L’ETERNITA’ COME CONTINUITA’ DELL’ESSERE
Hegel saggiamente osservava: se l’eternità appartiene per natura all’anima umana, non deve certamente rivelarsi solo dopo la morte, ma deve poter essere “sperimentata” durante la vita sulla Terra. Ovvero, l’eternità non può iniziare per l’anima solo con la morte, ma deve appartenerle già durante la vita terrena. Se la cerchiamo nell’anima dell’uomo, se cerchiamo di sapere come l’eternità vive in noi e come possiamo indagarla guardando nelle nostre profondità, perché non dovrebbe rivelarsi ad un esame da vicino? Quindi uno studio della vita presente dell’anima può portare a una prospettiva sul passato e anche sul futuro. Se non prendiamo l’eternità come un’idea astratta, ma consideriamo l’anima umana che percepisce in sé il proprio essere, allora giungiamo a una vera percezione della natura dell’eternità. Infatti, per fare un paragone, non è più probabile scoprire cos’è una catena esaminandola anello per anello piuttosto che in tutta la sua lunghezza? Quest’ultimo significherebbe affrontare direttamente lo studio dell’eternità in quanto tale, mentre con il primo metodo consideriamo la singola vita di un’anima umana come solo uno degli anelli di un’intera catena che rappresenta per noi l’essere umano durante tutta la sua esistenza.
È l’Io che tiene insieme, come in un punto centrale, tutto ciò che sperimentiamo nella nostra anima. Tutto ciò che sperimentiamo nel nostro cuore, nella nostra anima, nei nostri pensieri, sentimenti e impulsi di volontà, potrebbe semplicemente sorgere e poi scomparire come se nulla fosse stato? A quale destino appartengono tutti quei pensieri, sentimenti e impulsi di volontà? È questo Io che dimostra di essere il punto centrale duraturo. Siamo ben consapevoli che se le esperienze della nostra anima non sono collegate a questo punto duraturo, non possiamo più parlare di essere un’individualità.
Nell’idea dell’Io non c’è realtà, ma l’idea ci consente almeno di assumere la realtà del nostro Io. Ma come otteniamo una certa conoscenza dell’Io nella vita ordinaria? Possiamo acquisire questa conoscenza vivendo non solo nel presente ma anche, attraverso la memoria, nel passato. Se, guardando indietro ai giorni, alle settimane, agli anni, persino ai decenni precedenti, fino al punto di tempo della nostra infanzia in cui la memoria può portarci, non potessimo mai collegare in una catena, per così dire, tutte le esperienze della nostra vita interiore; sarebbe davvero impossibile parlare dell’Io. Perdiamo il nostro Io, o almeno la coscienza di esso, nella misura in cui il ricordo delle esperienze fino al momento in questione viene cancellato. Nella misura in cui la nostra memoria fallisce, il nostro Io si disgrega. Nemmeno nella memoria scopriremmo il vero aspetto dell’Io, ma ci arriviamo solo imparando a conoscerlo nella sua attività, nel suo impulso creativo; e questa esperienza ci dimostra che questo elemento creativo, non influenzato dal mondo esterno, mantiene la sua attività anche durante il sonno. Cos’è allora che continua a vivere e a intrecciarsi dentro di noi mentre dormiamo? Questo guardare indietro nella memoria è comunque utile, perché ci fa riconoscere che nella vita abbiamo acquisito conoscenza dalle nostre esperienze in un modo da metterle in relazione con l’Io, perché è innegabile che abbiamo lavorato interiormente sulle nostre esperienze, del tutto indipendentemente da qualsiasi cosa esterna, e così facendo le abbiamo arricchite. Chiunque sia consapevole della maturazione e del miglioramento della vita che avviene nelle sue profondità sa che questo non può essere dovuto a nessuna realtà esterna, ma a qualcosa che opera dentro di lui. La realtà esterna può avere al massimo offerto spunti ed occasioni, comportandosi come il palco della nostra crescita.
E se vogliamo avere successo in questo miglioramento della vita, in questa evoluzione interiore, è necessario il sonno. Sappiamo molto bene come la mancanza di sonno crei scompiglio nelle nostre idee e, in una certa misura, devasti i nostri stati d’animo. Ci rendiamo conto del nostro bisogno di sonno come elemento creativo, se ciò che sperimentiamo e percepiamo nel mondo esterno deve davvero contribuire alla maturazione della nostra vita interiore. In questo modo diventiamo certi che l’Io che osserviamo durante il giorno lavora su di noi, ma che dietro questa immagine sta la sua realtà, sempre al lavoro in noi, anche quando dormiamo, perché la mancanza di sonno dimostra davvero di avere un effetto disturbante sul progresso dell’anima. Così, nel miglioramento, nella maturazione, della vita dell’anima, riconosciamo il lavoro dell’Io. Riconoscendo quanto diventiamo disorganizzati se non dormiamo al momento stabilito, quando l’Io dovrebbe essere liberato dalla sua connessione con la natura corporea e reso capace di lavorare in libertà, sapendo che la mancanza di sonno è un ostacolo alla maturazione della vita, giungiamo a essere consapevoli del vero Io che lavora dentro di noi. Non lo percepiamo quindi come un’immagine, ma come una forza interiore, incessantemente al lavoro nella nostra vita, sia che siamo svegli o addormentati.
Lì abbiamo la prima indicazione, che penetra direttamente nella realtà, della forza che vive e si intreccia dentro di noi, in modo del tutto indipendente dal mondo esterno. Perché è un fatto che facciamo un certo progresso nella vita, che diventiamo sempre più maturi. Ma una cosa notevole viene alla luce: che tutto ciò che è meglio in questa maturità, tutto ciò che ci consente di fare il massimo progresso nella vita e per mezzo del quale possiamo osservare al meglio la natura dell’Io, è che possiamo imparare dai nostri difetti e dalle nostre mancanze. Quando abbiamo fallito miseramente in qualche questione, o abbiamo fatto qualcosa che ci mostra quanto siamo imperfetti, quanto siamo incapaci, il nostro stesso fallimento ci insegna cosa avremmo dovuto fare. Siamo diventati più maturi. Per mezzo di tali opportunità nella vita, che si tratti del nostro pensiero, sentimento, volontà o azione, sviluppiamo la nostra saggezza, la nostra maturità. Ma dovremmo continuare dicendo: attraverso la saggezza e la maturità acquisite nella vita, che diventano una forza interiore sempre più forte, impariamo come accumulare questa forza importantissima.
Vediamo quindi che durante la nostra esistenza terrena stiamo continuamente accumulando forze che trovano espressione nella nostra maturità. Se una vita è stata ben spesa, queste forze avranno raccolto la loro massima forza quando si raggiunge la porta della morte. Vediamo che abbiamo qualcosa che vive in noi e che non può trovare uno sbocco nel mondo esterno. Viviamo nelle nostre anime essendo in grado di guardare indietro al passato: è la memoria che tiene insieme i fili dell’anima. Ma da questa memoria esce qualcosa che vive e si intreccia in noi come maturazione interiore della vita; qualcosa che appare nell’esistenza terrena come una forza in più. Non può mai svanire. Una volta che abbiamo sperimentato consapevolmente che nel contenuto maturo della nostra vita abbiamo accumulato forze che vengono messe alla prova al massimo quando attraversiamo la porta della morte, allora non dovrebbe essere difficile capire che queste forze, prodotte dall’attività dell’Io indipendentemente dal corpo, non possono mai essere annientate. Quindi il corpo, che non contribuisce in alcun modo alla nostra maturità nella vita, può essere gettato via e tornare ai suoi elementi, ma queste forze rimangono intatte. Poiché in esse abbiamo l’Io attivo come centro potente, l’Io è presente anche nelle forze mature della vita quando l’essere umano attraversa la porta della morte. Abbiamo bisogno solo del buon senso per seguire ciò che la Scienza dello Spirito ci dice, che quando attraversiamo la porta della morte giacciono, nel profondo di noi, forze accumulate acquisite nella vita, forze che, esercitate al massimo, in un mondo diverso da quello del corpo fisico, devono quindi lavorare con la massima intensità. Dopo la morte queste forze devono continuare a lavorare in un mondo tutto spirituale, e lì queste forze, cioè la nostra natura interiore permeata e rafforzata dall’Io, continuano a vivere quando si è liberi dal corpo. Così la nostra intelligenza ordinaria ci dà un’idea della vita dopo la morte, non solo mostrando in termini generali che esiste una tale vita, ma descrivendo anche le forze che vi giocano.
FILOTEO NICOLINI