di Antonio Gaeta 1 febbraio 2019
Prologo
omissis…per quanto ne avessero accumulato questi uomini, se volevano mantenere le loro posizioni di dominio, non potevano permettersi alcun mutamento fondamentale nella triplice configurazione: dominio (maschile), autoritarismo e violenza sociale istituzionalizzata, che caratterizza i sistemi androcratici, ancora oggi emergenti in Europa !
Epilogo
Se riesaminiamo l’antica Grecia, risulta chiaro che le cose più belle di questa notevole civiltà — il grande amore per l’arte o l’intenso interesse per i fenomeni della natura, la ricca e varia simbologia mitologica femminile e anche il breve e circoscritto tentativo di introdurre una forma più ugualitaria di organizzazione politica, che i Greci chiamarono “democrazia” (1) – possono essere fatte risalire all’era precedente: quella in cui Creta é la vera signora delle antiche civiltà pre-indoeuropee !
Allo stesso modo, non è difficile identificare la causa di alcune arretratezze culturali degli stessi Greci. Il fatto che tuttavia la ‘democrazia’ escludesse la maggior parte della popolazione (non permettendo la partecipazione di donne e schiavi) era in funzione della struttura androcratica (imposta dagli indoeuropei), che si era sovrapposta al precedente ordinamento pelasgico, più ugualitario e pacifico.
Lo stesso dicasi dell’assillo per la guerra da parte della classe dominante greca (quella composta dai figli degli invasori), l’idealizzazione delle cosiddette «virtù virili» dell’eroismo, della conquista militare e del deterioramento della condizione della donna, rispetto alla cultura cretese.
Nella figura di Atena vediamo chiaramente lo scontro e l’interazione degli elementi paritetici (tipici della cultura matrilineare più in generale) e androcratici della Grecia classica. Quando riflette le norme del precedente corso mutuale e culturale, Atena è ancora la dea della saggezza, con il suo antico emblema del serpente. Ma, allo stesso tempo, allorché esprime le nuove norme dei dominatori essa è la dea della guerra, munita di lancia ed elmo (tipici degli Opliti) e il suo ‘calice’ (V: simbolo fisiologico tipicamente femminile) é trasformato in scudo. Si notano questi due elementi anche nella Repubblica di Platone, in cui lo Stato, paradossalmente, è allo stesso tempo gerarchico e umanistico-ugualitario.
Infatti, da una parte Platone propugna una società a tre classi, sostenuta da quella che egli chiama ironicamente una «nobile bugia»: i «custodi» ovvero la classe al potere, sono fatti d’oro, i «guerrieri » d’argento e gli altri (operai e contadini) di «vil metallo». Dall’altra, per i custodi questo deve essere un sistema ugualitario, forse austeramente comunistico, e il loro esercizio del potere deve essere sorretto da principii equi. Sebbene Platone non si possa in alcun modo definire femminista, nella Repubblica egli auspica, in netto contrasto con la prassi ateniese, che le donne della classe dirigente ricevano un’educazione pari a quella degli uomini.
Inoltre, nell’arte greca ci si rende conto ancor più chiaramente della giustapposizione di pariteticità sessuale e androcrazia. L’amore cretese per la vita e la natura si esprime in squisite rappresentazioni colorate (2) del corpo umano, sia maschile che femminile. Ma temi ricorrenti sono anche lotte e conflitti armati.
Una testimonianza del conflitto tra le due culture (che come in India furono strutturate in classi sociali) ci viene anche dalla religione della Grecia. A riprova che essa affonda le sue radici in una visione del mondo più antica, che non reprimeva la donna e i «valori femminili», sta il fatto che nel pantheon olimpico e ancor più nei tempietti locali, si continuarono a venerare le divinità femminili. Sebbene ufficialmente Zeus fosse la divinità suprema. (3)
Ma le dee furono ancora potenti, a volte più degli dei. Nei Misteri Eleusini, che si celebravano annualmente a pochi chilometri da Atene, è facile riconoscere le antiche radici culturali. Qui la Dea, nel suo duplice aspetto di Kore e Demetra, continuò a rivelare agli iniziati religiosi le più alte verità mistiche. Ancora oggi possiamo vedere, in un sigillo d’oro della Beozia e in un dipinto su vaso di Tebe, come in questi riti l’antico vaso femminile (il Calice) o «sacra fonte», fosse l’immagine centrale.
Qui si ravvisano gli elementi matrilineari della società greca, anche nella situazione paradossale delle donne ateniesi che, nonostante le forti restrizioni legali e sociali, almeno per alcune, era notevolmente migliore rispetto alla condizione delle donne nelle teocrazie mediorientali, che non furono contaminate dalla cultura cretese.
Particolarmente su questo aspetto si intuisce tutta l’influenza di Creta, nei tentativi di formazione di una mentalità paritetica e, quindi, realmente democratica di Atene. Infatti, proprio perché in questa storica città-Stato le donne erano meno sottomesse, ci sono indizi che in essa operasse qualcosa di simile a un «movimento femminista» contrapposto dell’androcrazia dominante. (4)
È vero che, come gli schiavi d’ambo i sessi, tutte le donne erano escluse dalle decisioni importanti (5). Ma ci sono anche prove che – come scrive la storica culturale Jacquetta Hawkes – «…comunque Atene, tra tutte le città-Stato greche era quella in cui la posizione della donna non era la peggiore (forse soltanto quella in cui ci si lamentava di più ?)». Alcune donne svolgevano mansioni importanti nella vita pubblica e intellettuale. Per esempio, Aspasia, la compagna di Pericle, lavorava sia come studiosa che come statista, perorando l’ istruzione delle massaie ateniesi e, in generale, contribuendo a creare la notevole cultura civica, che gli storici chiamano «Età d’oro di Pericle». Anche se la tanto lodata educazione ateniese era abitualmente riservata agli uomini, c’erano donne che studiavano all’Accademia di Platone. (6)
Altro esempio, é quello di una donna greca che si diceva avesse studiato alla scuola pitagorica, la filosofa Arignote, che pubblicò un volume intitolato Discorso sacro, e fu l’autrice dei Riti di Dioniso e di altri libri. (7)
Secondo alcune ipotesi l’Odissea potrebbe essere stata scritta da una donna. Ci sono anche testimonianze che delle donne diressero scuole filosofiche. Una di queste diede il via alla scuola di Arete di Cirene, che s’interessava soprattutto di scienze naturali ed etica, la cui prima preoccupazione fu «un mondo in cui non ci fossero padroni né schiavi». Telesila d’ Argo era conosciuta per le canzoni politiche e gli inni. Corinna di Beozia, la maestra di Pindaro, secondo la storica della condizione femminile Elise Boulding (8), «omissis…lo batté cinque volte in competizioni poetiche». Infine, Erinna era considerata dagli antichi alla pari di Omero.
Dai pochi frammenti rimasti della sua opera, sappiamo che la poetessa greca Saffa o Saffo di Lesbo (che dirigeva una scuola per donne), scrisse splendide poesie, che esaltavano l’amore anziché, come nella maggior parte della poesia greca, la guerra: «Chi dice la cavalleria, chi la fanteria, o una flotta di 1unghi vascelli, sia lo spettacolo supremo sulla nera terra. Io dico (invece, ndr.) è l’amato» (sic.)!
Per alcune donne greche la professione di “etera” offriva una alternativa più indipendente, e relativamente rispettata, nel confronto con il ruolo subordinato di moglie. Sebbene le etere siano state erroneamente considerate delle prostitute, gli antichi greci non la pensavano così. Le etere erano più simili alle cortigiane che nell’Europa del XVII e XVIII secolo spesso esercitavano un considerevole potere politico. Erano abili ospiti e intrattenitrici con interessi diversificati. Ma ciò che più conta sono le testimonianze narratrici di etere studiose e persino personaggi pubblici di spicco. «Le etere delle città-Stato della Ionia e dell’Eolia erano considerate le migliori – scrive la Boulding – «Due delle discepole più famose furono Lashenia e Axiothea».
È assai probabile che le donne s’incontravano regolarmente alle feste religiose e ai raduni per sole donne, in cui adoravano una divinità femminile e conservassero una indelebile identità femminile. (9)
Quindi, proseguendo nel confronto con antiche civiltà mesopotamiche, anche la libertà relativamente maggiore di alcune donne greche, se paragonata a quella delle teocrazie delle loro simili mediorientali, si può considerare un importante indicatore sociale, che incide e differenzia la Storia dell’Occidente. Può, per esempio, essere vista come causa ed effetto della persistenza e della rinascita in Grecia di un’idea del potere, inteso come responsabilità, e non come controllo. Quindi più umanistico e tipico dell’era pre-androcratica, Molte delle idee di noi occidentali sulla giustizia e quelle di libertà e democrazia, per esempio, provengono da filosofi greci, come Pitagora e Socrate. La deduzione che provenissero da radici femminili é ispirata dal fatto che entrambi i filosofi ricevettero l’istruzione da donne. E’ indicativo anche il fatto che Temistoclea (che educò Pitagora) e Diotema (che educò Socrate) erano sacerdotesse: depositarie e divulgatrici di tradizioni religiose e morali preesistenti.
Se nell’antica Grecia sono evidenti numerosi indizi di tentativi di una rinascita matrifocale, è manifesta anche la fiera resistenza androcratica a questo impulso evolutivo. La religione ufficiale fu nei suoi punti chiave un culto dominatore: Zeus instaura e mantiene la sua supremazia con atti di crudeltà e barbarie, tra cui numerose violenze carnali a dee e donne mortali.
Abbiamo già notato in altra sede come grandi drammi rituali dell’età micenea (tipo l’ Orestea) servissero a mantenere e a rafforzare le norme androcratiche di dominio e violenza maschile. Ciò rifletteva la radice più profonda dell’alite al potere in Grecia. Infatti, per quanto ne avessero accumulato questi uomini, se volevano mantenere le loro posizioni di dominio, non potevano permettersi alcun mutamento fondamentale nella triplice configurazione: dominio maschile, autoritarismo e violenza sociale istituzionalizzata, che caratterizza i sistemi androcratici, ancora oggi emergenti in Europa.
NOTE:
(1) – Democrazia é parola composta, sintesi di demos (popolo) e cratos (potere)
(2) – Prima dell’invasione dei Dori (e del conseguente “medioevo ellenico”), che eliminarono dalle statue ogni sorta di colore: vedi in proposito anche l’Arte Magica di Andrè Bretòn.
(3) – Stessa caratteristica assunta dall’adorazione di Maria nelle regione del meridione italiano.
(4) – In Lisistrata di Aristofane, le donne minacciano di negare i loro favori sessuali, finché gli uomini non cessassero le loro guerre. Che questo tema sia stato sviluppato in un’intera opera di un autore comico estremamente popolare, rivela sia la politicità, sia la forza del movimento tipicamente pacifista.
(5) – Riferisce Agostino d’Ippona che le donne di Atene persero il diritto al voto nel momento in cui ci fu un passaggio dalla matrilinearità alla patrilinearità: cosa che indica come l’imposizione dell’androcrazia significò la fine della vera democrazia.
(6) – Questo rivela chiaramente la tendenza duplice della cultura greca in fatto di sessi (vedi anche omosessualità): duplicità che ha fatto scuola per tutta la successiva cultura cosiddetta “occidentale”, fino ai giorni nostri.
Negli Stati Uniti soltanto tra il XIX e il XX secolo fu consentito alle donne di accedere all’istruzione superiore. Altrettanto significativo e rivelatore è il fatto che, in vari periodi della storia greca ci furono donne le cui opere sarebbero state conservate nelle biblioteche «pagane», se successivamente non fossero state distrutte dai fanatici musulmani.
(7) – Jane Harrison in Prolegomena to the study of Greek Religion – Merlin Londra
(8) – Elise Boulding in The Underside of History – Westview Press
(9) – Molto interessanti su questo argomento sono gli studi sulle origini del “Culto Mariano” in Italia del sud, che ci ricordano come le nostre regioni meridionali furono a lungo considerate “Magna Grecia” e poi “Possedimenti di Bisanzio”, dove la cultura greca dominava ancora !