Alla ricerca del pisapiano perduto

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alessandro De Angelis
Fonte: huffingtonpost

De Angelis ricostruisce il clima dei pisapiani in Parlamento dopo l’incontro con Gentiloni e il voto di Mdp sul Def. Il bravo giornalista ha pure scritto che: ” D’Alema, il giorno dopo, ha forzato e mette in conto di rompere sulla manovra, dicendo ‘votatevela con quegli altri’ (Forza Italia, ndr)” Preciso solo che Massimo D’Alema in molte occasioni e in modo chiaro aveva sostenuto che MdP avrebbe dovuto rompere con il governo Pd-Alfano. Questa la dichiarazione del 3 settembre:

parlando dei rapporti col PD e di quale sinistra serve al Paese, D’Alema ha detto:Io penso che la politica del PD si concluderà con un disastroso esito elettorale, che purtroppo riconsegnerà alla destra un forte primato nel Paese. Il nostro compito è invece di costruire una sinistra democratica e di governo che possa essere un elemento essenziale per la ricostruzione dell’Italia. Io è da parecchio tempo che sono passato all’opposizione degli ultimi Governi, che hanno aumentato le diseguaglianze sociali e aumentato rendite finanziarie e profitti. La sinistra deve presentare con forza la sua identità e stare lontanissima dal pensare se, così facendo, aiuta Renzi o Gentiloni: ma chi se ne frega di queste cose. Noi dobbiamo fare un’operazione che non abbia come traguardo le prossime elezioni, ma dobbiamo necessariamente guardare lontano. Oggi c’è un grande problema di ridefinizione del ruolo della sinistra, anche sul piano europeo. Oggi dobbiamo fare anche una riflessione autocritica riguardo a una subalternità che molti di noi hanno avuto riguardo all’ottimismo degli anni Novanta: va ricostruito un pensiero autonomo e critico della sinistra.”

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di Alessandro De Angelis – 4 ottobre 2017

Palazzo Madama, giorno di voti delicati: il Def e lo “scostamento” del pareggio di bilancio. S’avanza un drammatico interrogativo, in un clima moscio di fine legislatura: “chi sono i pisapiani?”. Ecco Dario Stefano, pugliese volitivo, con esperienza politica di lungo corso sin quando, nel 2005, era capogruppo in regione Puglia in quota Margherita. Al Senato è entrato con Sel, prima di approdare al misto: “Io dice – sto con Pisapia – perché vogliamo costruire il centrosinistra e senza Pd non si può fare. Ed è evidente che va votato il Def. Sono convinto che Pisapia la pensa come me”.

Solo poche ore prima, il portavoce di Pisapia aveva diramato una nota per smentire e diffidare dall’uso improprio del nome del leader proprio Stefano. Il quale, però, non si sente affatto in imbarazzo: “Non ho bisogno di bollinature doc. Vada a vedere dove qualche tempo fa Pisapia fece la prima iniziativa di Campo progressista. A Lecce”. Sussurra un malizioso senatore, anch’esso pugliese: “Poi l’anno dopo l’ha fatta con Renzi”.

Alla ricerca del pisapiano ignoto, o perduto, incroci anche Luciano Uras. È appena concluso in Aula un discorso vibrante: “Non disperderemo i valori di Campo Progressista. Voteremo sì al Def e allo scostamento”. Si ferma a parlare: “Io penso proprio di poter parlare… siamo un’area politica, non un partito. Io rappresento la componente sarda, Campo progressista per la Sardegna”.

C’era una volta la politica, con le sue logiche, i partiti, i leader che facevano capire cosa volevano fare, i dirigenti che non recitavano a soggetto e seguivano i leader, magari con un popolo dietro. Vecchio nostalgico di quei tempi e allergico a questo teatrino autoreferenziale, Ugo Sposetti taglia corto: “Occupatevi di cose serie. C’è un paese lì fuori”. Peccato che il cronista registra anche l’autoreferenzialità di chi, in definitiva, parla di sé. O registra il chiacchiericcio attorno a sigle politiche senza storia come taxi per tornare tra queste stanze vellutate. O anche la politica come spin alimentato dall’inconsistenza della proposta, perché c’è questo al fondo delle interpretazioni schizofreniche dei giornali su “Pisapia di qua”, “Piasapia di là”. Si rivede anche Angelo Sanza, democristiano d’antan che ne ha viste davvero molte sin da quando De Mita lo portò a palazzo Chigi come sottosegretario: “Di pisapiano doc c’è solo Tabacci, perché è colui che lo ha convinto a scendere in campo. E io sono l’ombra di Tabacci”.

Sempre per i non addetti ai lavori: alla Camera le truppe dell’ex sindaco di Milano sono confluite, in larga parte, nel gruppo unico con Articolo 1, come Ciccio Ferrara ad esempio. Tabacci è rimasto del centro democratico. Al Senato invece c’è il gruppo dei 16 di Articolo 1, tutti ex Pd, mentre il pisapiismo è nomade. Un po’ ovunque, ognuno a modo suo. Prosegue Sanza, concreto e disincantato: “La situazione è comica. Vi racconto un episodio. A Mesagne c’è un parlamentare di Mdp che doveva fare un’iniziativa con Pisapia. Non sapendo che nome mettere, perché lui non è di Campo Progressista, mentre Pisapia sì, che cosa ha fatto? Non ha messo nessun nome e nessun simbolo. Questo per farvi capire come vanno le cose”.

Vanno che, a un certo punto, le comiche arrivano in Senato. Tra quelli che “guardano a Campo Progressista” vengono inseriti anche Alessandra Bencini, Francesco Molinari e Maurizio Romani. Alessandra Bencini, simpatica senatrice di Scandicci, a domanda risponde: “Pisapia? Io sono dell’Italia dei valori. Punto. E questa è l’unica cosa chiara”. Ecco. Al netto di tutto, dell’ambiguità del leader, del gioco delle parti, del “not in my name”, insomma al netto di questo casino c’è un dato politico. Lo dice, con adamantina chiarezza, Angelo Sanza: “Parliamoci chiaro. È accaduto questo: Giuliano va da Gentiloni, pone alcune questioni, ma con l’idea alla fine del percorso di fare l’accordo. D’Alema, il giorno dopo, ha forzato e mette in conto di rompere sulla manovra, dicendo ‘votatevela con quegli altri’ (Forza Italia, ndr)”. Anche Luigi Manconi, che di Pisapia è innanzitutto amico, dirama un comunicato, dopo contatti con l’ex sindaco per dire che il “sì al Def è nella direzione delle richieste di Pisapia”. Tesi che trova diverse conferme: “Quello alla fine non rompe col governo”. Ma neanche con Bersani, in una strategia che, anch’essa, sa di ignoto.

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3 commenti

cambio1715040 10 Ottobre 2017 - 16:29

D’Alema: “Noi dobbiamo fare un’operazione che non abbia come traguardo le
prossime elezioni, ma dobbiamo necessariamente guardare lontano…”

E’ doveroso, obbligatorio direi, avere il fuoco stretto sulle PROSSIME ELEZIONI, per riportare in Parlamento il rigore, le competenze, l’orientamento al bene comune indispensabili in quel luogo-istituzione da cui discendono i destini del Paese e della sua Cittadinanza.

Trovo impensabile essere rassegnati ad offrire alla mediocrità regnante altri 5 anni di governo del Paese: una vera blasfemia!

Solo dopo si potrà guardare lontano e farlo dall’alto di una vittoria elettorale progressista, sarà molto più bello e proficuo…

Paolo Barbieri

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Mario Tomasucci 1 Novembre 2017 - 13:12

D’Alema ha clamorosamente fallito la bicamerale. Ora stiamo aspettando la nuova legge elettorale che ci ha promesso di poter fare in 15 giorni. Ma vada prendere in giro qualcun’ altro.

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cambio1715040 1 Novembre 2017 - 13:47

Analisi, commenti, lamenti, anatemi ed invettive non risolvono il problema.

Possono farlo ipotesi operative spendibili qui ed ora perchè possano incidere sulle prossime politiche.

D’Alema se ha qualcosa di valido da suggerire, lo faccia da dietro le quinte.

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