1968-2018: cinquant’anni di affermazioni e di negazioni

per mino dentizzi
Autore originale del testo: MINO DENTIZZI

di MINO DENTIZZI  16 dicembre 2018

Alcuni vecchi amici e compagni mi chiedono di rievocare il ’68 campobassano, forse spinti dalla la Francia dove nelle ultime settimane centinaia di migliaia di persone sono state in rivolta contro il Presidente Macron e il suo governo. Cinquanta anni fa (appunto il 1968)  con l’ innocenza di un liceale molisano mi ribellavo contro il sistema nei modi e nelle maniere che ero in grado di attuare, spesso confuse, a volte sproporzionate,e di frequente anche incoscienti. Ma non mi piacciono le commemorazioni. Voglio parlare del presente.

Da quando ho scelto di fare il geriatra e di farlo non in ospedale, ma sul territorio, nelle case della gente, nei piccoli comuni del Molise, ho visto aumentare odio e risentimento soprattutto nei posti abbandonati della regione, delle città e dei paesi e quando lo testimoniavo ne  avevo in cambio solo opposizione e riprovazione. Adesso che il biasimo e l’intolleranza sociale si sono rivoltati contro coloro che credevano di poterli relegare lontano da sé, molti ritengono che sia necessario riproporre le ideologie del passato. Ad essere sincero io mi auspico proprio di no, mi auguro che si comprenda che fratellanza e comunanza umana non si ritrovano nelle ideologie, ma nel riportare il nostro vivere comune e quotidiano  prioritario rispetto alle collocazioni, agli interessi, ai risentimenti. La sinistra italiana (ma anche europea) è da ormai troppo tempo malata di un intellettualismo che  è estrinsecazione di un punto di vista politico, sociale e culturale che la ha collocata al di sopra e staccata dal popolo, una classe politica che sempre più ha preso le sembianze di  una novella nobiltà che ha provato ad avere successo  poggiandosi sul popolo piuttosto che appoggiando il popolo.

Ma è una situazione che viene da lontano, Dai miei primi vagiti politici nel ’68 ho sempre trovato una opposizione totale (perdura da cinquanta anni e persiste tuttora) in quelle persone che si autodefiniscono di sinistra invischiati nel sottogoverno di incarichi e rendite ricevuto in eredità da lustri di co-gestione di un potere nel profondo imbastardito.  Una generazione di uomini e donne impegnate nel rinnovamento e nella trasformazione di un modo di vivere e di pensare sono state ignorate,  emarginate, accolte solo dopo che avevano assunto la cultura dominante.

Tanti panorami culturali sono stati visti con diffidenza e mai presi in considerazione sbarrando una interpretazione più minuziosa dei problemi della nostra società.

Il modo di ragionare del con me o contro di me ha impedito un confronto di scambio con quelli che volevano vivere una esistenza onorevole senza essere costretti a arrendersi ad una concezione del mondo.

Lo stesso modo di ragionare ha impedito ed impedisce ancora adesso ad accostarsi a originali modi di soluzione delle questioni e solo attraverso questi, forse, è possibile andare nella direzione giusta.

Quali potrebbero essere le nuove maniere da utilizzare per risolvere i problemi? Per esempio il principio della mediazione come prassi di vita in comune invece che come trastullo tra formazioni politiche; per esempio il profondo valore della sussidiarietà decentrata che è totalmente al di fuori delle logiche della sinistra che rimane legata a scheletri statalisti; per esempio la gestione creativa dei conflitti; per esempio il pacifismo come condotta di vita che non trattiene dal parteggiare e lottare quando è inevitabile, ma ritiene sempre il nemico, di qualsiasi nefandezza sia colpevole, come parte della sua stessa umanità.

Insomma bisogna buttare a mare quelle categorie sociologiche che hanno surrogato una analisi metodica e attenta della quotidianità degli individui, che rendono impossibile decifrare e accendere i sogni, i desideri e le aspirazioni delle persone per ritenere queste una somma di necessità che si possono soddisfare esclusivamente conquistando per sé le leve del comando.

Bisogna ricucire una coperta lacerata, iniziando dalla realtà quotidiana, riconquistando la stima di una collettività demoralizzata e dispersa, imbambolata dalle seduzioni del populismo e di promesse elettorali che probabilmente saranno disattese ma che suscitano un grande fascino in quelle fasce sociali che la sinistra avrebbe dovuto rappresentare con coerenza, ma che sono state, al contrario, trascurate e lasciate al loro destino.

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