“Pace ed Erasmus” L’Europa retorica di Serra e dei vip: Parole d’ordine – Girotondo di ritorno. In mancanza di un’idea, dominano i ricordi: dai viaggi all’Inno alla gioia. E poi l’appello: “Non perdiamoci di vista”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Tommaso Rodano
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Sotto la coperta di Linus della bandiera europea si ritrovano in molti, moltissimi, più di quanti si immaginasse alla vigilia. Per Michele Serra, il giornalista di Repubblica da cui è nata l’idea della manifestazione, sono 50 mila. I numeri di chi organizza sono generalmente gonfiati dall’ottimismo, ma di certo in Piazza del Popolo ci sono decine di migliaia di persone. Ognuna con un’idea di Europa differente, magari vaga, probabilmente contraddittoria. Per Serra è normale: “Una piazza che unisce idee diverse è considerata scandalo – dice dal palco. – Questo scandalo ha un nome, si chiama democrazia”.

Resta un dubbio legittimo: che cos’è l’Europa, per chi è andato a manifestare in suo nome? Una forza di pace o un piano da 800 miliardi in armi? Quella che difende l’Ucraina o che tace su Gaza? Custode di diritti o matrigna delle diseguaglianze e dell’austerità?

Non è questa la sede per scoprirlo. Lo dice Antonio Scurati: lo scrittore, uno dei tanti intellettuali vip che hanno dato sostanza alla chiamata di Serra, cita Montale. “Sappiamo quello che non siamo, che non vogliamo”. A definire, per contrasto, il senso di appartenenza europeo, sono Trump e Putin. “Noi non massacriamo i civili e non deportiamo i bambini – dice Scurati. – Non deportiamo i migranti in catene a favore di telecamere. Non neghiamo il cambiamento climatico. Non umiliamo in mondovisione il leader di un Paese che da tre anni lotta per la sopravvivenza”.

Con l’autore di “M” si alternano esponenti del microcosmo intellettuale e artistico che a vario titolo si identifica come progressista: il presentatore Claudio Bisio, Corrado Augias, Paolo Virzì, Corrado Formigli, Roberto Vecchioni, Maurizio De Giovanni, i videomessaggi di Jovanotti, Luciana Littizzetto, Luca Bizzarri e infine Liliana Segre.

Il retropalco è zeppo di giornalisti di Repubblica, di sindaci in fascia tricolore (capitanati da Roberto Gualtieri) e di politici: c’è tutto il centrosinistra, Elly Schlein in testa, esclusi i 5 Stelle. Da Nicola Fratoianni a Maria Elena Boschi, ognuno con un’idea in conflitto sull’Europa e sul mondo. Poi i sindacati, con Maurizio Landini e i vertici delle sigle nazionali. Infine il terzo settore: l’Anpi di Gianfranco Pagliarulo (“Siamo per un’Europa pacifica e aperta al mondo, opposta a quella attuale, che lavori per la pace e per il lavoro”) e la Comunità di Sant’Egidio di Andrea Riccardi (“Il piano di Von der Leyen non risolve niente, serve una diplomazia e una difesa comune”). C’è anche qualche vip minore, a cui viene concesso il retropalco anche se non deve parlare. Spicca Jo Squillo: “C’è un ritorno all’umanità, a sentire il cuore pacifico, a volerci più bene”.

Stabilito cosa “non è” e cosa “non vuole” questa piazza, resta da decifrare cosa sia e cosa voglia. Sul palco, ognuno porta la sua idea e il suo pezzetto di testimonianza. In mancanza di idee chiare su cosa dovrebbe essere l’Europa politica, a tenere assieme tutti è il racconto di un’Europa retorica. Un’idea sentimentale. Bisio parla dell’Erasmus dei figli, Formigli pure ricorda il suo viaggio a Londra a 21 anni e l’odore del curry che gli ha fatto scoprire il multiculturalismo, per Jovanotti l’Europa è la melodia dell’Inno alla gioia, che nel brano di Beethoveen dura pochi secondi. Anche le bandiere mandano messaggi contraddittori: è pieno di drappi europei, poi ci sono quelle dell’Ucraina, della Georgia e persino una della Romania con il buco al centro, simbolo della rivoluzione anti-comunista del 1989. C’è un fantoccio di carta con la faccia di Trump, ma pure molte bandiere della pace e cartelli arcobaleno con la scritta: “Disarm Eu”. Serra e Bisio dicono alla piazza: “Non perdiamoci di vista”. Era lo slogan girotondino di Nanni Moretti e l’impressione è che oggi ci sia lo stesso pezzetto di società, tanti anni dopo: borghese, benestante, genericamente progressista. Un cinico chiamerebbe in causa la Ztl, ma chi porta il corpo e la voce a una manifestazione merita rispetto. Come la signora Maria Pia Gaio, 82 anni, arrivata da Castelfranco Veneto. È in piedi dalle 4 di mattina, si è conquistata la prima fila dietro la transenna, davanti al palco. “Non sono d’accordo con la Von der Leyen – dice – voglio un’Europa che si difenda, ma che si riarmi piano piano…”. Non tutti la vedono così, signora. “E va bene, ma io la penso così”.

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