Irresistibile Calenda

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Matteo Orfini, Carlo Calenda, Daniela Preziosi,
Fonte: Il Manifesto,

di Matteo Orfini – 12 febbraio 2019

“Ho appena sottoscritto a nome del Partito Democratico, di intesa coi candidati Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti, il manifesto ‘Siamo europei’ promosso da Carlo Calenda. Iniziamo da qui per lanciare la sfida ai populisti”.

#SiamoEuropei
Matteo Orfini

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di Carlo Calenda – 12 febbraio

Sono felice che il Partito Democratico abbia aderito ufficialmente a Siamo Europei.

Adesso possiamo veramente dedicarci a correre in vista delle prossime elezioni europee, facendo crescere il numero degli iscritti al manifesto su www.siamoeuropei.it e costruendo una grande mobilitazione popolare. Uniti si vince.

Carlo Calenda: Alla manifestazione sindacale #FuturoalLavoro. Io arruolato da Fim Cisl nazionale (e dire che volevo arruolare io Marco Bentivogli).
Mio figlio invece… lasciamo perdere ma avrà tempo per cambiare idea.
Però bellissima. La forza dell’Italia che lavora e si batte.

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Per approfondire questa mattina su “Il Manifesto” e ieri Calenda sul Corriere

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Il Pd regge con gli alleati Ma i renziani: no Unione di Daniela Preziosi su “Il Manifesto”

#DemocrackPrimarie . Calenda: basta con l’Ulivo e i cespugli. Orfini: tutto il Pd firma il manifesto Siamo europei.

C’è modo e modo di perdere. E il centrosinistra abruzzese, ’modello Legnini’ – uomo stimato dentro e fuori dal Pd, per quattro anni vicepresidente del Csm quindi fuori dalle beghe di partito – ha perso bene. O per lo meno molto meglio dei pronostici. Il candidato, con le sue otto liste zeppe di amministratori, con la sua ala sinistra (Sinistra italiana e Mdp con il simbolo di Leu, che pure non hanno centrato il risultato), ma anche con qualche moderato ex di destra, ha messo insieme un 31,3 per cento insperato. Di buon mattino è Emanuele Fiano a fare i primi conti, ad Agorà (Raitre): «In voti assoluti, rispetto al 2018, in Abruzzo il centrodestra guadagna 20.780 voti, il centrosinistra ne guadagna 41.752, i 5S ne perdono 176.841 a fronte di una diminuzione di votanti di circa 143.000 unità». Votazioni diverse, certo, ma il dato è che l’irresistibile discesa del centro-sinistra si ferma nella diga d’Abruzzo.

A rallegrarsene di più è il candidato alle primarie Nicola Zingaretti, titolare di una proposta di alleanze larghe che inverta la rotta degli anni renziani. Sin dalle europee, in una lista aperta che ha lanciato domenica sul manifesto: e che potrebbe far recuperare qualche punto al Pd, che a livello nazionale resta inchiodato al 17 per cento. Quella di Legnini dunque «è la strada giusta», per Zingaretti, «Basta con l’isolamento, con l’atteggiamento borioso sulle alleanze». Per questo lancia un appello per la Basilicata, che andrà al voto il 24 marzo, con un centrosinistra in ordine sparso: «Fermatevi e riflettete. Andare con due, forse tre diversi candidati è un errore politico».

Sull’Abruzzo Maurizio Martina è dello stesso parere. Roberto Giachetti invece no. Ringrazia Legnini via twitter: «Hai fatto un lavoro importante e straordinario». Ma il renzianissmo Ivan Scalfarotto si smarca dall’elogio della ritrovata coalizione: «Penso il contrario di quanto dicono Martina e Zingaretti». Il risultato è incoraggiante grazie al candidato, ragiona, dopodiché la sconfitta dice «che il Pd non esce dalla sua crisi cercando alleanze con pezzi di ceto politico», la scommessa «è rafforzare la propria vocazione maggioritaria e non chiudersi in una ridotta identitaria aggregando poi gruppi e gruppuscoli soltanto in un’ottica di contrapposizione a qualcosa o a qualcuno. Ci abbiamo già provato in passato e, anche quando è andata bene come nel 2006, ci siamo dovuti arrendere al fatto che l’aritmetica può servire a vincere ma certamente non serve a governare».

Senza l’aritmetica però non si governa. E di aritmetica oggi ce ne vorrebbe tanta, anche più del 2016, quando c’era il Porcellum con un mega-premio di maggioranza.

È la stessa linea di Carlo Calenda, espressa con qualche ondivaghezza. A inizio di giornata l’ex ministro twitta a commento del voto abruzzese: «Troppi distinguo e perdite di tempo. Inizio a pensare che forse va davvero costruito qualcosa di nuovo lasciando il vecchio centro sinistra e cespugli vari al loro destino». Poi ci ripensa: «Legnini ha fatto un grande lavoro. E dimostra che ci vuole un fronte che vada oltre il Pd. Perché un risultato così alle europee cambierebbe radicalmente e positivamente lo scenario politico italiano».

L’equivoco del manifesto «Siamo europei» continua: l’ex ministro propone un Pd «aperto» ma chiuso a sinistra. Zingaretti risponde con garbo che i due progetti «sono complementari, non contrapposti». Ieri il suo vice Massimiliano Smeriglio ha aggiunto che «Calenda può essere uno dei protagonisti della ricostruzione. Ma qui nessuno ha il copyright della lista unitaria». Zingaretti poi ha precisato che Smeriglio parla «a titolo personale».
E in serata Matteo Orfini annuncia: «Domani (oggi, ndr) sottoscriverò a nome del Pd il manifesto ‘Siamo europei’». Una scelta condivisa con i tre candidati. Nei prossimi giorni un tavolo con i parlamentari europei e italiani cercherà una sintesi. Come se la natura della lista aperta – in soldoni: centro-sinistra e civismo o fronte repubblicano – debba sciogliersi prima dell’elezione del nuovo segretario.

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Calenda: «Partiti, basta tattiche. Se l’ostacolo sono io, cedo il passo a Gentiloni»

L’intervento dell’ex ministro: «Sul mio manifesto europeista milioni pronti a mobilitarsi»

Caro Direttore,
a tre settimane dal lancio del manifesto SiamoEuropei è doveroso fare un punto della situazione. L’obiettivo era offrire una base programmatica per la presentazione di una lista unica delle forze europeiste, politiche e civiche, alle prossime elezioni europee. Non un’alleanza contro, ma un fronte per un’Europa nuova più forte e coesa. Un’Europa che non è quella franco-tedesca di Aquisgrana o quella opportunista e illiberale dei governi di Visegrad. L’Europa che vogliamo è quella delle istituzioni e delle politiche comuni, ancora incompleta e per questo in profonda crisi. Suggerisco di andare a leggere le proposte del manifesto su SiamoEuropei.it. Vedrete che non c’è alcuna traccia di «conservazione» nel nostro approccio all’Europa.

Le reazioni sono state varie. I cittadini e gli amministratori locali hanno risposto con entusiasmo, mentre i partiti si sono mostrati piuttosto freddi. In particolare +Europa, Italia in Comune e una parte del Pd hanno approvato i contenuti del manifesto, ma non sembrano condividere l’orizzonte politico che prospetta. In gergo politico questo atteggiamento si traduce in un «apprezzamento del contributo che il manifesto offre».

Le obiezioni pubbliche riguardano il mantenimento dell’identità e il sistema elettorale proporzionale, quelle che emergono nelle conversazioni private hanno a anche a che fare con il rischio di «scalate ostili» al Pd. Parto dal sistema elettorale. È vero che in un sistema elettorale proporzionale è meglio andare al voto con più partiti piuttosto che con una lista unica; a patto però di superare la soglia di sbarramento del 4%. I sondaggi mostrano che esiste un rischio di non superare questa soglia per i partiti diversi dal Pd. La seconda argomentazione pubblica, quella dell’identità, è decisamente più insidiosa. Italia in Comune, +Europa e anche i giovani di Volt sostengono che il mantenimento della loro identità viene prima di ogni altra considerazione. Non si comprende tuttavia come possano condividere i contenuti del manifesto e considerare, allo stesso tempo, uno stravolgimento della propria identità la partecipazione a una lista comune che si fonda sul manifesto che condividono. Aggiungo che se le elezioni europee saranno cruciali per mantenere l’Italia in Europa e in Occidente, allora la missione dovrebbe necessariamente prevalere sulla difesa della propria ristretta identità. Si è innescato un meccanismo perverso: +Europa e Italia in Comune dicono «tanto il Pd non ci starà mai a fare una vera iniziativa comune»; e il Pd risponde «se non ci stanno gli altri partiti di che cosa parliamo». L’uovo e la gallina. In realtà una parte del Pd ritiene di riuscire comunque a prendere un voto più delle Politiche per scongiurare l’ennesima frattura interna, mentre +Europa pensa di riuscire ad approfittare della crisi del Pd per superare il 4%. Il rischio è che entrambi falliscano l’obiettivo, provocando un aumento dell’astensione e il conseguente dilagare dei partiti di governo. Aggiungo che secondo un sondaggio commissionato dallo stesso Pd, la quasi totalità degli elettori delle tre forze politiche in questione sostiene la costituzione della lista unica.

Infine una parte dell’apparato del Pd (molto più dei candidati alle primarie), pensa che la proposta di Siamo-Europei possa essere strumentale per una «scalata ostile» al partito. Voglio essere chiaro: è del tutto evidente che spetta a chi sarà eletto segretario decidere la linea del Partito democratico. Ma è doveroso chiarire, prima del 3 marzo, se questa linea coinciderà con quella indicata dal manifesto. Una risposta pubblica è dovuta alle migliaia di firmatari del manifesto, molti dei quali peraltro militanti e amministratori del Pd. E se l’ostacolo alla costruzione della lista unitaria è la mia presenza nelle liste come front runner e i connessi fantascientifici rischi di «scalata ostile» al partito, mi dichiaro da subito disponibile a cedere il passo a Paolo Gentiloni che, come ho spesso detto pubblicamente, ha più esperienza, seguito e popolarità di me. Non avrei alcun problema a fare da gregario a Paolo in una sfida comune ai sovranisti.

L’Italia è entrata in recessione. Gli investimenti sono fermi, la produzione industriale è crollata e la situazione finanziaria volge al peggio. Il governo Conte ci ha spinto ai margini dell’Europa. Non è più tempo di tatticismi politici e operazioni di testimonianza. Milioni di italiani sono pronti a mobilitarsi a favore di un’Europa nuova. Non lasciamoli soli.

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