VICTOR FRANKESTEIN E L’ANTICIPAZIONE DELL’ARTIFICIALE

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: FILOTEO NICOLINI

VICTOR FRANKESTEIN E L’ANTICIPAZIONE DELL’ARTIFICIALE

Un gruppo di amici decide in una notte piovosa di scrivere ognuno un racconto sui fantasmi. Nel gruppo c’è la giovanissima Mary Shelley che prende sul serio l’idea ispirata da una conversazione sulle possibilità delle scoperte della filosofia naturale di riportare in vita un cadavere. Siamo nel clima culturale del tempo in cui la scienza nascente era spettacolo, magia e inquietudine. La storia descrive le vicende del giovane Victor Frankestein, giovane studioso ambizioso che crea una creatura umanoide animata, per poi trovarsi ad affrontare le terribili conseguenze delle sue azioni. Il racconto da un lato espone le preoccupazioni morali legate alle nuove scoperte scientifiche, dall’altro rivela la paternità spirituale delle idee sviluppate, che anticipano profeticamente l’enorme diffusione degli artefatti e dell’artificiale che ci circonda ormai come una seconda natura. Si sta spegnendo la vita, sta crescendo a dismisura l’artificiale. Viviamo in una società in cui l’artificiale ha ormai superato la dimensione naturale. Viviamo, ci “nutriamo” e ci vestiamo di artificiale. Basta uno sguardo alle nostre case, al nostro abbigliamento, ai trasporti, ai farmaci, per strada, nei luoghi di lavoro, nelle città.

Nella storia delle scoperte di Galvani incontriamo certe correnti sotterranee di desiderio e aspettativa nell’animo umano che sembravano trovare una risposta in questo improvviso, grande progresso nella conoscenza dell’elettricità; nell’ispirazione di Mary Shelley la creatura ha origine da un incubo notturno. “Vedevo -a occhi chiusi ma con una percezione mentale acuta- il pallido studioso di arti profane inginocchiato accanto alla “cosa” che aveva messo insieme. Vedevo l’orrenda sagoma di un uomo sdraiato, e poi, all’entrata in funzione di qualche potente macchinario, lo vedevo mostrare segni di vita e muoversi di un movimento impacciato, quasi vitale. Una cosa terrificante, perché terrificante sarebbe stato il risultato di un qualsiasi tentativo umano di imitare lo stupendo meccanismo del Creatore del mondo.”[Parole di Mary Shelley.

Come interpretare ciò che ci viene detto? Secondo la scienza spirituale, i sentimenti di ansia e di paura traggono la loro origine dall’elemento luciferico. Un incubo, in cui come è noto c’è un’alterata respirazione fino alla sensazione di strangolamento, è connesso sempre con la possibilità che Lucifero si inserisca nell’attività di respiro. Vi è poi una esperienza più sottile da svegli ogni volta che qualcosa nell’anima prende la forma di una domanda o di un dubbio: è una esperienza di alterazione impercettibile del respiro, perché un dubbio o una domanda rappresentano dei sottilissimi incubi di cui non ci accorgiamo. È in ogni caso strettamente legato all’elemento luciferico tutto ciò che ci ha a che fare con dubbi e domande, tutto ciò che ci fa sentire insoddisfatti quando il mondo ci viene incontro e ci chiede una risposta, quando siamo costretti a rispondere.

“Ho sentito dire che quando a qualcuno capita di vivere una qualche strana avventura soprannaturale e negromantica, costui, per quanto desideroso di non raccontarla affatto, si senta a più riprese sconquassato come da un terremoto intellettuale e sia quindi costretto a rivelare le profondità del suo animo a qualcun altro.”

Possiamo solo immaginare gli stati d’animo della giovanissima scrittrice, febbrilmente eccitata dalla sfida di redigere un breve racconto sui fantasmi, alimentata da fantasie, tante letture e conversazioni dai contorni imprecisi. È la notte dell’incubo il momento in cui si veicola l’idea o immagine che darà forma al romanzo, e si riconosce a mio avviso la firma luciferica che ispira e anticipa la corsa verso l’artificiale.

L’anima di Mary Shelley, tuttavia, riesce a commuoverci quando ci parla diffusamente su cosa significa essere umani, così come la mostruosa creatura ammonisce più volte il suo creatore!

FILOTEO NICOLINI

Immagine: Mary Shelley

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