Giuseppe Conte: “L’Ucraina non può vincere. La linea del Pd è sbagliata, in Abruzzo aria di rimonta”

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Niccolò Carratelli
Fonte: La stampa

Giuseppe Conte: “L’Ucraina non può vincere. La linea del Pd è sbagliata, in Abruzzo aria di rimonta”

Giuseppe Conte è in macchina di ritorno da Pescara, al suo terzo giorno di campagna elettorale in Abruzzo. «Siamo partiti molto svantaggiati nei sondaggi, ma l’effetto remuntada sta emergendo fortissimo», assicura il presidente del Movimento 5 stelle. Poi risponde a Giorgia Meloni, che accusa la sinistra di non saper esprimere solidarietà alle forze dell’ordine: «Noi abbiamo solo chiesto che vengano accertate le responsabilità sulle manganellate di Pisa – spiega Conte – loro mirano a soffocare il dissenso». Quanto a Elly Schlein, celebrata tra i leader socialisti europei, «nessuna invidia – precisa Conte – anche noi avremo una collocazione in Europa, ma linea Ue che punta alla vittoria militare dell’Ucraina è insostenibile».

Però Schlein è stata abbracciata da Sanchez e Scholz, mentre lei e il Movimento siete ancora senza una famiglia politica a Bruxelles…

«Anche noi, tempo fa, avevamo avviato un dialogo con i socialisti europei, è stato Enrico Letta a non agevolare questa prospettiva, perché lui aveva in mente l’agenda Draghi. Ora, forti di sondaggi positivi in vista del voto di giugno, devo dire che ci cercano in tanti, ci sono varie interlocuzioni in corso e stiamo valutando quale sia la collocazione migliore per portare avanti i nostri obiettivi politici».

Le Europee saranno un test per misurare i rapporti di forza tra i partiti, anche nel campo progressista, o no?
«Certamente sono un test per tutte le forze politiche, ma non credo sia risolutivo per quanto riguarda i destini nel quadro politico italiano. Per noi è importante eleggere un buon numero di parlamentari per poter esprimere al meglio il nostro europeismo critico e innovativo».

L’unità vincente con il Pd in Sardegna si è infranta pochi giorni dopo a Strasburgo sul sostegno militare all’Ucraina. Si può costruire un’alleanza strutturale con differenze così nette in politica estera?
«Sarà uno dei temi di cui dovremo discutere, quando avvieremo i tavoli di confronto per definire in concreto una proposta alternativa alla destra. È chiaro che per noi dire che bisogna perseguire la vittoria militare dell’Ucraina, come c’è scritto nella risoluzione Ue, e pensare di destinare 5 miliardi all’anno in armamenti a Kiev è una linea insostenibile».

È quella su cui sono d’accordo anche Meloni e Biden: perché rimprovera un’accondiscendenza acritica nei confronti degli Stati Uniti?
«Mi pare sia andata alla Casa Bianca non a discutere, ma a prendere istruzioni. Essere alleati non significa seguire fedelmente le indicazioni altrui, ma essere leali e trovare convergenze. Tra l’altro, sono talmente allineati da rimanere spiazzati quando Washington cambia linea, come è successo su Gaza, con la condanna dell’assurda strategia militare di Netanyahu».

Quando andava lei da Donald Trump era diverso?
«Con Trump c’erano vari dossier su cui non eravamo d’accordo, come sull’accordo con la Cina o sulla Libia. Io ho sempre spiegato le nostre ragioni, quando si tratta di difendere l’interesse nazionale non guardo in faccia nessuno».

La premier dice che sui fatti di Pisa non voleva criticare il presidente Mattarella, ma ce l’aveva con voi, che non sapete esprimere solidarietà alle forze dell’ordine. Risposta?
«Il M5S non ha attaccato genericamente le forze di polizia, ha chiesto che vengano accertate le responsabilità individuali per i singoli episodi, in cui vi sono state reazioni eccessive contro studenti inermi a volto scoperto. Abbiamo espresso solidarietà anche per gli agenti aggrediti a Torino. Ma dov’era Giorgia Meloni quando avrebbe potuto censurare le frasi irriguardose contro le forze di polizia espresse dal viceministro Bignami, che pretendeva che intervenissero contro la civile protesta delle famiglie romagnole sui ritardi negli aiuti per le alluvioni? E perché Meloni ha solidarizzato con i no vax contro le forze di polizia quando sono intervenute, durante il governo Draghi, per sbloccare il porto di Trieste? La verità è che ora che sono al governo hanno la responsabilità di promuovere, anche attraverso riforme normative, un clima repressivo del libero pensiero, mirato a soffocare il dissenso».

Gli altri partiti di opposizione, dal Pd ad Azione, pensano di disertare la commissione Covid. Voi che farete?
«Siamo convinti che quella commissione possa rivelarsi un boomerang per la maggioranza, che vuole usarla come clava politica contro il governo Conte 2. Dopo aver girato la Sardegna e l’Abruzzo, capisco perché non hanno voluto che la commissione estendesse la sua indagine alla gestione della sanità regionale: le giunte di centrodestra lasciano una sanità pubblica al collasso, anche perché favoriscono sistematicamente quella privata».

In Abruzzo sente la stessa aria positiva che aveva registrato in Sardegna?
«Ho toccato con mano anche qui il malcontento per l’operato della giunta uscente, acuito dal fatto che Meloni ha trapiantato in Abruzzo un romano, a lei fedele, in base alla solita logica meritocratica dei Fratelli d’Italia. Il risultato è che la regione negli ultimi cinque anni è stata malgovernata, in smart working da Roma».

Il blitz sul rifinanziamento della Roma-Pescara tradisce una certa ansia sul voto?
«Il rischio di un nostro sorpasso li induce ad accumulare errori su errori. Sulla linea Roma-Pescara intervengono adesso, peraltro con finanziamenti modesti e sufficienti solo per due lotti dell’opera, dopo che Marsilio ha assistito in silenzio al taglio dei fondi. Ora al fatto che vogliano davvero ripristinarli non ci crede nessuno, offendono l’orgoglio e la dignità dei cittadini abruzzesi».

Lei e Calenda, invece, vi insultate a vicenda, eppure sostenete insieme la candidatura di Luciano d’Amico…
«Io non ho insultato Calenda, semmai è stato lui. Lo invito solo a essere più lineare e fermo nelle sue posizioni politiche».

Però considera questa alleanza un episodio isolato: Calenda e Renzi non fanno parte del suo “campo giusto”?
«Ci sono alcuni candidati di Azione, che sono stati giudicati affidabili dalla coalizione e portano avanti con noi un progetto chiaro sulla sanità, sulle infrastrutture, sul rilancio dell’agricoltura e la tutela delle risorse naturali. Tutto qui».

Lo farete anche in Basilicata? Può essere Angelo Chiorazzo il candidato unitario?
«Dobbiamo assolutamente trovare una sintesi unitaria per essere competitivi e individuare il giusto interprete, che garantisca a tutte le forze politiche di sentirsi rappresentate».

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