Fonte: Il Fatto Quotidiano
La premier del popolo che si schiera con i padroni
Tutto il giuoco delle parti svoltosi attorno al referendum indetto dalla Cgil per abrogare parti del Jobs Act e concedere la cittadinanza breve agli immigrati è stato paradossale e farsesco. Meloni, che come promesso si è recata al seggio per far perdere tempo agli scrutatori non ritirando le schede, dice che alla luce dei risultati è chiaro che “non c’è alcuna alternativa a questo governo e a questa maggioranza”. Si votava per il governo? Ma niente affatto. Che strano caso: una legge immonda voluta da Renzi e votata dal Pd e che il governo ha l’occasione di emendare (magari stigmatizzando la paraculaggine della “sinistra delle Ztl” e dei “radical chic”) viene rinnegata dal Pd, su input dei sindacati, e difesa dal destrume di governo compresi gli ex operaisti leghisti, che esultano per il mancato quorum molto più di Renzi, di cui quella legge è emanazione diremmo morale e ontologica. (Abbiamo chiesto al gen. Vannacci se Renzi l’ha ringraziato per l’esorbitante campagna che il vicesegretario della Lega ha condotto a favore dell’astensione, manco il Jobs Act fosse una misura della X MAS: ci chiede di fare da tramite).
Naturalmente a Meloni, Salvini, La Russa etc. non importa niente dei lavoratori sfruttati, precari ed esposti alla morte sul luogo di lavoro; ciò che gli interessava era sabotare il quesito sulla cittadinanza agli immigrati. Meloni s’è intestata i pochi No e l’astensione come un referendum plebiscitario sulla sua politica d’immigrazione (consistente nel tradurre qualche povero cristo in Albania e riportarlo in Italia alla modica cifra di 600 e rotti milioni di euro, stando a quanto dice Piantedosi), che niente c’entra con la cittadinanza.
Ma allora, si dirà, Meloni avrebbe potuto invitare a votare 4 Sì e 1 No, non tanto per punire il suo (finto) neo-oppositore Renzi, che peraltro Meloni ha scelto di colpire di più e meglio nei suoi affetti più cari (i soldi che prende dagli Stati extra-Ue), quanto per ripristinare un minimo di dignità del lavoro a fronte degli abusi dei padroncini. In fondo era lei che nel 2015 disse che il Jobs Act era “carta per incartare le pizze” e che non crea posti di lavoro. E qui casca l’asino: Meloni, che ha preso i voti promettendo di restituire la parola al popolo defraudato dai governi tecnici e di colpire le élite parassite, ha invitato all’astensione senza consentire al popolo di esprimersi su una legge neoliberista e tutelando gli interessi dei padroni contro quelli dello stesso popolo che l’ha votata, il quale non è andato a votare perché non crede più nella democrazia e non perché lo ha chiesto la leader, che però è contenta. (In realtà sono tutti contenti: hanno perso i 5Stelle, no?).