Contrappasso olimpico: “Velasco, l’unico comunista dichiarato presente ai giochi, vince armato di una filosofia minimalista indifferente alla ‘volontà di vincere’

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Contrappasso olimpico
Per quello che ho visto (solo una parte residua) di queste olimpiadi mi hanno impressionato alcuni episodi:
– La vittoria nel Volley dell’Italia. Non tanto per il contenuto spettacolare, giacchè non c’è stata partita, ma per Velasco, l’unico comunista dichiarato presente ai giochi. Il quale vince armato di una filosofia minimalista che è indifferente alla ‘volontà di vincere’.
– La vittoria di Diokovic. Un campione ineffabile e coi nervi d’acciaio emblema dello star system tennistico intimamente cinico e individualista. Vince, ormai al termine del suo ciclo aureo di vita, cioè da vecchio, contro un tennista che potrebbe essere suo figlio, che lo sovrasta atleticamente e anche tecnicamente si avvia a succedergli sul trono. E si abbandona a una emozione irrefrenabile come che quella medaglia di solo valore simbolico fosse tutto quanto cui ambiva. L’individualista cinico e freddo si rivela un patriota romantico che si fascia con la bandiera della sua Serbia, nazione europea negletta e vituperata dal mainstream europeo. E’ l’eroe singolo che riscatta un popolo, una patria.
– Il pianto di Tamperi. Fuori condizione e fuori gara si abbandona a un pianto disperato con i compagni e altri atleti a confortarlo in un gruppo marmoreo che sembrava tratto da Niccolò dell’Arca. Immagine penosa. Già erano parse eccessive le sue feste alle olimpiadi precedenti, ma qui, a rovescio, si è superato ogni limite. Così esibendo, dopo le esibizioni di gaia leggerezza, un tratto stereotipo di certo spirito italico: la fragilità piagnona, infantile ed effeminata.
– venendo al medagliere (sorta di tagliere con salumi) i contrappassi che si vedono sono molteplici. Fra le prime nazioni (Usa e Cina a parte) figurano tutte le nazioni-impero europee (Francia, Gran Bretagna, con annesse ex colonie dell’anglosfera, e Olanda in testa), e membri autorevoli dell’asia atlantico-pacifica, come Corea del Sud e Giappone. Unica eccezione fra gli stati negletti l’Uzbekistan che massimizza il tagliere grazie alle ataviche predisposizioni per le arti marziali (come il Kenia sulle gare di fondo). I paesi capitalistici alleati agli Usa Nato-Seato a farla da padroni. Africa, Caraibi, Sud-america, Medio oriente e altra Asia minore non pervenuti. Come sono cambiate le cose rispetto al tempo in cui a dominare erano l’Urss e i paesi del blocco orientale, con la Rdt in testa e i loro meravigliosi inni nazionali ! Proseguendo nella disankima Corea, Giappone e altre nazioni minori dei continenti negletti, si presentano con èquipes rigorosamente etno-nazionali, mentre le nazioni impero dell’occidente fanno incetta di medaglie grazie alle prestazioni di membri delle minoranze etniche le cui origini affondano nei paesi negletti del terzo-quarto mondo che non vincono un’acca. Si fossero presentati, questi atleti etnicamente anomali talvolta meticci, con le nazioni ataviche (seguendo l’impulso dell’atavismo di ritorno) il tagliere avrebbe ben diversa configurazione. I democratici esultano celebrando la bellezza morale della multietinicità e del pluralismo. Persino L’Italia si comèpiace di aver finalmente imitato Francia, Olanda e GB. Ma è una parodia eguale e contraria alle scemenze di Vannacci. Dietro questo bengodi post-moderno si celano in realtà evidenti storture. Le nazioni-impero della vecchia Europa più che la loro superiore democraticità fanno valere il retaggio imperiale-colloniale di antica data. Il risultato del furto di atleti dei paesi colonizzati, dopo la predazione di tutte le altre risorse. Questi atleti ri-nazionalizzati, di prima o seconda generazione, talvolta improvvisata, entrano nello star system sportivo e sono celebrati come compatrioti eccellenti dalle opinioni pubbliche, anche se il gruppo etnico-sociale cui appartengono resta negletto e segregato. La democrazia paritaria sublimata nello sport a misura che è negata nella società reale. Un fenomeno di ipocrisia di antica data. E’ sempre stato così. E’ ormai retorica lo schiaffo che Jesse Owens rifilò a Hitler alle olimpiadi di Berlino del ’36, sebbene gli Usa dell’epoca erano ancor più razzisti del nazisti. In Messico nel 68 Tommie Smith e John Carlos levarono il pugno della protesta e come conseguenza furono degradati e puniti. Adesso li si incensa, a misura che i loro fratelli continuano a essere seviziati in patria. Come si è espresso Ozil, il grande centro-campista turco della nazionale tedesca di calcio, “se vincevo ero celebrato come tedesco, se perdevo tornavo a essere un infido turco”. I democrat festanti mi fanno la stessa pena di Vannacci, anzi ancor di più. Paradossi del contrappasso.
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