Fonte: Rimini Sparita
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di Grazia Nardi – 24 luglio 2014
Non di meno è certa l’influenza che il cinema ha giocato nella diffusione del telefono. Soprattutto il cinema americano. Ho in mente i films polizieschi dove lo squillo del telefono sulla scrivania del capo preannunciava le sequenze che avrebbero portato alla soluzione del caso, per non dire della lunga serie dedicata ai detectives che, piedi sulla scrivania, il ricevitore appoggiato tra la l’orecchio e la spalla mentre si confezionavano la sigaretta, emanavano un fascino unico e di quelli ambientati in ambito giornalistico dove l’avvenente capo redattore con tempestive telefonate metteva i reporter sulla scia dello scoop svelando scandali e misteri.
Ma anche nei films italiani degli anni 50, fatta eccezione di quelli girati dai registi del neorealismo, il telefono fa la sua apparizione, pellicole che riproducevano anche le case più modeste o quelle di una nuova borghesia dove il capo famiglia, ragioniere, ferroviere, maestro.. cercava di “farsi una posizione” nella società aprendo la strada ai figli per cui le “relazioni” favorite dai collegamenti telefonici diventavano un valido supporto.
Per non dire della notorietà delle centraliste con le cuffie, grembiule nero, alle prese con gli spinotti. Un’importanza che mantenevano anche nella vita “reale”. “La lavora in tla TIMO” era una espressione che sottolineava la notevole considerazione per quel posto “sicuro” dato il rilievo dell’azienda. Ben altra cosa dalla precarietà dei ragazzi utilizzati oggi nei call center.
Dunque anche il telefono, ancor prima della sua utilità, viene percepito come status symbol e dopo il televisore, il frigorifero, l’utilitaria, la macchina da cucire, entra nella case degli italiani non più distinti per categorie professionali. In meno di un decennio, dal 1954 al 1963, gli abbonati al telefono passarono da un milione e mezzo a circa quattro milioni.
Un indicatore significativo delle trasformazioni in atto, un cambio di passo nel modo di concepire le relazioni, le distanze, i rapporti.
Il paradosso infatti è che il telefono per alcuni versi ha aumentato e non diminuito il distacco tra e con le persone dal momento che consente di far arrivare la propria voce in ogni parte del mondo per poi impedirci di salire le scale che ci dividono dalla coinquilina del piano di sopra raggiungibile, appunto, con una chiamata telefonica. Già allora. Figurarsi oggi coi cellulari.
A casa mia, come in molte altre, arrivò nella formula del duplex ovvero una linea unica per due utenti che abitavano vicini, il numero di telefono simile, in genere distinguibile per una sola cifra e non c’era, allora, l’obbligo del prefisso per le telefonate urbane. Vi si accedeva con l’unico scopo di risparmiare sulla bolletta che, di fatto, veniva dimezzata con il non piccolo inconveniente che non si poteva telefonare né ricevere chiamate contemporaneamente. Per questo, il “socio” veniva scelto, quando possibile, nella cerchia delle amicizie ma il duplex è divenuto poi una delle cause maggiori di litigio per la frequenza con cui, al bisogno, si trovava la linea occupata “dall’altro”: “cusch’i avrà da dì! Je sempra attached ma che telefun! i sta dagli ori!”.
Nelle abitazioni private il primo apparecchio doveva essere esposto in una zona centrale, solo il secondo, infatti, con conseguente aggravio di spesa, poteva essere collocato in altre camere. Ecco allora sorgere mensoline a mezzo muro, angoliere, tavolinetti mentre l’utente era costretto in una posizione, oggi impensabile, fissa, in piedi, il più delle volte con un muro davanti.
Anche se quelli della mia generazione per alcune, particolari telefonate preferivano la cabina telefonica pubblica, quella a gettone, lontana dagli occhi e dalle orecchie dei genitori. Ogni ragazzo aveva una mappa chiara della dislocazione delle cabine e delle scuse da accampare per uscire nell’ora prefissata. Ne ricordo il cattivo odore e la sporcizia che rendeva appiccicosa la cornetta. Personalmente (ma non credo di essere stata la sola) sollevavo il ricevitore con un fazzolettino di carta, attenta a tenerlo il più possibile lontano dalla bocca e dall’orecchio.
E l’ansia nel chiamare chi non rispondeva sapendo che ad una certa ora l’obbligo di rientrare a casa avrebbe messo fine ad ogni ulteriore tentativo? Preistoria!