di Alfredo Morganti – 3 dicembre 2017
Oggi all’Atlantico, durante l’assemblea della nuova lista unitaria di sinistra, mi è apparsa lampante una specie di nemesi storico-elettorale Sono anni che il messaggio che s’alza è quello del ‘nuovo’ che avanza, anzi che si impone contro i partiti, contro le istituzioni, con annessa campagna di rottamazione del presunto ‘vecchio’. Un ‘nuovismo’ meramente formale, senza contenuti, se non la solita idea di conservare gli attuali assetti sociali sotto la patina della ‘novità’. Un gattopardo 2.0, insomma.
Ascoltando gli interventi dal palco, invece, percependo l’atmosfera, guardando i volti dei compagni attorno, mi è parso che la novità fosse proprio la lista unitaria: una proposta netta, limpida, appassionata, attesa, in un teatrino di vecchie cose e vecchie barbe. Il solito Berlusconi, il solito Grillo, il solito Salvini, le solite chiacchiere, la stessa arroganza di sempre. E invece, dall’altra, lo sforzo unitario dei cosiddetti ‘gufi’, dei ‘rottamati’, degli ‘irrilevanti’, impegnati oggi nella nascita di un soggetto che rappresenta davvero un’inversione di tendenza, e che tenta la sintesi di storico e di emergente, forze vecchie e forze giovani, antiche e nuove risorse. I renzo-berlusconiani hanno alzato più e più volte, come una coazione a ripetere, il vessillo della novità, si sono presentatati come ‘uomini nuovi’, come unti del Signore, come quelli che non avevano a che fare con la politica, i parlamenti, le istituzioni e il vecchio teatrino, ma oggi sono teatrino essi stessi e per primi, maschere che non si smentiscono, volti che non dicono ed esprimono più nulla. Si badi, non amo il ‘nuovismo’, faccio solo notare che molti attori della politica oggi sono smentiti e contraddetti dalle loro stesse parole d’ordine. Ecco la nemesi, appunto.
Seconda cosa. È litania diffusa che la sinistra si divida e non sappia fare altro che dividersi. Al tempo: le cose non stanno così, smettetela con la retorica e i luoghi comuni. La nuova lista, ‘Liberi e uguali’, esprime la tendenza contraria, unisce invece di dividere, ricompone frammenti dispersi, fa da magnete, non si limita alla sommatoria e indica anzi una prospettiva, quella del partito nuovo. E poi include invece di discriminare, o peggio di ammucchiare ceto politico e liste civetta attorno a un partito personale con il fiatone. Se di qua ci sono i gufi, di là vedo solo civette, quelle che fanno accordi elettorali di comodo con la scusa di battere la destra e i populisti. Non sapendo o facendo finta di non sapere che proprio le ammucchiate respingono gli elettori verso il non voto, proprio gli accordicchi elettorali, e le pastette attuali con la destra (accordo con Alfano) nonché quelle future (accordo con Berlusconi per il governo) creano astensione e sfiducia.
Un ultimo pensiero. Ogni buona narrazione fa leva sul meccanismo del ‘ribaltamento’. A un certo punto della trama è come se i meccanismi narrativi rovesciassero il plot, capovolgessero le aspettative. Con l’effetto di sorprenderci e appassionarci. In linea con questo meccanismo, la vecchia narrazione ‘nuovista’ oggi mostra come i ‘vecchi’ siano in realtà i ‘nuovi’, e viceversa. Non solo. La sinistra che si divide, ritrova una spinta unitaria alla ricomposizione. Anche qui la narrazione che racconta le eterne divisioni, si ribalta mostrando il tentativo unitario. Pensate che sfiga per le civette che hanno ridotto la politica a ‘narrazione’. Oggi tutto il marchingegno si rovescia loro indosso. I nuovi diventano vecchi, vecchissimi. Le civette stesse dei gufi. Ancora una nemesi, ma di tipo narrativo, E la cosa, oltre che strappare il velo delle bugie, fa anche sorridere.