Dall’Imu al caos Tasi, l’eredità del PdL

per Gabriella

da L’Unità  di Ruggero Paladini   31 maggio 2014

La Tasi potrebbe aumentare il prelievo sulle prime case di oltre il 60% rispetto al 2013. La stima della Banca d’Italia si basa sui livelli di tassazione dei Comuni capoluogo di Regione. «Considerando un’abitazione principale non di lusso, nella media … il prelievo si è ridotto complessivamente di circa il 40% fra il 2012 e il 2013. Come i lettori ricorderanno, nelle trattative per il varo del governo Letta-Berlusconi impose la condizione di eliminazione dell’Imu sulla prima casa, da intendersi come la casa in cui il proprietario abita (se ha una sola casa ma non vi risiede, non è “prima casa”).

 Ma non poteva essere una soluzione duratura, soprattutto in periodi in cui i governi italiani sono alle prese con il fiscal compact. Tra l’altro le indicazioni della Commissione europea (e degli altri istituti internazionali dal Fmi all’Oecd) suggeriscono di alleggerire il carico fiscale sul lavoro, ma non quello sugli immobili o sui consumi. Su questi ultimi si potrebbe anche dissentire, ma per quanto riguarda gli immobili la totalità degli economisti ritiene l’imposizione immobiliare meno distorsiva di altri prelievi.

Da quest’anno dunque entra in vigore la Tasi; ha un’aliquota di base all’1 per mille elevabile al 2,5 per mille. I Comuni possono applicare un’addizionale di 0,8 punti ed elevare l’aliquota fino al 3,3 per mille, allo scopo di concedere delle detrazioni. Dice la Banca d’Italia: «Nel 2014, nell’ipotesi di applicazione della Tasi ad aliquota base, il prelievo aumenterebbe di circa il 12% (rimanendo comunque ben al di sotto del livello registrato nel 2012)». Ma «Se ciascun capoluogo applicasse un’aliquota pari al 2,5 per mille, il prelievo complessivo crescerebbe di oltre il 60% rispetto al 2013».

 Se il ritorno all’imposizione della prima casa era in qualche modo scontato, non lo è affatto il modo in cui è avvenuto.

 La scelta di concedere una larghissima autonomia ai Comuni può anche essere considerata positiva da qualche acceso federalista, ma rischia di creare molti pasticci. Il Comune può (più che) triplicare l’aliquota, e concedere detrazioni, ma in molti casi (in effetti nella maggioranza dei casi) non ha le conoscenze necessarie per scegliere aliquota e detrazioni. Può rischiare di far pagare abitazioni che erano esenti con l’Ici o l’Imu montiana, con le conseguenze facilmente immaginabili, o può essere troppo generoso e perdere gettito.
La maggioranza dei Comuni ha deciso di rinviare; prendere tempo è positivo, anche se getta nell’incertezza i contribuenti. Per molti di essi lo stress di non sapere quando e quanto dovranno pagare supera il dispiacere del prelievo in sé.
Rimangono poi gli eterni limiti dell’Ici-Imu-Tasi. I valori sono calcolati su estimi catastali effettuati in tempi preistorici; la discrepanza rispetto ai valori di mercato si è ridotta con l’aumento da 100 a 160 effettuato con l’Imu, ma le differenze tra un immobile ed un altro non sono cambiate. Se in media i valori attuali sono circa la metà di quelli di mercato, in molti casi il rapporto è nettamente più basso, mentre in altri si avvicina pericolosamente all’unità, e talvolta il valore stimato supera quello di mercato. Gli immobili più favoriti sono quelli più antichi, quelli più penalizzati sono quelli più recenti.
La delega fiscale ha tra i suoi obiettivi proprio quello di riformare il Catasto, giungendo ad un sistema parametrale basato sui metri quadri. L’Osservatorio del mercato immobiliare ha da tempo, per quanto riguarda le abitazioni, prodotto delle stime dei valori, nel complesso attendibili e molto meno arbitrarie di quelle vigenti, che avrebbero già potuto essere utilizzati. Speriamo che l’attuazione della legge delega non vada alle calende greche.

 Altri aspetti: la Tasi concede troppa autonomia ai Comuni, e crea una differenza eccessiva tra le “prime case”, le altre abitazioni, e gli immobili strumentali, sui quali il peso è cresciuto troppo.
Il caso di chi ha una sola abitazione ma non vi risiede, citato all’inizio, presenta delle evidenti incongruenze dal punto di vista equitativo. Il caso di chi ha un mutuo che grava sulla casa deve essere preso in considerazione, riducendo l’imposta. Sono questioni che vanno affrontate e risolte; l’imposizione immobiliare per il finanziamento dei Comuni è una necessità; speriamo che gli atteggiamenti demagogici non abbiano più lo spazio che hanno avuto finora. Se c’è spazio per riduzioni del prelievo, l’obiettivo deve essere soprattutto il lavoro.

 

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