Lo stile sabaudo per saccheggiare Torino

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Mauro Ravarino
Fonte: Il Manifesto
Url fonte: http://ilmanifesto.info/lo-stile-sabaudo-per-saccheggiare-torino/

da Il Manifesto  27 luglio 2014

«Sistema Torino – Sistema Italia» di Maurizio Pagliassotti per Castelvecchi Rx. Lo splendore del centro e la rabbia della periferia. Un romanzo-inchiesta dedicato a Torino

Pie­tro Zanna, tori­nese, 36 anni, gior­na­li­sta pre­ca­rio, un po’ di pan­cia e pochi capelli, una Lan­cia Ful­via rossa par­cheg­giata sot­to­terra e un padre ex buro­crate di par­tito. È lui il pro­ta­go­ni­sta del romanzo-inchiesta Sistema Torino – Sistema Ita­lia di Mau­ri­zio Paglias­sotti, appena uscito per Castel­vec­chi Rx (euro 16,50). Zanna, che nel suo cini­smo obli­quo non porta le stig­mate dell’eroe, è l’espediente nar­ra­tivo per rac­con­tare vizi e debo­lezze del mondo dei media e così, pian piano, del potere eco­no­mico e poli­tico di Torino, o meglio del sistema, che nella città della Fiat, fil­trato dal gala­teo sabaudo, diventa spec­chio delle stor­ture dell’Italia con­tem­po­ra­nea.
Paglias­sotti è gior­na­li­sta, ha lavo­rato per «Libe­ra­zione» e «Dia­rio», con que­sto libro torna al tema del potere, dopo l’esordio Chi comanda Torino (2012), sag­gio sulla città più inde­bi­tata d’Italia e più impo­ve­rita del Nord. Ora cam­bia regi­stro, abban­dona l’inchiesta gior­na­li­stica e sce­glie una chiave nar­ra­tiva per rac­con­tare i sen­ti­menti e le mise­rie di quelli che la città la pla­smano o di quelli che si accon­ten­tano anche di un minu­scolo rico­no­sci­mento dei «prin­cipi». Per­ché un romanzo? Per­ché, tal­volta, «la fic­tion migliore è di gran lunga più veri­tiera di qual­siasi tipo di gior­na­li­smo», come diceva Hun­ter Stock­ton Thomp­son, inven­tore del gonzo jour­na­lism, che mesco­lava fic­tion e realtà. In que­sto caso, l’invenzione let­te­ra­ria rap­pre­senta una fra­zione resi­duale. Ma il pre­gio del secondo lavoro di Paglias­sotti è di for­nire una terza dimen­sione, quella emo­tiva, alla «mar­mel­lata» di potere – come la bat­tezzò pro­fe­ti­ca­mente nel 1993 l’ex sin­daco comu­ni­sta Diego Novelli – che da 20 anni governa Torino. Da sini­stra a destra: l’ex cor­rente miglio­ri­sta del Pci (l’ascesa di Chiam­pa­rino), le coo­pe­ra­tive di costrut­tori edili, le fon­da­zioni ban­ca­rie (Com­pa­gnia San Paolo in testa, primo azio­ni­sta di Intesa San­paolo) che hanno in mano la cul­tura, e gli ex mana­ger Fiat spar­pa­gliati in alcune aziende mul­ti­ser­vizi. Nel pro­logo, uno dei pro­ta­go­ni­sti del sistema ammette ano­ni­ma­mente: «Il potere si genera dove risie­dono le strut­ture, non per aria». Quindi, biso­gna entrarci. E starci.
Accanto a donne, uomini e luo­ghi reali ne com­pa­iono altri di fan­ta­sia. Accanto ai potenti, agli Agnelli ed Elkann, a Oscar Fari­netti, a Vito Gam­be­rale e a Gio­vanni Bazoli, a Fas­sino, Chiam­pa­rino e Cota, si muove la figura di Pie­tro Zanna e tutto quel sot­to­bo­sco «locale e patrio, sfrut­tato dal potere per­ché desi­de­roso di esserlo». Dal diret­tore Cadre­gon, che licen­zia Pie­tro, pro­po­nen­do­gli di ritor­nare in campo ma con uno «spon­sor» (l’importante è che l’editore non ci metta i soldi, va bene anche un cro­w­d­fun­ding che fa di «sini­stra»), alla col­lega Giu­lia, can­trice senza stile dei fasti locali, siano le Olim­piadi o i nuovi vil­laggi resi­den­ziali, che si rive­lano spe­cu­la­zioni edi­li­zie gene­ra­trici di nuove sac­che di degrado. Men­tre il cen­tro risplende e la Fiat a Mira­fiori pre­fe­ri­sce le ope­ra­zioni finan­zia­rie inter­na­zio­nali, le peri­fe­rie si gon­fiano di ras­se­gna­zione o di rab­bia. Spun­tano in piazza Castello in una mat­tina di dicem­bre, che farà di Torino la momen­ta­nea capi­tale dei for­coni. Calato il sipa­rio sulla rivolta, rimane il Night Buster, messo a dispo­si­zione dalla Gtt (Gruppo tori­nese tra­sporti) per i gio­vani che vogliono andare in cen­tro a diver­tirsi, dimen­ti­cando la crisi.
Zanna, sca­ri­cato dal pre­ce­dente gior­nale e imbar­cato in una nuova quanto impro­ba­bile avven­tura mul­ti­me­diale, vaga per la città. Vil­lag­gio Olim­pico, sta­dio Fila­del­fia, Eataly, via Po, Murazzi, piazza Vit­to­rio sono i punti car­di­nali del suo viag­gio. Si dirige in piazza Car­lina. Qui, la Cina è dav­vero vicina: «Capi­ta­liz­zare sim­boli del pas­sato glo­rioso e bri­glia sciolta al capi­tale». Ecco la sto­ria di casa Gram­sci. Sull’angolo sini­stro della piazza, in un allog­gio di un palazzo otto­cen­te­sco visse, tra il 1914 e il 1922, il fon­da­tore del Par­tito comu­ni­sta e di Ordine Nuovo. Oggi, sta per diven­tare un hotel di lusso con piscina pano­ra­mica sul tetto e si chia­merà Hotel Gram­sci. Gli inqui­lini delle case popo­lari sono stati slog­giati. «Pezzi di città lasciati crol­lare, siano essi luo­ghi fisici o società di ser­vizi, ven­gono poi ven­duti a buon prezzo a sog­getti pri­vati che li ren­dono profittevoli».

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