di Fausto Anderlini 31 dicembre 2018
Il 2016 fu per molti di noi un anno liberatorio e si chiuse con quel referendum che sembrava dischiudere una fase con qualche promettente possibilità. Il 2017 fu intrigante ma anche dissipativo. Si capì subito che il ‘camelloporco’, cioè una ecumenica remissione di tutti i peccati e una disincantata adunata di tutti i rottami difficilmente avrebbe ottenuto il tagliando. Perchè è tipico delle diaspore la perdita della misura di sè, l’accanirsi delle sindromi accusatorie di carattere proiettivo e una illusoria credenza nelle catarsi che porta inevitabilmente a disperdere le energie in futili esperimenti.
Il 2018 è stato un disastro. L’idea che la crisi del renzismo aprisse la via a una ricostituzione della sinistra si è rivelata una penosa previsione, giacchè il 4 di Marzo le cose sono andate come sappiamo. La diaspora della sinistra si è arenata nell’anno corrente in un trapestio indolente e senza costrutto. A tutt’oggi mancano segnali che facciano sperare in una forma politica che metta fine alla diaspora iper-soggettiva e raccolga i residui, pur ancora corposi, di tutto un mondo sociale in un ordine di progetto capace di elaborare il lutto della sconfitta e di uscire dalla crisi. Non da oggi la società italiana, e non solo essa, è dominata da una forma instabile e morbosa di isteria. Classico sintomo delle crisi fiduciarie che conseguono alle crisi sociali. Clamorose agglutinazioni di consenso si formano e si sgretolano in breve volgere di tempo.
Ed è probabile che già nel 2019 la singolare commistione del dilettantismo a cinque stelle con le limacciose acque nere della destra conosca il suo capolinea. Senza che si intraveda una alternativa, se non in peggio, perchè se l’opinione pubblica è isterica e bipolare da questa parte siamo esangui e depressi (ed io letteralmente devastato). E’ per questa ragione che mi son perso a predicare per un movimento di ‘case di cura’. Ma come già per il camelloporco c’è da dubitare che la nuova trovata abbia successo. Se il 2018 finisce male il 2019 non promette bene. E comunque sappiate, carissimi compagni di sventura, Mdp e dintorni, anche lontani, che raramente ci azzecco. Perciò non disperate.
E dai tetti della mia povera città, confidando nella mia indole profetica auto-annullantesi, vi invio la mia ipnotica e sinistra benedizione. Che quest’anno finisca rapido e che il parto del 2019 non sia così doloroso come nelle previsioni. Confidiamo intanto che una abbondante bevuta alla nostra salute, in compagnia è meglio ma anche da soli, abbia lo stesso effetto di una anestesia epidurale.