Franco Cardini: “La Voce del Padrone Occidentale ci dice che “siamo in pericolo” e che bisogna armarsi”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Franco Cardini
Fonte: Minima Cardiniana

Franco Cardini: “La Voce del Padrone Occidentale, da Washington e da Wall Street, ci dice che “siamo in pericolo” e che bisogna armarsi; e le Fabbriche del Padrone sfornano missili e droni per distribuirli a volenterosi suicidi agli ordini di un governo di golpisti fanatici pronti a combattere fra Ucraina e Russia una “guerra in conto terzi” pagata col sangue del loro popolo. E magari, tra poco, anche col nostro.”

“La palma è la sorella dell’alloro”, cantava nel 1911 il Divino Gabriele rifugiato in Francia per debiti ma ben foraggiato – soprattutto dal “Corriere della Sera” – per celebrare con i suoi alati versi le gloriose gesta dell’Italietta dalle prospettive coloniali corte come le gambette e la sciaboletta del suo re che, trentadue anni più tardi, se la sarebbe data a gambe dalla sua capitale abbandonando il suo popolo non prima di avergli ingiunto di eroicamente resistere a qualunque attacco di un nuovo nemico, alleato fino a pochi minuti prima della sua fuga.
Esercitiamo il dovere della memoria: onoriamo l’identità italiana. Che è fatta di tante cose: non perché – contrariamente a quel che fascisticamente afferma il dottor Cazzullo in un suo 
best seller dalla fascistissima copertina – un tempo eravamo “i padroni del mondo” [noi non lo siamo mai stati: e l’Italia, radici idiomatiche della sua lingua e posizione geografica a parte, con l’antica Roma ha in realtà ben poco a che fare: il resto è letteratura, retorica ed equivoca fuffa][1]: ma perché la “memoria di Roma” (e la “memoria dell’antico”) ha effettivamente giocato con i suoi numerosi revivals e con la sua presenza rinnovata e rivivificata dalla Chiesa cattolica un ruolo fondamentale della sua costruzione identitaria: basti pensare ai numerosi “Rinascimenti” della cultura romana antica, da quello carolingio dei secoli VIII-IX, a quello ottoniano del X-XI, a quello della Aetas Ovidiana del XII, a quello del periodo che siamo abituati a riconoscere come per eccellenza “rinascimentale”, fra XV e XVI secolo fino all’età neoclassica e – perché no?, con tutti i “distinguo” del caso? – all’“era fascista”, che esaltava l’impero “riapparso sui Colli Fatali di Roma” però frattanto scimmiottava piuttosto l’Inghilterra, con il suo “re d’Italia e imperatore d’Etiopia” fin troppo arieggiante il britannico Victoria, queen of United Kingdom and Empress of India.
Rivisitiamola sul serio, compatrioti italiani, la nostra identità: specie ora che tanti nostri politici e governanti ci esortano a ripensarla e a rivalutarla. E facciamolo pure con affetto e magari con un pizzico di retorica: che in giuste dosi non guastano mai. Ma facciamolo anche con leale e lucida coscienza critica, con quanto basta di weberiano disincanto. Certo che siamo davvero un popolo di Santi, di Eroi, di Poeti, di Navigatori, di Esploratori e di Trasvolatori, come diceva Lui: e aveva ragione, e fece benissimo a far incidere quel motto sul frontone del “Colosseo Quadrato” dell’EUR. La nostra Italia è davvero la Patria della Grande Bellezza: il nostro cielo, il nostro mare, le nostre città, le nostre chiese, i nostri musei, le nostre tradizioni sono là a testimoniarlo. Come diceva il grande Pasolini: noi siamo il nostro Passato, la Tradizione è la nostra forza.
Ma siamo anche il nostro Futuro. Guardiamoci dal ridurre il Bel Paese a un centro commerciale zeppo di 
Bed and Breakfast, di (Italian) Fast Food, di ragazzini smartphonesdipendenti che sognano solo di fare da grandi il Top Chef o il calciatore. Ricordiamoci che siamo stati – oltreché Santi, Eroi, Poeti e Navigatori – anche contadini, e mercanti, e usurai, e bottegai, e mercenari tagliagole delle “Compagnie di Ventura”, e rapinatori di terra e di mare. Ricordiamoci, ogni volta che un barcone di disgraziati attracca a Lampedusa, che siamo stati per lunghi decenni anche noi dei poveri migranti e degli stranieri disprezzati e sfruttati in terra altrui perché il Re d’Italia non voleva disturbare i latifondisti suoi sostenitori con tentativi di riforma agraria. E ricordiamoci che l’Italia, l’“umìle Italia” di Dante, è sempre stata terra policentrica: terra di mille città e di cento dialetti, alla faccia dei politici e degli intellettuali che la volevano “unitaria” perché ciò giovava agli interessi del Secondo Impero francese prima e di Sua Maestà Britannica poi. Ricordiamoci che il nostro imperialismo straccione – quello della sconfitta di Adua del 1896, delle forche di Graziani erette contro i patrioti libici, dei gas asfissianti durante l’aggressione all’Abissinia del 1935-36 – non era affatto migliore degli altri. Autentico patriottismo sarebbe oggi partire da qui, senza piagnistei e senza lacrime di coccodrillo: l’Italia unita ha fatto la sua parte nell’Europa contemporanea, una parte alquanto indecorosa per i seguenti almeno sei motivi: 1. Due guerre “in conto terzi” – le cosiddette “seconda e terza guerra d’Indipendenza”, quella al servizio del Secondo Impero bonapartista, quella al servizio del regno di Prussia e indirettamente di Sua Maestà Britannica; 2. La scelta antistorica e inopportuna del sistema accentrato e centralistico, ideologicamente giacobini, in un paese come l’Italia la storia del quale è assolutamente policentrica e i cui governi preunitari erano in generale seri ed equilibrati; 3. La ridicola infamia della “Breccia di Porta Pia”, eroica gesta che pose l’Italietta al livello morale della “Banda del Buco”; 4. Il tradimento indiretto alla Triplice Alleanza con la guerra italo-turca del 1911; 5. Il voltafaccia diretto del Patto Segreto di Londra del 1914 e dell’aggressione all’alleata Austria-Ungheria del “radioso” anno successivo; 6. L’accettazione supina degli infausti trattati di Parigi del primo dopoguerra, che hanno condotto alla stagione totalitaria, alla seconda guerra mondiale e a uno squilibrio ancora imperante in tutto il mondo. Del resto, il livello delle attuali alleanze internazionali è del tutto degno e coerente della breve ingloriosa Italietta e del suo re che nel 1943 si sarebbe finalmente qualificato per quel che era, fuggiasco e traditore.
Oggi – dopo la non felice Prima Repubblica, la “guerra fredda”, la conclusione del secondo dopoguerra e la fase della vigilia o dell’inizio della terza guerra – è arrivato il momento di rifondare sul serio la nostra identità italiana ed europea, lontano dall’“inganno occidentale” e dal vassallaggio nei confronti di USA e NATO
[2]E bisogna pregare per la pace, perché la guerra che ci stanno preparando è un’altra trappola dei pochi che opprimono i popoli ed affamano il mondo. Bisogna farlo in termini tanto più decisi nel momento in cui, dalle nostre TV e dai nostri giornali servili entrambi nei confronti del “Pensiero Unico” e del plesso USA-NATO che si crede ancora padrone del mondo, ci arriva forte e chiaro – e infame – il motto Si vis pacem, para bellum riciclato dall’antichità romana e dalla retorica otto-novecentesca in termini che un tempo erano esecrati come “fascisti” mentre oggi ci viene di nuovo scodellato dinanzi da parte di politicastri e di giornalisti prezzolati – anche “di sinistra”… – che fino a ieri avrebbero tacciato di fascismo chiunque avesse osato richiamarlo. Ma oggi la Voce del Padrone Occidentale, da Washington e da Wall Street come da Davos, ci dice che “siamo in pericolo” e che bisogna armarsi; e le Fabbriche del Padrone sfornano missili e droni per distribuirli a volenterosi suicidi agli ordini di un governo di golpisti fanatici pronti a combattere fra Ucraina e Russia una “guerra in conto terzi” pagata col sangue del loro popolo. E magari, tra poco, anche col nostro.
Gesù, Principe della Pace, aiutaci a restaurarla. 
FC.

[1] Chi non avesse ancora capito nulla o quasi a proposito dell’antica Roma, della fondazione dell’impero romano e del mondo di allora, legga con urgenza il bellissimo libro di Giusto TRAINA, La prima guerra mondiale della storia. Dall’assassinio di Cesare al suicidio di Antonio e Cleopatra (44-30 a.C.), Roma-Bari, Laterza, 2023. E la pianti di comprare quei pochi libri che compra dando ascolto ai media ignoranti, inquinati e servili che ci assediano obbedendo a “ordini superiori” provenienti da Washington, da Bruxelles-Strasburgo e da Davos.

[2] Base di partenza per una rilettura del momento attuale: Emmanuel TODD, La défaite de l’Occident, Paris, Gallimard 2024; utile altresì il competentissimo vademecum redatto da Massimo LIVI BACCI, La geodemografia. Il peso dei popoli e i rapporti tra stati, Bologna, Il Mulino, 2024. Per liberarsi finalmente dal “pregiudizio occidentalistico” e accedere a una più obiettiva visione della realtà mondiale, cfr. Claudia BERTON, Oriente versus Occidente. Confessioni di un’orientalista all’incontrario, Roma, GFE, 2023.

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