Fonte: il simplicissimus
Anna Lombroso per il Simplicissimus – 3 agosto 2014
Invidiosi dei meteo-colossal americani, aggiorniamo periodicamente e frequentemente l’archivio della rovinologia nostrana con video, cine-véritè e perfino selfie di gente che scappa inseguita da torrenti di fango, macchine seppellite, tendoni da circo crollati su paesani molto perplessi e indifesi da fenomeni che una volta venivano indicati come “naturali”, oggi “estremi”.
C’è della gran mistificazione in ambedue le definizioni: da almeno un secolo un territorio manomesso, derubato, ferito, oltraggiato da speculazione e incuria non può opporre resistenza a normali manifestazioni del clima ed è più esposto anche a quelle anomale, imprevedibili, terremoti, eruzioni, trombe d’aria. E se è vero che il cambiamento climatico produce una radicalizzazione degli accadimenti, accentuandone la potenza e gli effetti, è altrettanto vero che i responsabili diretti o indiretti del saccheggio del paese hanno preso l’abitudine di esasperare anche la semantica, così che ogni acquazzone diventa una bomba d’acqua, ogni temporale si converte in uragano. E se non mentono sulle conseguenze, ormai quotidianamente catastrofiche, è evidente che esacerbano e drammatizzano la qualità degli eventi – tutti estremi – per cancellare annose responsabilità, colpevoli correità nella devastazione di un territorio sempre più fragile e inerme.
Oggi le immagini sono quelle che arrivano della provincia di Treviso, da quella bella e opima Marca, dove una “bomba d’acqua” – così l’ha subito chiamata il Governatore Zaia – si è abbattuta con tutta la sua potenza nella zona di Refrontolo, facendo tracimare un piccolo torrente, il Lierza, che ha spazzato via in pochi istanti persone, strutture, automobili, durante una festa paesana affollata di gente. Il bilancio è di quattro morti e una ventina di feriti, dei quali quattro sono ricoverati in gravi condizioni.
Tante volte su questo blog ho lamentato la rimozione delle responsabilità che hanno condannato la Calabria al destino del reiterarsi delle catastrofi, come l’espiazione di una colpa, il pagamento di una sanzione a chissà che severa divinità, per la “consegna”, l’assoggettamento a varie forme di criminalità, quella illegale e quella legittimata. Ormai per l’ambiente vale quel giudizio fulminante un comandante dei carabinieri di Monza riferita da un magistrato impegnato a investigare sull’intreccio tra corruzione, reati economici e criminalità: “il mondo ormai è la Calabria e quello che diventerà Calabria”.
Regioni un tempo ricche, pingui e fertili, territori rigogliosi e felici sono diventati geografie oggetto di scorrerie, bottini di una guerra del cemento, della speculazione, dell’illegalità, ma di quella promossa da governi centrali e locali, quelli che esprimeranno pensosi e molto occupati senatori part time, che potranno ripetere a livello nazionale e su scala le stesse empietà.
Il Veneto appunto, quelle sue campagne floride, doviziose, quelle sue colline ricche di vigneti, quelle sue montagne aspre e lussureggianti è da anni vittima di un disprezzo delle regole e di una egemonia delle deroghe, esemplarmente riprodotta dal caso Mose come in un’allegoria, frutto della consegna all’interesse privato, a cordate senza scrupoli incaricate per legge di spadroneggiare senza concorrenti, tanto che questo sistema è filtrato, ha intriso la società, favorendo abusivismo piccolo e grande, tollerato o autorizzato, proliferazione di casette, di capannoni, di villaggetti sul greto di fiumi sempre più minacciosi, insediamenti sempre più pretenziosi e sempre più indifesi. E tutto questo in totale dispregio di norme di sicurezza e di tutela del bene comune, sacrificato alla cupidigia di interessi privati sempre più voraci e impudenti.
Anzi il Veneto sta diventando un laboratorio della privatizzazione del territorio: una ricerca del Dipartimento di progettazione e pianificazione in ambienti complessi dell’Università IUAV di Venezia, ha voluto mettere in evidenza come i nuovi strumenti urbanistici e i vari Piani Casa deliberati dalla regione, che di fatto esautorano i governi locali, attribuiscano agli interessi proprietari e, più in generale, al mercato un primato assoluto, a dimostrazione della volontà esplicita e dispotica di promuovere un libero dispiegarsi dell’iniziativa privata, che le leggi e i piani urbanistici ostacolano, nella declinazione su scala dell’ideologia della semplificazione che piace tanto ai bulli al governo. E per aggiungere beffa al danno il vice presidente con delega all’urbanistica ci ha tenuto a precisato che “le disposizioni regionali non prevalgono su tutte le disposizioni, bensì solo su quelle che contrastano con i contenuti della legge”. D’altra parte il Ministro Lupi con Renzi pare possa esprimersi ancor meglio che con Silvio: il nuovo disegno di legge sull’urbanistica è un “giacimento” di disposizioni cui potrà attingere un esplicito beneficiario, la proprietà immobiliare, così come sancito fin dal titolo primo e dall’articolo 1 dove si attribuisce ai proprietari il diritto di iniziativa e di partecipazione nella pianificazione. E infatti “ per garantire il valore della proprietà, il governo del territorio è regolato in modo che sia assicurato il riconoscimento e la garanzia della proprietà privata, la sua appartenenza e il suo godimento”.
Il Marchese del Grillo prospera in Veneto, se non hai non sei, se non possiedi non puoi godere dei diritti e dei beni comuni, nemmeno quello alla vita, una sera d’estate a una festa in un piazzale trasformato in insidia, in rischio, in minaccia.