza data a Renzi e alle sue larghe intese di fatto, non migliora per nulla la nostra capacità contrattuale, anzi la indebolisce e la annulla perché il combinato disposto di poteri finanziari ed egoismi nazionali, chiude semmai un occhio solo se i “suoi” uomini e i “suoi”governi sono deboli e rischiano un bagno. Di fatto il voto italiano ha salvato questa Europa e la dottrina dell’austerità e ora ne coglierà tutti i frutti.
Mi chiedo con che faccia commentatori da strapazzo, del resto quelli che passa il convento mediatico italiano, parlino, mentendo per la gola, di ripresa in Spagna e vantino il fatto che a Madrid abbiano abbassato le tasse, a riprova della bontà delle ricette europee. In effetti il nuovo re, Felipe non so che numero, ha tenuto un discorso d’investitura in cui ha parlato di poveri ed ecco che il governo segue annunciando per l’ennesima volta un consistente taglio dell’aliquota massimale dell’Irpef locale, vale a dire una bella sforbiciata a chi guadagna più di 300 mila euro l’anno. C’è da notare poi che la riforma fiscale spagnola, così come emerge dal piano messo a punto da un comitato di saggi che per sua stessa ammissione ha fatto tesoro delle raccomandazioni di Ue ed Fmi, è la cosa più reazionaria e bastarda che veda la luce dalla seconda guerra mondiale. Diminuzione dell’aliquota massima dell’Irpef dal 52 al 44% come ci si appresta a fare, ma anche riduzione del 3% dei contributi sociali (quindi pensioni ancor più da fame, meno sanità pubblica e meno tutele), aumento dell’Iva dal 10% per molti prodotti base al 21% e aumento compensativo della tassazione indiretta che come si sa non è progressiva, riduzione delle tasse sugli utili delle società da 32 al 20%, riduzione delle tasse di successione in maniera fortemente regressiva, più erediti, meno paghi. Insomma un chiarissimo piano per far pagare esclusivamente ai ceti popolari e alle istituzioni democratiche il prezzo della crisi. Naturalmente fino alle elezioni gli unici provvedimenti saranno le diminuzioni d’imposta ai ricchi, per evidenti motivi, così come in Italia gli 80 euro hanno preceduto la stangata da 200 e passa che si avrà dopo l’estate.
Sarà colpa della paella? Del resto una ragione ci sarà se la centralità mondiale spagnola dopo la scoperta delle americhe è durata poco più di un secolo e per giunta sostenuta dalle truppe austro tedesche e dai banchieri genovesi (“Poderoso caballero/ es Don Dinero. (…) viene a morir en España, y està en Génova enterrado”). Ma scherzi a parte fu proprio il declino dei salari nel Seicento e il grande accumulo di ricchezze in mano di pochi a determinare il rapido declino spagnolo. E come si vede i grandi esperimenti sociali della finanza liberista cominciati con la Grecia dove ormai i salari vengono pagati per un terzo in natura e proseguiti con la Spagna dove si va affermando un neo franchismo attualizzato, peraltro benedetto dalla Chiesa e con l’Italia rigettata in pasto alla sua miseranda oligarchia sociale di sempre non lasciano nulla d’intentato sulla luminosa strada del regresso. Qui da noi non c’è nemmeno bisogno di ingaggiare sociologi come fa il Pentagono per fornire modelli di rivolte di massa utilizzabili reprimerle o suscitarle a seconda dei casi: qui persino i più eclatanti nasi di Pinocchio di mettono la faccia.