Fonte: La stampa
Oggi negli ambienti politici si discute di ampliare la possibilità dei mandati a sindaci e presidenti di regione (governatori sic), questa intervista di buon senso a Bernardo Donfrancesco, 85enne, sindaco di Colfelice. A parte una inesattezza: Donfrancesco almeno per un mandato – quando vigeva la norma originaria del limite dei mandati. (gf)
È sindaco da più di 50 anni ma oggi dice “no” al terzo mandato
Quello che non ti aspetti da un sindaco che ha governato per più di 50 anni è che sia contrario al terzo mandato. Eppure, Bernardo Donfrancesco, 85enne e per dieci volte riconfermato quale primo cittadino di Colfelice «quasi sempre con percentuali bulgare», è sicuro: «Anche se io sono l’esempio del contrario, e corro il rischio di sembrare troppo democratico, è importante porre un limite e stimolare un’opposizione collaborativa», ragiona. Questo ex professore di lingua e letteratura inglese, che dal 1970 fa da padre e amministratore per un paesino del frusinate con nome di fiaba, 1800 abitanti e uno stabilimento Fiat a pochi chilometri, è contento che la proposta di emendamento al dl elezioni sia stata bocciata in Parlamento. Un luogo, il Parlamento, che segue da vicino come cittadino informato, ma dove non è mai voluto arrivare: «Non ho mai pensato di andare oltre la politica locale e questo mi viene riconosciuto quasi come un attestato di fedeltà al paese natio», spiega, annunciando (come aveva già fatto la volta precedente), che non si ricandiderà. Chissà se è vero.
«È stato un errore di gioventù, che mi sono poi portato appresso per tanti anni, con gratificazioni e soddisfazione. Ma è stato anche un impegno che di anno in anno è diventato sempre più gravoso. Inizialmente, c’era meno burocrazia, ora è asfissiante».
Quando è stato eletto per la prima volta aveva poco più di trent’anni. Cosa faceva prima?
«Ho incominciato nel 1970. Prima, ero insegnante di lingua e letteratura inglese, poi sono stato preside. Dopo un anno a Londra, tornai a Colfelice, il mio paese d’origine e mi convinsero a candidarmi, cosa che feci volentieri. Vede, per certi versi, nei piccoli centri è possibile tramutare l’affetto tra le persone in iniziative di amministrazione locale».
«Mille e ottocentinquanta».
Lei li conosce tutti?
«Sì, anche se le nuove generazioni un po’ meno. Una volta c’era una vita anche più raccolta nel piccolo centro. Siamo sulla Casilina, tra Roma e Napoli, nei pressi di Cassino. Oggi c’è qualche possibilità di evasione in più. In passato il cittadino era più presente sul posto. Socialità, famigliarità, partecipazione, ma è così un po’ ovunque».
Qual è stato il momento più difficile da sindaco?
«Il problema più difficile è stato quello del lavoro. Negli anni Settanta, c’era molta disoccupazione, in parte ereditata dal Dopoguerra. Molti emigrarono. Il paese da 2100 abitanti, passò a 1541. Andavano soprattutto in Francia. Fu un momento difficile. Bisognava trovare un po’ di lavoro per ridare sostegno a tante famiglie».
Lei cosa fece?
«Introdussi i cosiddetti cantieri di lavoro, iniziative a carattere locale. Poi, fortunatamente, qualche anno dopo si insediò la Fiat qui a Cassino. Quello fu un momento direi fortunato, di rilancio soprattutto del lavoro e dell’economia locale, perché poi questo stabilimento fu trainante anche per altre iniziative che si insediarono sul posto. Dopo, qui a Colfelice arrivò lo stabilimento della Sambuca Molinari, un altro nome di prestigio».
Non ha mai avuto il desiderio di uscire dall’ambito locale e passare a un livello superiore?
«Questo mi viene riconosciuto, non dico come un merito, ma come attestato di legame al paese natio. In effetti, per quanto invitato ad essere candidato alle provinciali e alle regionali, non ho mai accettato, perché ho sempre preferito rimanere legato a Colfelice».
C’è mai stato qualcuno che ha avuto l’ardire di sfidarla alle elezioni?
«Inizialmente sì, nei primi anni Settanta e Ottanta. Poi i cittadini vedevano la stabilità della mia amministrazione ed era praticamente impossibile avanzare una proposta alternativa, le candidature sono state minime. All’epoca c’erano 15 consiglieri, 12 di maggioranza e 3 di minoranza. L’opposizione si presentava con tre soli candidati, in modo da essere sicura che fossero tutti eletti. Mi dispiace quasi rilevarlo, ma ho avuto consensi bulgari. Il 95%».
Cosa pensa della discussione sul terzo mandato?
«Penso sia bene che la legge fissi un limite. Capisco che esistono condizioni in cui in tante piccole realtà, non ci sono candidati. Indubbiamente, questo può privare i piccoli centri di persone disposte ad assumere la responsabilità di governare. Però, sono dell’idea che valga la pena porre un limite, nonostante io sia l’esempio del contrario. Proprio perché è bene che ci sia una buona opposizione. Non vorrei sembrare eccessivamente democratico, ma è importante incentivare lo stimolo di un’opposizione collaborativa».
Il suo mandato è in scadenza, si ricandiderà?
«Assolutamente no. Ho la mia età, ho oltre ottant’anni, e rilevo che c’è bisogno effettivamente di un ricambio. Nel mio gruppo, ci sono persone più giovani capaci di continuare il lavoro. Già l’ultima volta, cinque anni fa, non mi volevo ricandidare, ma alla fine convinsero e mi costrinsero a restare in campo».