IL PASSATO E IL FUTURO ARTEFICI DELLA COSCIENZA
Dobbiamo partire ancora una volta dalle esperienze convogliate dai sensi. Immaginiamo i sensi come delle porte, come aperture sul mondo esterno. La vita dell’anima si scontra con quanto accade alle porte dei sensi. Le brame sembrano sorgere dal centro di essa. Ma invero le brame nascono in presenza del mondo esterno e quindi suscitano amore e odio quali espressioni. Quindi la marea delle brame va a infrangersi fino alle porte dei sensi. Cosa accade allora quando compare un suono all’organo dell’udito, o del colore all’organo della vista? Consideriamo l’istante in cui avviene la percezione sensoria, ovvero il reciproco scambio. Immaginiamo l’attimo in cui la nostra interiorità si incontra direttamente col mondo esterno, col suono o col colore. Poi voltiamo le spalle all’esperienza sensoria e pensiamo alla nostra interiorità che continua a vivere nel tempo, portando e conservando quanto ha conquistato.
Accade che l’onda dell’anima costituita dalle due attività entra in contatto col mondo esterno. La brama ne riceve l’equivalente dell’impronta di un sigillo. Un sigillo fisico trasmette sulla ceralacca il nome che vi è trascritto. Dunque in ciò che si oppone all’esperienza dei sensi ha preso forma una impronta la cui origine è all’esterno. Essa permane. Come sulla ceralacca non rimane il sigillo, così non ci restano il suono né il colore ma l’impronta sorta nell’anima. È la regione dove le cose cessano di operare dentro di noi: è la percezione.
La percezione è quel portare l’operatività delle cose dentro di noi al punto nullo, è il punto di scontro dove la brama si arresta. Quindi la percezione si può descrivere soltanto negativamente. La percezione è un istantaneo addormentarsi per l’essere umano in quanto essere giudicante. Mentre ero nella percezione della rosa cosa era avvenuto? Un addormentarmi nella rosa. A che scopo? Affinché ci si risvegli al processo pensante col concetto di rosa.
Ci si può chiedere nuovamente: è davvero possibile anche per le semplici esperienze di un suono o di un colore avvertire fenomeni di amore e odio? Bisogna dire che quando si hanno percezioni sensorie è l’attenzione che sospinge alle porte sensoriali il desiderio. Una esperienza che fissiamo a vuoto certamente produce un effetto fisico, ma l’impressione fissata a vuoto non permane nella vita dell’anima. Dobbiamo muovere incontro alle percezioni sensoriali con l’attenzione. Più grande è l’attenzione che l’anima rivolge più facilmente si impadronisce dell’esperienza nella memoria. L’anima quindi è collegata al mondo esterno per riversarvi la sua sostanza fino ai suoi propri confini.
L’altro elemento del giudicare viene escluso inizialmente, e prevale solo la brama, l’abbandonarsi ed esporsi. Nel caso che l’anima si esponga al rosso, in tale esperienza vive soltanto la brama, il giudicare viene sospeso. Rimaniamo fermi all’impressione data dal rosso: abbiamo uno scambio puro e semplice tra il mondo esterno e l’anima, un contraccolpo. Qui mi addormento, per risvegliarmi nell’attività del giudicare che mi dice: è rosso.
Ora possiamo intravedere l’origine del sentimento. Immaginiamo una brama che non riesce giungere fino ai confini della vita dell’anima e quindi rimanga all’interno senza un esaurirsi ai confini. Abbiamo la sensazione interiore quando la brama è risospinta in sé stessa, ributtata all’interno dall’anima stessa. I sentimenti appaiono come brame viventi nell’anima respinte in se stesse.
Caratterizziamo ulteriormente le due attività del giudicare e le esperienze di amore e odio che nascono dalle brame. L’attività del giudicare cessa col subentrare della risoluzione, quando abbiamo concluso il giudicare e prodotto una rappresentazione che portiamo in noi come vera. Invece troviamo nell’appagamento l’esaurirsi della brama. Così ogni giudicare tende alla risoluzione e ogni brama all’appagamento. I fatti più importanti della vita interiore sono le due tensioni dell’anima verso l’appagamento e verso la risoluzione.
Ora, la costante tendenza all’appagamento e alla risoluzione deve pur causare qualcosa, e lì intravediamo le sorgenti di una grande varietà di sentimenti. Tra la varietà di sentimenti immaginiamo per esempio l’impazienza, la speranza, l’anelito, il dubbio, la disperazione. Tutti essi sono modi diversi con cui si palesa la continua corrente verso la risoluzione e verso l’appagamento.
Ad esempio, vediamo di scorgere cosa c’è nel sentimento di impazienza. Certamente c’è una forte tensione verso l’appagamento, quella brama che arriva a compimento solo dopo essere arrivata al soddisfacimento. In questo caso le forze del giudizio non vengono chiamate in causa.
Prendiamo ora il sentimento della speranza. Anche qui c’è una evidente corrente che tende all’appagamento, ma essa si mischia col movimento del giudicare che tende alla risoluzione. Le due componenti sono entrambe presenti, si mantengono in equilibrio: nella speranza il desiderio di appagamento è intenso quanto il presagio di una risoluzione.
Nel dubbio le cose si complicano. In seguito a una brama che spinge si mischia una attività giudicante che ha poca forza per arrivare a una decisione. Il giudicare non ha forza per risolvere, è incapace.
In tanti altri sentimenti si possono dunque scorgere il confluire di attività giudicante e di brama.
Dobbiamo ancora dire che l’attività del giudicare si conclude con una rappresentazione, ed essa ha valore se è vera. La verità poggia su sé stessa e l’anima da solo non può decidere sulla verità. Con altre parole, possiamo dire che quello che chiamiamo giudizio possiamo anche chiamarlo riflessione. Ma la giustezza del giudizio, non dipenderà dal nostro riflettere ma da qualcosa di diverso, da motivi oggettivi svincolati dall’arbitrio dell’anima ed esterni.
Per quanto riguarda la verità che ha il proprio fondamento all’esterno, nella vita interiore abbiamo la lotta che sbocca nella risoluzione. È bene riconoscere che appartiene alla vita interiore soltanto il momento iniziale del giudicare; la risoluzione invece ci porta fuori. Per il bramare accade il contrario. L’appagamento finale cade nella vita dell’anima, ma l’inizio emerge da una sorgente esterna.
Quindi nella nostra vita dell’anima i fenomeni si manifestino da un lato come forza di giudizio, e tale forza è presente là dove si parla di facoltà raziocinante dell’anima, la facoltà atta a comprendere la verità nel mondo, e dall’altro lato come forza che desta nell’anima l’interesse per il mondo esterno. Un’anima ha interesse per il mondo esterno a seconda di come le esperienze di amore e odio agiscono in essa. Tali fenomeni non hanno nulla a che fare con l’attività pensante, con intelligenza. Ora ci accorgiamo di aver trascurato però la coscienza. Possiamo considerare le due attività precedenti se le uniamo con la parola coscienza. Che cosa è allora la coscienza? Vi sono come già detto cose che vivono nell’anima ma non ancora nella coscienza. Infatti abbiamo visto come le rappresentazioni accolte nel passato continuino a vivere in poi perchè ce ne possiamo ricordare, ma prima di ricordarle non le abbiamo in coscienza. Dunque la coscienza non coincide con la vita dell’anima. La corrente dell’anima ha il suo corso, mentre la coscienza è qualcosa di diverso. Le rappresentazioni di cui una volta o l’altra ci possiamo ricordare sono come una corrente che procede dal passato, che scorre dal passato al futuro. Con la coscienza dobbiamo sollevarle dalla loro condizione di invisibilità. La corrente della vita di rappresentazione continua sempre il suo corso e solo in dati momenti la coscienza illumina una certa parte della vita interiore. Ma come accade che possa venir gettata luce sul flusso continuo della rappresentazioni affinché parti possano essere ricordate? Se ci riferiamo agli esempi fatti di sentimenti, tali come l’impazienza, la speranza, il dubbio, il timore, tutti hanno in comune qualcosa di singolare. Essi si riferiscono al futuro, a qualcosa che può avvenire o che ci si auguri che avvenga.
Nell’ambito dei sentimenti non ci interessa solo il presente ma anche il futuro, e di forma viva e intensa. Se li confrontiamo ora con un ricordo del passato, come un dolore sofferto o una gioia provata, vediamo che si tratta di un ricordo pallido. Sentimenti provati nel passato e rievocati nel presente impallidiscono, e tanto più quanto ne siamo lontani.
Invece con le brame suddette le cose stanno diversamente. Sorge nell’anima un tumulto quando desideriamo qualcosa che il futuro ci deve procurare. Vi è quindi una grande differenza nei nostri interessi per cose del passato o se guardiamo al futuro. L’interpretazione è che quel che desideriamo non scorre nella medesima direzione in cui scorre la corrente delle rappresentazioni, ma va incontro ad essa. Le brame, i desideri, i fenomeni di amore e odio rappresentano nella vita interiore una corrente che non si muove affatto dal passato verso il futuro, ma che dal futuro ci viene incontro. La nostra vita interiore dunque partecipa di quanto emerge dal passato e di quanto dal futuro ci viene incontro. Due elementi differenti si interpenetrano e da tale sovrapporsi emerge la coscienza. La corrente che porta rappresentazioni nascoste ancora e che proviene dal passato prende il nome di corpo eterico. La corrente che dal futuro va nel passato e che si incontra con la prima si chiama corpo astrale.
AUTORE: FILOTEO NICOLINI
Studio basato sull’Antroposofia di Rudolf Steiner
Immagine: Ruggero Savinio, Brighton Beach, 2010