Daniel Cohn-Bendit: “Da Orban a Trump, i nuovi autocrati distruggono le conquiste del Sessantotto”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Danilo Ceccarelli
Fonte: La Stampa

Daniel Cohn-Bendit: “Da Orban a Trump, i nuovi autocrati distruggono le conquiste del Sessantotto”

«Il sistema di Viktor Orban consiste in un autoritarismo reazionario, al quale si aggiunge il problema della corruzione, perché la cricca del premier ha anche sottratto fondi europei». È la descrizione che Daniel Cohn-Bendit fa della visione del primo ministro di ungherese, mentre a Budapest sfila il Pride nonostante i divieti. L’ex eurodeputato dei Verdi franco-tedesco, figura di spicco del Sessantotto parigino, definisce «ridicola la narrativa sulla protezione dei bambini» utilizzata da Orban, sostenendo che «non vuol dire nulla».

Monsieur Cohn-Bendit, che idea si è fatto di questa manifestazione?
«Il divieto imposto a questa marcia dimostra l’autoritarismo e la concezione retrograda, quindi reazionaria, di Orban. Nemmeno Donald Trump ha osato vietare il Pride negli Stati Uniti, anche se con lui non bisogna mai dire mai. Il suo odio verso gli omosessuali è incomprensibile. Dietro queste argomentazioni c’è una concezione della società che è ampiamente superata. In Italia succede lo stesso con Giorgia Meloni».

Ma il governo italiano non vieta il Pride.
«Questo perché da voi la società è più avanti. Orban si basa su un sistema molto più autoritario e monolitico rispetto a quello italiano. Ma il primo ministro ungherese e la presidente del Consiglio sono vicini nella loro concezione della società e sui discorsi che fanno sulla famiglia».

«Orban ha mobilitato le sue orde, come facevano Mussolini e Hitler. E come ha fatto anche Trump. In quale altro modo si potrebbero definire quelli che hanno attaccato il Campidoglio americano nel 2021? Rappresentano il braccio armato fascistizzante di una ideologia retrograda».

L’ostilità di Budapest nei confronti dei diritti Lgbtq+ può essere letta come una sfida lanciata all’Ue?
«Per Bruxelles il vero problema consiste nel riportare alla ragione figure come Orban o il presidente della Slovacchia, Robert Fico, sul tema delle sanzioni contro la Russia. Questo è il grande braccio di ferro dell’Ue».

 

Il caso ungherese dimostra anche come la difesa delle libertà e dei diritti umani sia un tema sul quale l’Europa deve fare ancora tanta strada.

«È il frutto del fallimento della Costituzione europea, anche se abbiamo la Carta dei diritti fondamentali dell’Ue».

Come deve comportarsi l’Europa nei confronti dell’Ungheria?
«Da tutta questa storia emerge un problema al quale nessuno fino a oggi ha pensato. Abbiamo visto con la Brexit che un Paese può uscire dall’Unione europea attraverso il voto, ma come si può escludere uno Stato membro per il mancato rispetto dei diritti fondamentali? Non si sa bene come mettere in atto una simile procedura. È talmente difficile farlo che leader come Orban e Fico possono permettersi di agire come vogliono».

Sta sostenendo che un Paese come l’Ungheria dovrebbe essere espulso dall’Ue?
«Ormai da molto tempo credo che si debba poter escludere chi si tira fuori dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali. Non è possibile costruire un’Europa con simili divergenze».

Ma nell’Ue è necessario anche dialogare.
«Non si può essere favorevoli o contrari allo Stato di diritto perché non è un’opinione politica! I Paesi si sono messi d’accordo su un determinato funzionamento dell’Ue. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere rispettata da tutti i membri. Cosa dovremo fare se domani uno Stato dovesse vietare la religione ebraica? Dovremmo dialogare con lui?».

Pensa quindi che Ursula von der Leyen non sia abbastanza dura nei confronti di Budapest?
«È la maggioranza del Parlamento europeo ad essere troppo debole. La presidente della Commissione europea è solo la punta dell’iceberg. C’è tutta una struttura che non osa difendere radicalmente i valori dell’Ue».

A proposito di diritti, negli Usa la Corte suprema ha dato il via libera alla soppressione dello ius soli dando ragione a Trump. Che momento stiamo vivendo?
«In Occidente c’è un problema riguardante la difesa dello Stato di diritto. Gli Stati Uniti ne sono solo un altro esempio. La democrazia liberale e aperta non consiste solamente nel mettere in atto il voto della maggioranza. Ci sono anche altri fattori come il diritto e la separazione dei poteri. Ma la concezione di Orban non rispetta lo Stato di diritto. Il suo concetto di democrazia si basa sul fatto che tutti devono allinearsi alla maggioranza, anche le minoranze».

Durante le proteste del Maggio parigino si sarebbe mai immaginato una situazione simile in Occidente quasi sessant’anni dopo?
«Assolutamente no. Non avremmo mai creduto alla possibilità di avere un presidente come Trump negli Stati Uniti».

Secondo lei, quali sono le cause di questa tendenza conservatrice?
«È un fenomeno legato alle angosce della gente e alla complessità degli eventi che accadono in tutto il mondo. Ci si rinchiude così in una certa ideologia, credendo che con una simile involuzione sia possibile proteggersi meglio. Ci sono dei momenti storici, come ad esempio quelli della Repubblica di Weimar o dell’Italia degli anni Trenta, nei quali si verifica un fallimento della società che porta ad una risposta autoritaria e retrograda».

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