Così Bibi manipola la memoria della Shoah

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Anna Foa
Fonte: La stampa

Così Bibi manipola la memoria della Shoah

La Conferenza internazionale sulla lotta all’antisemitismo, promossa dal ministero israeliano della Diaspora, che si terrà a Gerusalemme il 26 e il 27 marzo, è indice di una certa confusione fra lotta all’antisemitismo e lotta per l’antisemitismo. A essere invitati alla Conferenza sono infatti tutti gli esponenti più in vista dell’estrema destra europea, i nipoti e gli eredi cioè di quelli che più di ottant’anni fa collaborarono con i nazisti per inviare gli ebrei nei campi di sterminio, quelli che si sono fino a tempi assai recenti espressi verso gli ebrei in termini inequivocabilmente antisemiti.

E se è vero che negli ultimi decenni molti di loro si sono professati «amici di Israele», è anche vero che questo non ha mai voluto dire automaticamente essere amici degli ebrei. L’estrema destra europea, e con essa gli evangelici negli Stati Uniti, si sono avvicinati all’Israele degli ultimi anni, guidata da governi razzisti e antidemocratici come l’ultimo governo Netanyahu, sull’onda dell’empatia politica e ideologica che li accomuna, come politica e ideologico è l’avvicinamento del governo israeliano a quei politici che oggi si apprestano ad andare a discutere di antisemitismo con Netanyahu, Ben Gvir e gli altri politici israeliani.

 

Come ben possiamo immaginarci, al cuore del dibattito non sarà il passato, bensì il presente. Non il negazionismo della Shoah, se non nelle espressioni presenti nei paesi arabi, ma il presunto antisemitismo della sinistra, o quello dell’ONU e delle organizzazioni di giustizia internazionali. Questi saranno gli obiettivi polemici della conferenza, già anticipati dall’intervento con cui nel settembre 2024 Netanyahu ha definito l’ONU nel suo discorso all’Assemblea Generale come «palude di antisemitismo».

Fra i partecipanti alla Conferenza in rappresentanza dei partiti di estrema destra, ci saranno i più importanti politici del partito ungherese Fidesz di Orban, della spagnola Vox, dei francesi Rassemblement National (RN) e Identity–Liberties, del Partito per la Libertà olandese e del partito svedese di estrema destra Democratici Svedesi.

Il fatto che in un simile consesso siedano gli esponenti principali dell’estrema destra europea ha creato tuttavia non pochi imbarazzi al mondo ebraico sia europeo che americano. Rabbini importanti e personaggi di spicco delle istituzioni ebraiche europee e americane hanno per questo declinato l’invito. Lo stesso hanno fatto diversi intellettuali ebrei, non ultimo Bernard– Henry Lévy, che ha spiegato il suo rifiuto in una recente editoriale sulla Stampa.

Le istituzioni comunitarie ebraiche europee non parteciperanno alla Conferenza, ma senza prendere apertamente posizione contro questo paradosso di una conferenza che per combattere l’antisemitismo raduna i più estremi rappresentanti del sovranismo e populismo europeo. Avremmo tuttavia voluto che il loro dissenso fosse reso pubblico. Che la diaspora europea, erede dei milioni di morti della Shoah, protestasse apertamente la sua opposizione.

È vero che esprimersi su questo problema comporterebbe la conseguenza di dover rivedere molte degli allineamenti, taciti o espliciti, del mondo della diaspora con il governo di Netanyahu. Il problema non è infatti marginale. Non siamo di fronte ad un equivoco, o al bisogno di Israele di estendere la sfera dei suoi sostenitori. L’estrema destra europea (e statunitense) già appoggiava e appoggia con tutte le sue forze Israele.

Siamo di fronte a qualcosa che assomiglia molto ad un’ulteriore svolta da parte delle destre israeliane: la messa in ombra della memoria stessa della Shoah, tranne a riesumarla all’occorrenza a scopo propagandistico, la creazione di un’alleanza di estrema destra netta e solidamente ancorata in principi e posizioni comuni: insomma, il rifiuto della democrazia e il razzismo che avanzano e riparano anche sotto il comodo striscione dell’antisemitismo.

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